D. Severino GALLO sdb"IL PANE DI VITA ETERNA"
9 agosto 2015 | 19a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
IL PANE DI VITA ETERNA
Vangelo: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo" (Gv 6.41-52)
"I Giudei mormoravano" contro Gesù, perché aveva detto: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo". Il giorno prima erano entusiasti di Gesù. Ora brontolano contro di Lui, lo contestano.
Per i pani che aveva loro dato perché si potessero sfamare, volevano farlo re; e ora che parla dell'altro pane che darà, quello dell'anima, scrollano le spalle.
E osano dire: "Come potrà fare questo miracolo, s è figlio di un falegname?". Diciamo la verità: questa gente non ha buona volontà, e neppure sa ragionare bene.
Infatti, non era stato Lui, proprio Lui ad operare lo strepitoso miracolo di sfamare una folla immensa di persone con soli cinque pani? Non era quello un miracolo abbastanza grande, perché si credesse in Lui e a quello che diceva: "Io sono il pane disceso dal cielo?".
Anche oggi c'è della gente che ha non una, ma dieci, cento, mille prove circa la verità che Gesù insegna, ma non vuol credere. Queste persone trovano sempre un pretesto per non credere. In realtà mancano di quel briciolo di buona volontà che è tanto preziosa, appunto perché è molto rara.
Oggi si chiama critica o contestazione, ma in fondo è sempre il desiderio dell'uomo di "mormorare". L'hanno perfino eretto ad un…. Diritto: "Ius murmurandi", diritto di mormorare, almeno quel tanto che basti ogni giorno…
Poi si distingue in critica positiva o negativa, costruttiva o demolitrice, ma i confini tra l'una e l'altra sono ben difficili da stabilire.
Anche di fronte alla Parola di Dio c'è sempre stato chi ha preferito mormorare. I Giudei a Cafarnao ce ne hanno dato un esempio. Invece di accogliere con riconoscenza l'annuncio dato da Gesù del dono dell'Eucaristia, migliore dello stesso dono della manna fatto ai loro padri nel deserto, si sono messi a mormorare.
Una mormorazione sterile, fine a se stessa. Avessero almeno cercato di capire meglio, avessero interrogato il Maestro, perché spiegasse di più! E invece no.
E qual è il motivo di questo loro rifiuto di credere? Lo stesso che era già stato di Natanaele all'annuncio che Gesù era il Messia: "Può venire qualcosa di buono da Nazaret?". A Cafarnao i Giudei dicono: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe, del quale conosciamo il padre e la madre?".
Questa visione troppo umana delle cose, fa spesso da diaframma alla nostra fede. Davanti alla Chiesa composta di uomini, sovente ci fermiamo all'aspetto umano e transitorio e non sappiamo andare oltre.
Dalla mormorazione gli Ebrei a Cafarnao sono passati alla discussione e anche questa non li aveva aiutati a giungere alla fede. Eppure avere la fede o non averla, non è questione di poco conto: c'è in gioco la salvezza eterna.
Per credere a Dio l'uomo deve liberarsi da tanti preconcetti e deve anche chiedere umilmente questo gran dono. Il possesso della fede non è tranquillo, pacifico; è sempre insidiato da tentazioni. La fede può illanguidirsi nell'animo e anche spegnersi.
Anche nella vita cristiana e religiosa ci sono momenti, in cui tutto sembra fallire, crollare sotto i nostri piedi.
(Mille sono le cause: lotte vane per realizzare il nostro ideale religioso, fallimento apparente nell'apostolato, il peso stesso della nostra limitatezza e dei nostri difetti.
Sono momenti in cui, come Elia "desideroso di morire", l'anima religiosa esclama: "Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri" (prima Lettura).
Veramente non si sente migliore di tanti che nella vita laicale, nel mondo, lottano e vivono da cristiani.
L'anima si domanda quale presunzione l'ha spinta a voler essere più perfetta, a credersi capace di un genere di vita più assoluto, mentre è così debole e miserabile. E' la terribile tentazione della disperazione, l'ora delle tenebre, in cui, se non si sta attenti, vince lo spirito del male).
