GIOVANNINI Attilio sdb"Io sono la risurrezione."

28 giugno 2015 | 13a Domenica - T. Ordinario B | Appunti per la Lectio 
Gesù di Nazareth, con la sua vita straordinaria, con la sua morte di giusto perseguitato, con la sua illimitata fiducia e abbandono nelle mani del Padre, ha costretto a concludere che non poteva essere morto e basta. Era troppo assurdo, troppo
senza senso che fosse finito così. Dunque, il Dio che aveva parlato per mezzo di lui, il Dio che aveva operato segni prodigi e miracoli attraverso di lui, non si era allontanato da lui, non gli aveva voltato le spalle. Anzi, gli aveva confermato il suo amore elevandolo fino a sé.
Di più: non lo aveva lasciato neanche quando moriva abbandonato da tutti sulla croce. Il Padre moriva con lui, con lui entrava nell'abbandono umano, per testimoniare la sua vicinanza assoluta a tutti gli abbandonati disperati senza Dio.
Da questo abisso di abbandono il Figlio è fatto risalire alla destra del Padre con la sua umanità, quindi con tutta l'umanità. Risorgendo, il Figlio ha inaugurato la trasfigurazione dell'umanità, l'ha fatta uscire dall'odio, dalla paura, dall'avarizia; l'ha riportata al rapporto vivo con il Padre, che è la sorgente della vita.
Dio ha fatto potentemente fluire nell'umanità il suo Spirito, e l'umanità vive ormai all'altezza di Dio: ama come Dio, colora il mondo nella libertà come Dio.
Gesù sulla croce ha pregato per il perdono dei suoi nemici, e il Padre accordandolo ha realizzato la sua giustizia: il male è stato vinto; non c'è più peccato, non c'è più paura della morte. C'è un mondo nuovo. La creazione è compiuta.
Ecco, la vita nuova è cominciata. Lo dice il Vangelo:

Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna, non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita! (Gv 5, 24).
Lo dice la lettera ai Colossesi:
Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe. (Col 2,12).
Dunque la risurrezione è parola vera e attuale anche per noi. Non è un futuro lontano e imprecisato, ma è già in cammino, per opera dello Spirito che ci rigenera, che trasforma tutto ciò che in noi è vita in amore, e tutto ciò che è amore umano in amore divino. Ci fa diventare come Gesù, capaci di stare con i perseguitati, i condannati, i sacrificati, gli irredenti, gli scartati... e fronteggiare con essi l'assedio della morte. La crocifissione di Gesù dice come il male può mandare a morte la vita e lo stesso Figlio di Dio, ma non può distruggere né l'una né l'altro. Abbiamo la vittoria.
L'amore infatti vince la morte. L'amore profondo, lo sappiamo, non accetta di finire con la fine dell'amato, non accetta di essere inutile, senza futuro. Il dono del nostro amore è proteso al "per sempre". D'altra parte l'amato, anche quando muore, continua a vivere in me; non solo, ma il suo amore continua a portare frutto, si espande in me trasfigurando la vita di altri attorno.
Ora, se l'amore, massime quello divino, vince la morte, allora non ha più senso cercare di liberarci della morte quanto meno spostandola sugli altri; non ha più senso usarla come strumento per auto-conservarci. Violenza, ingiustizia, guerra non sono più inevitabili, mali necessari... L'amore appassionato e pazzo di Dio ha fondato la giustizia assoluta, che è solo quella della misericordia, della compassione, della condivisione.
La risurrezione ci fa responsabili. Ora possiamo operare creativamente, per sconfiggere le logiche e le pratiche distruttive, a favore di modalità dialogiche, comunionali, rigenerative; possiamo abbattere barriere e discriminazioni a favore della comune appartenenza alla famiglia di Dio e nel comune orizzonte della vita senza fine.
GIOVANNINI Attilio sdb

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