Abbazia Santa Maria di Pulsano LECTIO DIVINA « MOLTIPLICAZIONE DEI PANI E DEI PESCI»

DOMENICA « DELLA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI E DEI PESCI»
XVII del Tempo per l’Anno B
Giovanni 6,1-15; 2 Re 4,42-44; Salmo 144; Efesini 4,1-6
Antifona d’Ingresso Sal 67,6-7.36
Dio sta nella sua santa dimora;
ai derelitti fa abitare una casa,

e dà forza e vigore al suo popolo
Nell’antifona d’ingresso, Sal 67,6b-7a.36bc, AGC, oggi la Chiesa, la Sposa, celebra il suo Signore che concede la forza (28,11) e la potenza di vivere la vita del Regno. Come per il salmista, il Signore regna e guida dal suo santuario, dove abita nella sua invisibile e imperscrutabile Presenza (v. 6b), e da dove raduna il suo popolo, altrimenti disperso, affinché dimori compatto nella sua Casa (v. 7a), oggi la Chiesa riceve e possiede il suo Tesoro, la Sapienza divina, poiché [la Sapienza] per gli uomini è il Tesoro inesauribile, e quanti la usano diventano amici di Dio (Sap 7,14).

Canto all’Evangelo Lc 7,16b
Alleluia, alleluia.
Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.
Alleluia.
Luca 7,16 è la reazione della folla di Naim, colpita dal grande miracolo della guarigione del figlio della vedova, è anzitutto, con il timore reverenziale, la glorificazione del Signore che permette così grandi prodigi, e poi è l’acclamazione rivolta a Cristo Signore come il Profeta grande promesso dal Signore (Dt 18,15.18 «Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto…. io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò.), adesso venuto, mediante il quale il Signore opera la “visita” del popolo suo.
Da questa Domenica sino alla Dom. 21 del Tempo Ordinario, la liturgia della Parola interrompe la lettura di Marco e inserisce il c. 6 di Giovanni. Questo capitolo comprende 4 episodi:
I) Gesù moltiplica i pani e i pesci (Gv 6,1-15; Domenica XVII);
II) Gesù cammina sulle acque; però purtroppo questo episodio si omette (Gv 6,16-21);
III) Gesù pronuncia il «discorso eucaristico» (Gv 6,22-59; Domeniche XVIII - XX:);
IV) restano con Lui solo i discepoli fedeli (Gv 6,60-69; Domenica XXI).
Va detto con un certo rammarico che le 5 Domeniche in cui si proclama Gv 6 cadono in genere nel tempo delle ferie, quando anche «la catechesi va in vacanza», e quindi si perde la concentrazione per il popolo.
Oggi si assiste a una delle opere della carità del Regno, la vittoria sull’indigenza e sulla povertà, sulla fame, superando anche l’abbandono generale delle folle, questi fattori negativi, tra tanti, con cui satana tiene prigionieri nel male gli uomini. Così un episodio evangelico riporta sempre che il Signore proclama l’Evangelo e procede al suo insegnamento, opera la carità del Regno con cui strappa il regno del male a satana, riporta al culto immacolato al Padre, va verso la Croce per acquisirsi la Sposa diletta.
I motivi addotti per la sostituzione tra i due evangeli sono i seguenti:
I) versione breve detta anche della necessità pastorale: nella lettura dell’evangelo dì Marco siamo arrivati alla «sezione dei pani», poiché ai cc. 6 e 8 egli racconta due moltiplicazioni dei pani; gli avvenimenti sostanzialmente coincidono con il racconto di Giovanni il quale col successivo discorso di Gesù approfondisce e aiuta le prime comunità cristiane e anche noi a comprendere il significato simbolico del segno.
II) versione lunga: la causa risale al progetto di lavoro per la composizione del nuovo Lezionario. In quella sede si erano avanzate diverse proposte, da un Ciclo unico, a 2 Cicli, a 3 Cicli, a 4 Cicli. Scartate la prima, seconda e quarta proposta, si era deciso di procedere su 3 Cicli, ma restava il problema dell’evangelo di Giovanni, che è e resta di eccezionale importanza. Così si decideva di ridistribuire Giovanni anzitutto in alcuni momenti importanti dell’Anno liturgico, come a Natale, in Quaresima, nel Tempo pasquale, a Pentecoste. Poi di aprire un varco nel corso dell’evangelo più breve, Marco, per introdurre appunto il lungo e importante cap. 6 di Giovanni.
Ecco perché, a detta di alcuni, conviene e si deve seguire il quarto evangelo in questa sezione dell’evangelista Marco.
In questa domenica la liturgia ci propone soltanto il fatto in sé straordinario della moltiplicazione dei cinque pani e due pesci, episodio di partenza dal quale si svilupperà poi un’articolata catechesi cristologia ed eucaristica.
