P. Ermanno Rossi O.P."Io sono il pane della vita"

XVIII Domenica Ordinaria – Anno B
(Gv 6,24-35)
Per cogliere l’importanza di questo colloquio di Gesù con la folla, nella sinagoga di Cafarnao, occorre ricordare il contesto in cui è avvenuto.
Il giorno precedente, questi uomini - ben cinquemila! - avevano assistito alla moltiplicazione dei 5 pani d'orzo. Il miracolo li aveva mandati in delirio. Avevano trovato, finalmente, il loro leader!
Senza por tempo in mezzo, aveva cercato di prenderlo per farlo re; ma Gesù si era nascosto.

A sera, tutti rientrano in Cafarnao; anche gli Apostoli partono con l'unica barca rimasta. La folla aveva notato questo particolare.
Ora, trovandoselo davanti, intuiscono il miracolo e chiedono a Gesù come sia arrivato fin lì. Ma Gesù eclissa la domanda e li affronta direttamente.
L’ampiezza di questo racconto è eccezionale, data la sobrietà degli evangelisti. Simile ampiezza di preparazione l'hanno solo altri due avvenimenti fondamentali nella vita di Gesù: l'Ultima Cena e la sua passione, morte e risurrezione. Siamo, dunque, di fronte ad un avvenimento d’eccezionale importanza.
Il brano letto or ora è solo la prima parte del discorso. Continueremo a leggerlo nelle prossime tre domeniche.
Innanzi tutto, Gesù parte da una constatazione: i giudei lo cercano non per sé, ma per i pani che hanno mangiato. Non hanno capito il significato del miracolo. Sono attratti solo dal loro interesse materiale.
S. Agostino fa notare che anche molti cristiani hanno lo stesso atteggiamento: «Quanti sono coloro che cercano Gesù solo per averne dei favori temporali! Uno deve combinare un affare e cerca, perciò, la mediazione del chierico; un altro è perseguitato da qualche pezzo grosso e cerca rifugio in chiesa; un altro vuol essere raccomandato presso qualche potente, di fronte al quale egli conta poco. Uno vuole questo, uno vuole quell'altro; la chiesa è piena di gente simile. Di rado si trova qualcuno che cerca Gesù per Gesù».
Quest’atteggiamento - e, cioè, la ricerca di Gesù per averne dei benefici materiali - impedisce di cogliere il dono, infinitamente più grande, che vuol farci Dio: “Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà”.
Gesù ci proietta in una dimensione infinitamente più grande. È ben triste la nostra condizione. Noi siamo afferrati dalle cose che ci toccano, che ci premono, che ci assillano. La mente comprende solo cose transitorie - importanti, sì, perché dobbiamo fare i conti con esse -, ma che non servono alla salvezza dell'uomo. Nulla di ciò che bramiamo ci sazia; tutto ci lascia l'amaro in bocca; eppure continuiamo a preoccuparci solo di queste cose e trascuriamo la realtà divina che Gesù vuol donarci.
“Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?”, gli chiedono. E Gesù, prontamente, risponde: “Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato”.
A questo punto ci viene da pensare: ma che cosa c'è di più facile, di più dolce, di più luminoso che credere in Gesù, soprattutto per noi che duemila anni di cristianesimo hanno convinto che in lui solo c'è la Verità, la Vita, la Via? Eppure, l'incredulità pratica è in agguato, nei nostri cuori.
“Quale segno fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi?”.
Ma come? Non vi basta d'esservi saziati dei pani così meravigliosamente moltiplicati?
Inconsciamente noi cerchiamo sempre nuove prove. Il fatto è che ci angoscia lasciare le certezze su cui si fonda il vivere dell'uomo - il tran-tran quotidiano -, per assumere le certezze evangeliche, le beatitudini, i cosiddetti paradossi di Gesù, come linee direttrici della nostra vita. Ci sembra di andare incontro all'imprevisto; e, un senso d'incertezza e d'angoscia ci prende. Solo i santi si sono fidati pienamente di Gesù. Hanno impostato la loro vita sul Vangelo. E che cosa ne hanno ricavato? La vita eterna ed il centuplo anche su questa terra. Le loro opere sfidano i secoli, i millenni. Tutti i regni umani si sono sfaldati; ma le opere dei santi attraversano imperterriti la storia. Questo è un fenomeno che deve farci riflettere.
In altre parole, Gesù dice ai suoi interlocutori: Voi cercate sicurezza. Cercate il pane e credete che Mosè vi abbia dato il pane del cielo. Non è così. Anche quel pane si è corrotto:“Il Padre mio vi dà il pane del cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”. “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”.
Ecco la prospettiva meravigliosa. Ma quanti di noi saranno così furbi da lanciarsi in quest’avventura?
Questo è un momento di grazia: raccolti e silenziosi, noi ascoltiamo la parola di Gesù che ci persuade, scende nel cuore, lo riscalda; e illumina la mente. Fermiamoci, allora, un momento con Gesù e parliamogli.

DAL SITO:
 P. Ermanno Rossi O.P
Sono un Padre Domenicano della Provincia Romana e, attualmente, risiedo presso il Convento di San Domenico a Perugia

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