Pane Quotidiano«Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno»

La Liturgia di Lunedi 20 Luglio 2015  VANGELO (Mt 12,38-42) + Rev. D. Lluís ROQUÉ i Roqué (Manresa, Barcelona, Spagna)
In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno».
Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà
dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».
Parola del Signore
«Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno»
+ Rev. D. Lluís ROQUÉ i Roqué 
(Manresa, Barcelona, Spagna)
Oggi, contempliamo nel Vangelo che alcuni maestri della Legge e farisei, avrebbero desiderato desiderano che Gesù dimostri la Sua procedenza divina con qualche segno prodigioso (cf. Mt 12,38). Ne aveva già realizzati molti, sufficienti per dimostrare non solo che `veniva´da Dio, ma che `era´ Dio. Ma, nonostante i molti miracoli realizzati, non li consideravano prove sufficienti: naturalmente anche se ne avesse fatti altri non gli avrebbero creduto.

Gesù, in tono profetico, cogliendo l’occasione da un segno prodigioso dell’Antico Testamento, annuncia la Sua morte, sepoltura e risurrezione; «Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt 12,40), uscendone pieno di vita.

Gli abitanti di Ninive, per mezzo della conversione e la penitenza, riacquistarono l’amicizia con Dio. Anche noi, per mezzo della conversione, la penitenza ed il battesimo, siamo stati sepolti con Cristo, e viviamo per Lui ed in Lui, adesso e per sempre, al aver realizzato un autentico passo “pasquale”: passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia. Liberati dalla schiavitù del demonio, arriviamo ad essere figli di Dio. E’ “il grande prodigio”, che illustra la nostra fede e la speranza di vivere amando come Iddio vuole, per possedere Dio Amore in pienezza.

Grande prodigio tanto quello della Pasqua di Gesù, come il nostro, mediante il battesimo. Nessuno li ha visti, giacché Gesù uscì dal sepolcro, pieno di vita, e noi dal peccato, pieni di vita divina. Lo crediamo e viviamo evitando di cadere nell’incredulità di quelli che `vogliono vedere per credere´, o di quelli che vorrebbero la Chiesa senza `l’opacità´ degli uomini che la componiamo. Basti l’evento Pasquale di Cristo, che così profondamente riverbera su tutti gli uomini ed in tutta la creazione, ed è causa di tanti “miracoli della grazia”.

La Vergine Maria ebbe fiducia nella Parola di Dio e non ebbe bisogno di correre al sepolcro per imbalsamare il corpo di Suo Figlio e per verificare che il sepolcro fosse vuoto: semplicemente credette e “vide”.
don Luciano Sanvito
Dare un segno...

"...UN SEGNO..."

Riaccostare i segni al "SEGNO".
Questo è più importante che non produrre un segno.

Ma per fare questo occorre conversione.

Pretendere un segno non ottiene esaudimento.
Il SEGNO, invece, quello già dato, deve essere interpretato.

Chi accoglie il SEGNO con sapienza sa accogliere poi ogni altro segno.

Ma se non c'è questa disposizione del cuore, il segno non ha senso.
E non deve essere dato.

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