Ermete TESSORE SDB "CAMMINARE VERSO L'EUCARESTIA...."

7 giugno2015 | 10a Domenica: Corpus Domini- T. Ordinario B | Omelia
La solennità del Corpus Domini è un invito per ognuno di noi a riflettere sul significato e sul ruolo che l'Eucarestia concretamente gioca nella nostra quotidianità. Soprattutto dobbiamo chiederci se ci limitiamo a blindare il Corpo ed il Sangue di Cristo in un etereo mondo,
completamente avulso dalla nostra vita, fatto di genuflessioni, aurei tabernacoli, volute di incenso, piviali tempestati di perle vere o fasulle, oppure se liberamente viviamo questo sacramento come fulcro del nostro credere e come benzina che alimenta il motore del nostro agire nel mondo.

Il memoriale dell'Ultima Cena non è una favoletta finalizzata a vellicare il nostro buonismo edulcorato, ma è il conferimento di una ben precisa missione affidataci da Gesù cementata da imperativi ben precisi: prendete…mangiate e bevete… fate questo in mia memoria. La drammaticità del contesto in cui questi pressanti inviti vengono fatti sottolineano maggiormente l'irrinunciabile necessità di farli propri se si vuole vivere da cristiani. Il Cristo che celebra la cena d'addio non è alla ricerca di una allegra scampagnata. E' perfettamente conscio di quanto lo aspetta.

L'Alleanza veterotestamentaria, fatta, come ci ricorda la prima lettura tratta dal libro dell'Esodo, di puntuale esecuzione di quanto i Comandamenti prescrivono, viene trasformata in fedeltà a quanto il Figlio di Dio ha insegnato e testimoniato fino alla effusione del sangue. Se la prima Alleanza viene suggellata mediante l'immolazione cruenta di animali, la nuova ha come vittima sacrificale una Persona che richiede, a quanti dicono di essere suoi discepoli, la totale disponibilità non semplicemente ad imitarlo, ma ad immedesimarsi in Lui per essere nella storia sua memoria.

Nella mentalità semita il termine "corpo" sta soprattutto ad indicare la capacità a svolgere un lavoro fisico (gli schiavi sono semplicemente dei corpi da sfruttare). Il sangue è la sede della vita. Per questo il suo consumo alimentare era, ed è ancora oggi, severamente vietato dal popolo ebreo. Invitare a bere del proprio sangue suona inconcepibile e sacrilego ai timpani dei discepoli.

Eppure Gesù è chiaro e categorico. Non lascia possibilità di equivoci. Per entrare nella giusta ottica della nuova Alleanza, gli apostoli devono rivoluzionare il loro modo di credere e di vivere. Devono intraprendere un lungo cammino di liberazione mentale ed esistenziale che sembra essere superiore alle loro capacità umane. Solo la luce della Risurrezione e la forza dello Spirito Santo lo renderanno possibile.

Per noi, a livello mentale, l'invito di Gesù a mangiare e bere è più accettabile, liberi come siamo da tutti i limiti del mangiare kosher. Mangiare il Corpo significa impegnarsi, bere il Sangue determina l'immedesimarsi nel Signore. A livello di condotta, gli ostacoli che dobbiamo scavalcare sono decisamente più impegnativi di quelli dei primi cristiani a motivo dei molti condizionamenti che la moderna società e la dilagante alienazione esistenziale e religiosa pongono tra noi e l' accettazione dell'invito del Signore.

Eucaristia vuol dire rendere grazie per il grande modello di liberazione (= Regno di Dio) che è stato predicato e vissuto da Cristo e che viene proposto alla nostra intelligenza e libertà. Comunicare al Corpo ed al Sangue implica la pubblica assunzione di responsabilità a fare attivamente parte ed a condividere tale modo di vivere. Per esserne all'altezza dobbiamo riconoscere i nostri limiti mediante il sacramento della Riconciliazione, pregare Dio che non ci lasci soli, attivare tutte le nostre capacità di amare liberandoci dall'onnipresente egoismo che tende a soffocarci nel ristretto orizzonte del contingente e nella fredda logica della dissennata ed insaziabile voglia dell'accumulo.

Camminare verso l'Eucarestia significa realizzare nuovi modi di esistenza; comporta il personale incontro con Dio radice e fonte di ogni bene; esige la purificazione da ogni avvenimento semplicemente intimistico inutile addobbo di belle, ma sterili, coscienze; implica rivivere nella nostra persona quanto di giusto e di bello è stato vissuto da Cristo; obbliga a prendere coscienza che subire passivamente non è un atteggiamento cristiano, ma solo l'essere protagonisti della storia, il dire sempre il vero, il perdonare senza il dimenticare, il non portare il cervello all'ammasso, l'evitare bigottismi e vuoti devozionalismi, il servire Dio solo, la capacità di relazionarsi in modo fraterno e retto, il mantenere gli impegni presi e la parola data sono l'indispensabile controprova che le nostre comunioni sono potenti mezzi di santità e non semplici avvenimenti intimistici, vuoti ed insignificanti.

Oggi ci sono ancora troppi consumatori di comunioni, e troppo pochi testimoni di comunione a cominciare da coloro che dovrebbero essere guide e pastori

Ermete TESSORE

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