Forse sono poche le persone consacrate che non abbiano attraversato tale prova. Ma sempre, all'ultimo, al limite della resistenza, risuonano le parole dell'angelo: "Alzati e mangia!". E la forza di una grazia straordinaria o la forza dell'Eucaristia, ridà all'anima il coraggio, la fa di nuovo sperare.
Il testo biblico del libro dei Re dà all'anima cristiana (religiosa) la certezza che Dio non l'abbandonerà mai a se stessa e alla sua debolezza, perché che "troppo lungo è il cammino". Dio interviene, la nutre, la consola, l'assicura che Lui stesso sarà il suo cibo: "Io sono il pane di vita". "Chi crede in me ha la vita eterna".
In una disputa con un compagno, San Domenico Savio disse:
"Io credo… perché l'ha detto Don Bosco".
E l'altro: "E allora Don Bosco perché crede?".
E Domenico: "Crede perché l'ha detto Gesù".
Chi crede in Gesù non sbaglia. E' come una macchina che di notte fila sulla strada illuminata dai fari. C'è la luce; quindi si può percorrere la via, senza pericoli. Gesù è la luce, è la verità. Ma bisogna credere.
Peccato che alcuni non credono e allora vanno in cerca di pretesti. Chiudono gli occhi e dicono: "Non vedo nulla". E' buona volontà? È saggezza questa?
Ma il guaio peggiore è che, rifiutando di credere, rischiano la perdizione. Perché solo chi crede in Gesù ha la vita eterna. L'ha detto proprio Lui nel Vangelo di oggi. "Il pane che io vi darò è la mia carne".
Qualche tempo dopo, nel cenacolo, Gesù farà proprio questo nuovo e più strepitoso miracolo: cambierà il pane nel suo Corpo e il vino nel suo Sangue. E si darà in cibo ai suoi. Non c'è dubbio: il pane che scende dal cielo, quello appunto che Gesù aveva promesso, è il suo stesso Corpo, è la sua Carne. Gesù l'ha detto e bisogna credere.
E quando noi ci accostiamo alla mensa eucaristica dobbiamo rinnovare la nostra fede e dire: "Gesù, vengo a ricevere proprio Te, il tuo Corpo, il tuo Sangue".
Sanconas, maomettano,
un giorno domandò al Vescovo di Gaza di rispondere ad alcune domande sul Sacramento dell'Eucaristia: "Com'è possibile che il pane e il vino diventino carne e sangue di Cristo?". Gli rispose il Vescovo: "Quando nascesti, tu eri piccolo: sei cresciuto; il tuo corpo ha trasformato in carne e sangue il nutrimento che hai preso. Ora, se il corpo dell'uomo è capace di trasformare in carne e in sangue, il pane e il cibo, tanto più facilmente lo potrà Iddio".
Il maomettano riprese: "Come è possibile che in un'ostia così piccola, sia presente Gesù Cristo intero?".
E il Vescovo: "Guarda il paesaggio che hai qui davanti; e pensa quanto, al paragone, è piccino il tuo occhio. Eppure nel tuo occhio c'è l'immagine di questa campagna così vasta. Non può Dio fare in realtà, nella sua persona, quello ce la figura è in noi?". Il maomettano domandò ancora: "Come è possibile che lo stesso corpo si trovi contemporaneamente presente in tutte le vostre chiese?".
Replicò il Vescovo: "A Dio nulla è impossibile, e questa risposta potrebbe bastare. Ma anche la natura risponde; ecco uno specchio: buttalo a terra sicché si rompa. Ogni frammento riprodurrà la stessa immagine che produceva lo specchio intero. Così per l'onnipotenza di Dio, Gesù si riproduce non in figura, ma in realtà, in ogni ostia consacrata. Egli è veramente in essa".
Il maomettano, che era retto, fu soddisfatto delle risposte avute, e, vinta ogni difficoltà, si convertì al Cristianesimo.
Una volta un protestante disse a un fanciullo che si preparava a ricevere la sua prima Comunione: "Ma tu credi davvero che nell'Eucaristia c'è Gesù?"
E il fanciullo: "Sì; e perché non dovrei crederlo? L'ha detto Gesù!". Questa è fede limpida, essenziale, genuina!
Di fronte a Gesù Eucaristico dobbiamo avere la semplicità e il candore di un bimbo. Ci conceda la Madonna di ricevere sempre Gesù con una fede viva e incandescente come la Sua.