Ci viene altresì ricordato che in misura più modesta una moltiplicazione di pani d’orzo e di farro venne fatta dal profeta Eliseo (I lett); ma è sempre lo stesso Dio Padre di tutti che agisce per mezzo di tutti (v. 6 II lett.). Un Dio generoso che Eliseo, come Elia, ha il compito di risvegliare nella coscienza del popolo, nel momento in cui i Baal (gli dei pagani) tornano di moda. La sua moltiplicazione dei pani ricorda a tutti che Dio è la sola fonte della vita e della fertilità, e che la sua generosità non ha limiti. Essere ministri di tale generosità, è il segno da cui si riconosce l’uomo di Dio. Nel momento in cui i due terzi del mondo muoiono di fame, i cristiani possono prender parte al banchetto eucaristico senza preoccuparsi degli uomini che consumano a malapena un pasto al giorno?
Le brevi frasi di Paolo agli Efesini denunciano la divisione dei cristiani e la vocazione all’unità, esortando a camminare verso l’unità e a pagarne il prezzo: umiltà, dolcezza, pazienza. Esse sono anche un grido di speranza: l’unità di Dio è indivisibile, e tutto ciò che di buono sgorga dal cuore dei battezzati, qualunque sia la loro chiesa, proviene da un’unica fonte, in vista di un unico disegno. Dio è al di sopra di tutte le nostre divisioni, ed è presente in tutti coloro che osano dichiararsi suoi figli in Gesù Cristo
Nell’evangelo Gesù spezza il pane per nutrire della gente affamata. Questa prodigalità è in se stessa un segno: colui che sazia oggi le folle, può e vuole appagare anche tutta quella fame che è ancora nel cuore dell’uomo. Osservando che la pasqua è vicina, l’evangelista evoca chiaramente l’eucaristia, in cui Cristo si farà lui stesso pane degli uomini. Il pubblico è colpito dal prodigio: ecco il nuovo Mose, degno del potere, ecco la nuova manna, l’avvenire assicurato. Il malinteso è completo: Gesù non vuole far derivare la sua influenza da un prestigio, perciò si nasconde. Colui che sazia la fame dei poveri non è un ricco, è un inerme come loro.
Tutti gli evangeli riportano la moltiplicazione dei pani operata da Gesù; questo dice già come essa sia importante nella predicazione della comunità cristiana.
Nei sinottici la moltiplicazione dei pani è chiamata «miracolo», nel IV evangelo invece è uno dei segni operati da Gesù. L’inizio dei segni (sèméia) per Giovanni avvenne a Cana di Galilea e fù il segno del vino; quello dei pani occupa il posto centrale, per il fatto che l’evangelista secondo la «teologia simbolica» ne ha scelti solo sette, quale prefigurazione del massimo «segno» dell’evangelo: la Resurrezione del Crocifisso.
Nel caso della moltiplicazione dei pani e dei pesci, non è solo il fatto in sé prodigioso a costituire il «segno» ma ancora l’insieme dei particolari ambientali e temporali che colloca l’avvenimento centrale in un contesto di nuovo Esodo in cui Dio continua a compiere opere meravigliose. Giovanni ci propone Gesù, nuovo Mose, che attraversa il mare di Galilea, seguito da una grande folla, sale sul monte, mentre si avvicina il tempo della Pasqua, sorge il problema di dare da mangiare a tanta gente.
Con questa ridda di particolari sembra quasi d’intravedere sullo sfondo il racconto del libro dell’Esodo, quando il popolo della manna attraversava il deserto.
L’episodio della moltiplicazione dei pani, non c’è dubbio, ha un chiaro significato pasquale e va compreso alla luce della Resurrezione di Cristo.
La narrazione giovannea del segno dei pani ha maggiori punti di contatto con la prima moltiplicazione riportata dai sinottici, anche se per qualche dettaglio è più vicina alla seconda, per esempio, per quanto riguarda l’uso del termine «eucharistéō», che si trova in Mc 8,6 e non in Mc 6,41. Confrontando la redazione di Giovanni con quella dei sinottici, possiamo constatare come la versione di Giovanni sia diversa, anche se le narrazioni sostanzialmente coincidono e quindi si riferiscono al medesimo evento. Ecco alcuni particolari:
1. mentre per Giovanni il prodigio avviene su una montagna (v. 3), nei sinottici ci troviamo in un deserto (Mc 6,32 e par.);
2. in Giovanni si parla della prossimità della festa giudaica della pasqua (Gv 6,4);
3. presso i sinottici sono i discepoli a consigliare i maestro di congedare la folla, affinché si procurino il cibo (Mc 6,35 e par.), mentre in Giovanni è Gesù a prendere l’iniziativa e a interrogare Filippo (Gv 6,5s).
4. la risposta di Filippo e l’intervento di Andrea sono delle particolarità giovannee;
5. solo Giovanni parla di Gesù che mette alla prova i discepoli (v. 6); ecc.
Il racconto della moltiplicazione dei pani ha una struttura lineare:
A. introduzione storico-geografica (vv. 1-4),
B. dialogo preparatorio (vv. 5-10),
C. il pasto sovrabbondante (vv. 11-13),
D. la reazione della folla e di Gesù (vv. 14-15).

