D. Mario MORRA SDB "E' dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono le cattive intenzioni"

30 agosto 2015 | 22a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
Agli scribi ed ai farisei, venuti da Gerusalemme per controllarlo e coglierlo in fallo, come il sovvertitore delle tradizioni degli antichi, Gesù risponde con le parole del profeta: "Bene ha
profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me".
Ipocrita è sinonimo di falso, di persona dalla doppia faccia, di chi dice una cosa e ne fa un'altra, di chi si nasconde dietro una maschera, di chi vuole apparire diverso da quello che è.
Gesù chiama ipocriti i farisei e gli scribi venuti da Gerusalemme, perché non sono animati dal desiderio di ascoltare con semplicità le sue parole, ma cercano solamente qualche pretesto per contestarlo; perché danno più importanza alle formalità, alle apparenze, che alla sostanza delle cose; perché osservano scrupolosamente le varie tradizioni del culto, ma trascurano i comandamenti di Dio; in una parola, perché onorano Dio con le labbra, ma il loro cuore è lontano da Lui.
L'ipocrisia purtroppo è un male, un'insidia pericolosa che si annida facilmente nel comportamento degli uomini di ogni tempo, ed anche di noi cristiani d'oggi.
Cercare di apparire più che di essere, coltivare più le esteriorità che i valori essenziali; accontentarsi di adempiere certe pratiche religiose o certi precetti della Chiesa, ma poi trascurare i comandamenti di Dio, specialmente quelli che riguardano la giustizia, l'amore fraterno, l'onestà della vita, la rettitudine morale, il primato delle cose spirituali su quelle materiali.
Non sono forse queste le tentazioni contro le quali dobbiamo continuamente combattere, se vogliamo essere fedeli al Vangelo?
Non è forse vero che talvolta chi non crede si scandalizza di noi, proprio perché non ci vede quali dovremmo essere, perché c'è un'evidente disarmonia tra il nostro credere e il nostro operare?
Proprio per questo, pare che Gandhi abbia detto, e non senza motivo: "Ho molta stima e rispetto per Cristo, ma non dei cristiani".
Ed allora che cosa dobbiamo fare per non meritare, anche noi la qualifica di ipocriti?
Ce lo indica con molta precisione la Parola di Dio della liturgia di oggi.
Dobbiamo prima di tutto purificare il nostro cuore, rettificare le nostre intenzioni, togliere dal nostro animo tutto ciò che è disordinato e contrasta con la volontà di Dio. Nel Vangelo Gesù ci ripete: "è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono le cattive intenzioni: furti, omicidi, adulteri, cupidigie, ecc."; è qui che bisogna usare la scure; è qui che bisogna mettere ordine.
Come conseguenza di questo lavoro di sradicamento, come ci insegna Mosè nella 1a lettura, dobbiamo impostare la nostra vita secondo i comandamenti di Dio: "Osserverete i comandamenti di Dio (senza togliere o aggiungere nulla) e li metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza".
Nella 2a lettura, l'Apostolo S. Giacomo gli fa eco: "siate di quelli che mettono in pratica la parola di Dio, e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi".
E da uomo pratico quale è, S. Giacomo ci ricorda che non bastano le parole, ma occorrono i fatti, le opere: "Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo".
Se vogliamo cioè vivere una religiosità genuina ed autentica, non farisaica o di superficie, dobbiamo essere attenti alle necessità dei più poveri, di quelli che sono i più deboli oggi (anziani soli, ammalati, handicappati, tossico dipendenti, ecc.) e dobbiamo essere solleciti a venire in loro aiuto, secondo le nostre possibilità, con grande apertura di cuore.
Questa è stata la vita di tutti i Santi: hanno messo in pratica, con sincerità di cuore, il comandamento dell'amore; hanno amato Dio amando il prossimo.
Abbiamo un Santo, tra tutti, in particolare a cui guardare e da imitare: San Giovanni XXIII, il Papa Buono. Conosciamo tutti la sua vita fatta di bontà, di umiltà, di semplicità, di autenticità.
Tra le tante definizioni sentite di lui penso, sia particolarmente espressiva questa: "è un cristiano che ha vissuto con semplicità ed autenticità l'insegnamento del Vangelo". I santi non sono altro che questo!
Ci insegni il Papa Buono ad essere, come lui, sinceri, semplici, autentici, in una parola, buoni, sempre e con tutti!
Con l'aiuto di Maria santissima che veneriamo in modo particolare nel prossimo mese di settembre!.


D. Mario MORRA SDB |

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