D. Severino GALLO sdb
IL PANE DI VITA ETERNA
Vangelo: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo" (Gv 6.41-52)
"I Giudei mormoravano" contro Gesù, perché aveva detto: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo". Il giorno prima erano entusiasti di Gesù. Ora brontolano contro di Lui, lo contestano.
Per i pani che aveva loro dato perché si potessero sfamare, volevano farlo re; e ora che parla dell'altro pane che darà, quello dell'anima, scrollano le spalle.
E osano dire: "Come potrà fare questo miracolo, s è figlio di un falegname?". Diciamo la verità: questa gente non ha buona volontà, e neppure sa ragionare bene.
Infatti, non era stato Lui, proprio Lui ad operare lo strepitoso miracolo di sfamare una folla immensa di persone con soli cinque pani? Non era quello un miracolo abbastanza grande, perché si credesse in Lui e a quello che diceva: "Io sono il pane disceso dal cielo?".
Anche oggi c'è della gente che ha non una, ma dieci, cento, mille prove circa la verità che Gesù insegna, ma non vuol credere. Queste persone trovano sempre un pretesto per non credere. In realtà mancano di quel briciolo di buona volontà che è tanto preziosa, appunto perché è molto rara.
Oggi si chiama critica o contestazione, ma in fondo è sempre il desiderio dell'uomo di "mormorare". L'hanno perfino eretto ad un…. Diritto: "Ius murmurandi", diritto di mormorare, almeno quel tanto che basti ogni giorno…
Poi si distingue in critica positiva o negativa, costruttiva o demolitrice, ma i confini tra l'una e l'altra sono ben difficili da stabilire.
Anche di fronte alla Parola di Dio c'è sempre stato chi ha preferito mormorare. I Giudei a Cafarnao ce ne hanno dato un esempio. Invece di accogliere con riconoscenza l'annuncio dato da Gesù del dono dell'Eucaristia, migliore dello stesso dono della manna fatto ai loro padri nel deserto, si sono messi a mormorare.
Una mormorazione sterile, fine a se stessa. Avessero almeno cercato di capire meglio, avessero interrogato il Maestro, perché spiegasse di più! E invece no.
E qual è il motivo di questo loro rifiuto di credere? Lo stesso che era già stato di Natanaele all'annuncio che Gesù era il Messia: "Può venire qualcosa di buono da Nazaret?". A Cafarnao i Giudei dicono: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe, del quale conosciamo il padre e la madre?".
Questa visione troppo umana delle cose, fa spesso da diaframma alla nostra fede. Davanti alla Chiesa composta di uomini, sovente ci fermiamo all'aspetto umano e transitorio e non sappiamo andare oltre.
Dalla mormorazione gli Ebrei a Cafarnao sono passati alla discussione e anche questa non li aveva aiutati a giungere alla fede. Eppure avere la fede o non averla, non è questione di poco conto: c'è in gioco la salvezza eterna.
Per credere a Dio l'uomo deve liberarsi da tanti preconcetti e deve anche chiedere umilmente questo gran dono. Il possesso della fede non è tranquillo, pacifico; è sempre insidiato da tentazioni. La fede può illanguidirsi nell'animo e anche spegnersi.
Anche nella vita cristiana e religiosa ci sono momenti, in cui tutto sembra fallire, crollare sotto i nostri piedi.
(Mille sono le cause: lotte vane per realizzare il nostro ideale religioso, fallimento apparente nell'apostolato, il peso stesso della nostra limitatezza e dei nostri difetti.
Sono momenti in cui, come Elia "desideroso di morire", l'anima religiosa esclama: "Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri" (prima Lettura).
Veramente non si sente migliore di tanti che nella vita laicale, nel mondo, lottano e vivono da cristiani.
L'anima si domanda quale presunzione l'ha spinta a voler essere più perfetta, a credersi capace di un genere di vita più assoluto, mentre è così debole e miserabile. E' la terribile tentazione della disperazione, l'ora delle tenebre, in cui, se non si sta attenti, vince lo spirito del male).
Forse sono poche le persone consacrate che non abbiano attraversato tale prova. Ma sempre, all'ultimo, al limite della resistenza, risuonano le parole dell'angelo: "Alzati e mangia!". E la forza di una grazia straordinaria o la forza dell'Eucaristia, ridà all'anima il coraggio, la fa di nuovo sperare.