Esaminiamo il brano

v. 1- «all’altra riva del mare di Galilea»: è incerta l’ubicazione dell’episodio, che Luca (9,10) indica verso «Betsaida» al di là del Giordano.
«di Tiberiade»: può essere un’aggiunta del redattore alla tradizione precedente, che aveva solo «mare di Galilea». Questa specificazione la troviamo solo qui e in 21,1. Il nome «mare di Tiberiade» diventò comune dopo che Erode Antipa ebbe costruito la città di Tiberiade (20 d.C.) dai giudei però considerata pagana.
v. 2 - «perché vedevano i segni che faceva sui malati»: un giudizio estremamente critico dell’evangelista sul motivo che spingeva la folla a seguire Gesù (cfr. 2,23-25). I segni sono quelli narrati precedentemente,
v. 3 - «Gesù salì sulla montagna»: è difficile l’identificazione di questa montagna; anche nella tradizione sinottica viene ricordato «il monte» senza un nome preciso (cfr. Mt 5,1; Mc 3,13). Per molti autori sembra evidente un’allusione al monte Sinai, nel confronto di Gesù con Mose, che apparirà nel discorso sul pane di vita e la manna.
v. 4 - «Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei»: questo particolare cronologico corrisponde al particolare primaverile dell’erba (Mt 14,19) verde (Mc 6,39) È la seconda Pasqua nominata (dell’anno 29 ?). Durante la prima (anno 28 ?) aveva scacciato i profanatori dal tempio di Gerusalemme, preludendo con quel gesto profetico all’istituzione del nuovo culto in Spirito e verità (2,13-25). Nella seconda Pasqua, con la moltiplicazione dei pani dà inizio al nuovo esodo, sfamando la folla con un pane prodigioso, simbolo della nuova manna, il vero pane di vita.
La Pasqua dei Giudei sarà sostituita dal vero banchetto pasquale, consistente nel dono di Cristo, il vero Agnello pasquale.
Il ricordo esplicito della Pasqua orienta perciò a comprendere tutto quello che segue.
v. 5 - «Filippo ed Andrea»: i due discepoli hanno un ruolo particolare nel IV evangelo, sono infatti abbinati in altri episodi (cfr. 1,40-44 prime vocazioni e 12,21-22 i greci che vogliono incontrare Gesù).
v. 6 - È una nota redazionale che mira ad evitare l’impressione che dalla domanda del v. 5 si deduca l’ignoranza di Gesù.
v. 7 - «Duecento denari»: Il denaro era la paga giornaliera di un operaio (Mt 20,13); si tratta dello stipendio di più di 6 mesi di lavoro.
In Mc 6,37, dove ricorre questo stesso particolare, i 200 denari di pane sembrano sufficienti per sfamare la gente. Qui invece la difficoltà è ingrandita per mettere maggiormente in evidenza la grandiosità del segno.
v. 9 - Anche la domanda retorica di Andrea sottolinea la grandezza del segno.
«pani d’orzo»: è un particolare proprio di Giovanni che ricorda l’episodio analogo di Eliseo (1 lett) e orienta il particolare verso un senso simbolico. Altri lo ritengono solo un particolare storico: il pane d’orzo, che costava poco, era il pane usato comunemente dai poveri.
«un ragazzo»: i sinottici parlano dei 5 pani e dei 2 pesci, ma li presentano come provvista dei discepoli e non del ragazzo (cfr. Mt 14,17 e par.).
v. 11 - È Gesù stesso che distribuisce i pani e i pesci. Nei suoi gesti («prese... rese grazie... distribuì») non si può affermare né negare un richiamo alla Cena eucaristica. Un confronto con Mc 6,41 («prese.,, guardò in alto al cielo... benedisse... spezzò... dava ai discepoli») farebbe protendere verso un giudizio negativo, in quanto nel racconto giovanneo vengono saltati dei particolari che sono propri del racconto eucaristico. Nel racconto giovanneo si sottolinea l’abbondanza del pane messianico offerto «finché ne vollero», fino ad avere dei pezzi avanzati.
Il risultato è dunque una bella e sana e gioiosa e inaspettata e gratuita sazietà (Gv 6,12a; e vedi anche il v. 26). Secondo la profezia:
Mangeranno i poveri e saranno saziati,
e loderanno il Signore quelli che lo cercano,
vivranno i loro cuori nei secoli dei secoli (Sal 21,27);
e ancora:
Tutti da Te attendono che Tu doni ad essi il cibo a suo tempo,
quando Tu lo doni, lo raccolgono,
