Luca Desserafino sdb "Talità kum. Alzati."

28 giugno 2015 | 13a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
La lunga lettura evangelica racconta due miracoli, l'uno dentro l'altro. Due racconti di miracoli, che però non attirano l'attenzione sul miracolo stesso, ma sulla fede di chi lo domanda. La fede è indispensabile al miracolo. Gesù non compie miracoli per forzare, ad ogni costo, il cuore dell'uomo. I miracoli sono segni a favore della fede, ma non sminuiscono il coraggio di credere.



I miracoli sono un dono, una risposta alla sincerità dell'uomo che cerca il Signore: non servono là dove c'è chiusura e ostinazione. Gesù non compie miracoli dove gli uomini hanno già deciso e pretendono di essere loro a stabilire le modalità dell'agire di Dio. Il miracolo è dono della libera iniziativa di Dio.

Non è raro, invece, che l'uomo sia cieco di fronte ai molti segni che Dio compie, non ha il cuore aperto per decifrarli e il coraggio per decidersi, e allora se ne scusa pretendendone altri.

Chiediamo nuovi segni, sempre nuovi segni, e intanto non ci accorgiamo dei molti segni che Dio ha già, di sua iniziativa, seminato lungo la strada della storia e della nostra vita.

Gesù si rivela come Colui che salva e dona la vita. Nessuna forza del male, nessuna malattia, neppure la morte può resistere alla potenza vittoriosa del Signore! Un intervento, però, che Gesù compie in favore di quanti credono nella possibilità del suo agire. Entrambi i miracoli evidenziano la potenza di Gesù e la potenza della fede.

La donna che soffre di emorragia, secondo la legge mosaica, è impura e rende impuri gli altri col suo contatto, con la sua sola vicinanza. Sa che non può addentrarsi nella folla, né tanto meno toccare Gesù, perché sarebbe per loro fonte di contaminazione. L'evangelista è attento a sottolinearci che la sua condizione è grave, è umanamente disperata.

Essa, però, ha capito che solo Gesù può risolvere il suo problema, può risanare la sua malattia inguaribile. Perciò è determinata a incontrarlo.

A guardare bene, però, il movente profondo della sua ricerca di Gesù e del suo gesto era la fede, cioè la fiducia incrollabile che essa riponeva in Lui, nella sua potenza, bontà salvatrice. Questa fede aveva reso possibile il miracolo, non il semplice gesto di toccare Gesù, che sarebbe stata un'operazione magica, non c'è nulla di magico in questo avvenimento.

Gesù è interessato esclusivamente alla fede e non si preoccupa del fatto che lei possa averlo contaminato secondo la legge. Il contatto vero con Gesù, da cui deriva la guarigione, si compie attraverso la fede.

La fede, che è fiducia sconfinata nella potenza e nell'amore di Dio operanti in Gesù, ci dà la certezza che Dio può agire, anzi agirà anche contro tutte le apparenze contrarie, anche di fronte alla realtà della morte.

Il papà che, col cuore stretto dall'angoscia, aveva pregato Gesù di visitare la figlioletta morente, aveva manifestato una fede viva in Lui. Ma ora che è sopraggiunta la morte, è troppo tardi? Il potere di Gesù sulla malattia si arresta davanti alla morte? Gesù vede la realtà della morte con gli occhi di Dio. Non teme la derisione di chi è inchiodato davanti all'evidenza naturale e può soltanto limitarsi al pianto quale segno di impotenza e resa di fronte allo strapotere della morte.

Chi è Gesù?
Egli è Colui che libera l'uomo non in parte, settorialmente, ma interamente e integralmente. Non guarisce soltanto la malattia fisica della donna; ma nel rapporto diretto con lei conduce la sua fiducia iniziale a diventare fede piena e così essa si trova non solo guarita, ma salvata.

La potenza e la misericordia di Dio che operano in Gesù non si fermano davanti alla morte, ma la superano. In Gesù Dio rivela tutto il suo amore per la vita.

"Talita Kum". Nel giorno della risurrezione finale Gesù, il Risorto, lo dirà a tutti noi e a ciascuno in particolare, e sarà la festa della vita che fin da ora attendiamo nella beata speranza dell'amore.

Luca Desserafino sdb

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