Il testo biblico del libro dei Re dà all'anima cristiana (religiosa) la certezza che Dio non l'abbandonerà mai a se stessa e alla sua debolezza, perché che "troppo lungo è il cammino". Dio interviene, la nutre, la consola, l'assicura che Lui stesso sarà il suo cibo: "Io sono il pane di vita". "Chi crede in me ha la vita eterna".
In una disputa con un compagno, San Domenico Savio disse:
"Io credo… perché l'ha detto Don Bosco".
E l'altro: "E allora Don Bosco perché crede?".
E Domenico: "Crede perché l'ha detto Gesù".
Chi crede in Gesù non sbaglia. E' come una macchina che di notte fila sulla strada illuminata dai fari. C'è la luce; quindi si può percorrere la via, senza pericoli. Gesù è la luce, è la verità. Ma bisogna credere.
Peccato che alcuni non credono e allora vanno in cerca di pretesti. Chiudono gli occhi e dicono: "Non vedo nulla". E' buona volontà? È saggezza questa?
Ma il guaio peggiore è che, rifiutando di credere, rischiano la perdizione. Perché solo chi crede in Gesù ha la vita eterna. L'ha detto proprio Lui nel Vangelo di oggi. "Il pane che io vi darò è la mia carne".
Qualche tempo dopo, nel cenacolo, Gesù farà proprio questo nuovo e più strepitoso miracolo: cambierà il pane nel suo Corpo e il vino nel suo Sangue. E si darà in cibo ai suoi. Non c'è dubbio: il pane che scende dal cielo, quello appunto che Gesù aveva promesso, è il suo stesso Corpo, è la sua Carne. Gesù l'ha detto e bisogna credere.
E quando noi ci accostiamo alla mensa eucaristica dobbiamo rinnovare la nostra fede e dire: "Gesù, vengo a ricevere proprio Te, il tuo Corpo, il tuo Sangue".
Sanconas, maomettano,
un giorno domandò al Vescovo di Gaza di rispondere ad alcune domande sul Sacramento dell'Eucaristia: "Com'è possibile che il pane e il vino diventino carne e sangue di Cristo?". Gli rispose il Vescovo: "Quando nascesti, tu eri piccolo: sei cresciuto; il tuo corpo ha trasformato in carne e sangue il nutrimento che hai preso. Ora, se il corpo dell'uomo è capace di trasformare in carne e in sangue, il pane e il cibo, tanto più facilmente lo potrà Iddio".
Il maomettano riprese: "Come è possibile che in un'ostia così piccola, sia presente Gesù Cristo intero?".
E il Vescovo: "Guarda il paesaggio che hai qui davanti; e pensa quanto, al paragone, è piccino il tuo occhio. Eppure nel tuo occhio c'è l'immagine di questa campagna così vasta. Non può Dio fare in realtà, nella sua persona, quello ce la figura è in noi?". Il maomettano domandò ancora: "Come è possibile che lo stesso corpo si trovi contemporaneamente presente in tutte le vostre chiese?".
Replicò il Vescovo: "A Dio nulla è impossibile, e questa risposta potrebbe bastare. Ma anche la natura risponde; ecco uno specchio: buttalo a terra sicché si rompa. Ogni frammento riprodurrà la stessa immagine che produceva lo specchio intero. Così per l'onnipotenza di Dio, Gesù si riproduce non in figura, ma in realtà, in ogni ostia consacrata. Egli è veramente in essa".
Il maomettano, che era retto, fu soddisfatto delle risposte avute, e, vinta ogni difficoltà, si convertì al Cristianesimo.
Una volta un protestante disse a un fanciullo che si preparava a ricevere la sua prima Comunione: "Ma tu credi davvero che nell'Eucaristia c'è Gesù?"
E il fanciullo: "Sì; e perché non dovrei crederlo? L'ha detto Gesù!". Questa è fede limpida, essenziale, genuina!
Di fronte a Gesù Eucaristico dobbiamo avere la semplicità e il candore di un bimbo. Ci conceda la Madonna di ricevere sempre Gesù con una fede viva e incandescente come la Sua.
D. Severino GALLO sdb
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