quando Tu apri la Mano, tutti sono riempiti di bontà (Sal 103,27-28);
e ancora
Tutti gli occhi in Te sperano, Signore,
e Tu doni ad essi cibo a suo tempo,
Tu apri la Mano tua e riempi ogni vivente di benedizione (Sal 144,15-15).
Vedi poi il Salmo responsoriale.
Il Signore ha promesso la sazietà finale: E così, il dissetamento (Gv 4,15) a chi ha la sete vera e va a Lui e vuole bere nella fede l’Acqua della Vita che è lo Spirito Santo della Resurrezione (7,37-39). E ha promesso insieme la sazietà dalla sete e dalla fame, ma allora occorre accettarlo come il Pane della Vita (6,35), quello donato dal Padre e sigillato dallo Spirito Santo.
v. 12 - «perché niente vada perduto»: la preoccupazione di Gesù affinché nulla vada perduto è un’altra caratteristica giovannea. Al v. 27 vi sarà il confronto tra «il pane che perisce» ed il «pane che rimane».
v. 13 - «dodici canestri»: Gesù distribuisce; ai discepoli spetta il compito di raccogliere i pezzi avanzati in 12 canestri. Il numero 12 indica la pienezza; il pane che sazia è destinato a soddisfare la fame di tutte le generazioni future (ricorda che dai 12 figli di Giacobbe nasce il popolo d’Israele; dai 12 apostoli “nascerà” il nuovo Israele).
vv. 14-15 - «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo»: la reazione entusiastica della folla dinanzi al segno è un’altra caratteristica del racconto giovanneo che non compare nei sinottici.
Il riferimento è al profeta escatologico «comeMose» di Dt 18,15-18.
Con una fiammata improvvisa di entusiasmo popolare vengono a prenderlo per farlo re. Gesù non può accogliere tale pretesa, perché la sua regalità presuppone la salita sulla croce. Il suo messianismo, sulla linea del Servo sofferente, esclude ogni trionfalismo e grandezza mondana, in contrasto con la mentalità generale del tempo di allora come ancora di oggi!
Se oggi non viene moltiplicato il pane per tanti uomini che muoiono di fame, non è perché Dio è venuto meno all’umanità, ma perché l’uomo non è fedele all’uomo, perché l’uomo non è fedele a se stesso. Invaso dalla furia di vivere, non si preoccupa di moltiplicare dentro di sé quelle sorgenti interiori che ogni giorno rinnovano il desiderio di vivere. Si, Dio ci chiede oggi di moltiplicare per noi e per gli altri quel pane della vita che ha tutte le forme dell’esistenza. In questo senso, il pane è senza dubbio qualcosa di più delle calorie necessarie alla nostra sopravvivenza. Il pane è impastato di Spirito. Il pane è spirituale. Anche se non si esprimono in questo modo, gli uomini d’oggi lo sentono confusamente; non per nulla nella lotta per un mondo diverso non reclamano soltanto pane. In ultima analisi, il miracolo della moltiplicazione dei pani ci rivela che il pane è più che pane, e l’uomo è più grande dell’uomo, e la vita è più bella della vita... Allora vorrei chiedervi, come lo chiedo a me stesso: nella grande «abbuffata» della vita di oggi, di che cosa avete fame? Avete soltanto fame? O avete fame di amore per voi e per gli altri? Fame di Dio per voi e per gli altri? Fame di felicità per voi e per gli altri? Perché noi siamo fatti per la felicità, siamo fatti per essere saziati, ma dobbiamo sapere che la felicità è sempre al di là della felicità. Non è una meta, ma un orizzonte. Lo sentite dentro di voi il desiderio di andare più lontano? Quel desiderio di «qualcos’altro» che il Cristo ha fatto nascere nel cuore di tanti uomini e donne, e che un poeta non precisamente cristiano ha magnificamente espresso a suo modo: «Forse ho fame di cose sconosciute»? (P. Talec).
La preghiera di colletta ci riassume l’impegno del nostro battesimo: vivere con Cristo Risorto e nel servizio di Carità ai fratelli.


II Colletta
O Padre, che nella Pasqua domenicale
ci chiami a condividere il pane vivo disceso dal cielo,
aiutaci a spezzare nella carità di Cristo anche il pane terreno,
perché sia saziata ogni fame del corpo e dello spirito.
Per il nostro Signore...




lunedì 20 luglio 2015
Abbazia Santa Maria di Pulsano

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