don Maurizio Prandi"Qualcuno ci dice chi siamo

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (30/08/2015)
Vangelo: Mc 7,1-8.14-15.21-23 
Dopo cinque settimane durante le quali abbiamo ascoltato il capitolo sesto del vangelo di Giovanni, riprendiamo in mano, con questa domenica, il vangelo di Marco. Ci accompagnerà fino a novembre, cioè fino al termine di questo anno liturgico.
Prima lettura, che ci parla di una relazione fondata sull'ascolto, salmo, che invita a farsi vicini a coloro che possono aiutarci ad avere un rapporto sincero con Dio,
seconda lettura che pone davanti a noi il compito di vivere una religione pura, senza macchia, e Vangelo con Gesù che ci mette in guardia da ogni esteriorità sembra che abbiano un unico obiettivo: tutto il cammino fatto circa il pane di vita, tutta la ricchezza che è stata riversata su di noi, va posta nel nostro cuore.
È una pagina, quella del vangelo, che ha subito dai liturgisti alcuni tagli... forse perché è una pagina molto dura, dove Gesù assume toni e posizioni molto forti. Avete notato come Gesù sia molto duro e quasi indispettito... è una reazione a quale situazione? I farisei e gli scribi fanno (scusate l'espressione), le pulci a Gesù e ai suoi discepoli perché non rispettano le tradizioni degli antichi, quelle che Gesù definisce le tradizioni degli uomini... Gesù reagisce in modo veemente e se tornando alle vostre case prenderete in mano il vostro vangelo di Marco al capitolo 6 capirete perché: viene da un momento difficile, un lungo cammino visitando villaggi e campagne, incontrando un'umanità ferita, malata, dolente: dovunque giungeva, ponevano malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare la frangia del mantello e quanti lo toccavano erano salvi. Ecco di cosa erano pieni gli occhi di Gesù, la sua mente ed il suo cuore: di questa umanità ferita, malata, disperata. E cosa incontra Gesù? una lamentela per il fatto che i suoi discepoli prendevano il cibo con mani non lavate secondo il rito che prevedevano gli antichi. Si rende conto Gesù di quanto sia facile che le tradizioni degli uomini possano prendere il posto del comandamento di Dio... dobbiamo tornare al comandamento di Dio! Leggevo in un commento che erano tantissimi i precetti che erano stati aggiunti alla Legge... oh! a fin di bene, per proteggerla, custodirla, spiegarla meglio... questo del lavarsi le mani era uno e ne restavano solo altri.... 612!!! Capite qual è il rischio? Quello di coprire, di soffocare, di annullare la Legge.
Eppure il libro del Deuteronomio era stato chiaro... abbiamo ascoltato poco fa nella prima lettura: non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non toglierete nulla → la Parola di Dio va custodita nella sua integrità. Bello che questa prima lettura ci parli della vicinanza di Dio, della sua prossimità... e ancora più bello il fatto che questa vicinanza sia legata alla messa in pratica della Parola: come dire che più ti allontani dalla Parola, più ti allontani da Dio! È precisamente quello che stava capitando agli scribi e farisei che interrogavano Gesù... è un discorso importante quello che introduce il vangelo sul puro e sull'impuro, importante perché è una mentalità ancora viva, vivissima quella di chi, pur frequentando ambienti anche religiosi, parte dal concetto che l'altro sia sporco: il pagano è sporco, lo straniero è sporco, il peccatore è sporco, impuro... Gesù invece parte da un concetto opposto: è il cuore dell'uomo che sporca il mondo e quindi è il nostro cuore che ha bisogno di Dio perché sia Lui che dal di dentro lo muova a nuove possibilità di vita. C'è una pagina di don Daniele in proposito che è dura da digerire e bellissima allo stesso tempo: Gesù parla delle intenzioni cattive e fa un bell'elenco di cose → 12!!! Cosa vuole dirci il vangelo? Forse semplicemente questo, che Gesù è un profondo conoscitore del cuore dell'uomo, che non solo è sede dei sentimenti, ma anche delle intenzioni, dei propositi, delle decisioni. Ci viene detto: attenti che il vostro cuore è questo e perché lo fa Gesù? perche dice questo? Per umiliarci, per deprimerci? No... finalmente incontriamo qualcuno che ci dice chi siamo, finalmente incontriamo qualcuno che sa cosa c'è nel nostro cuore e quali sono le sue intenzioni. In tutto questo la seconda lettura, che afferma che in Dio non c'è ombra di cambiamento, non può che allargare il nostro cuore che resta un cuore non giudicato ma amato da Dio, amato non per le sue virtù, ma per quello che può diventare.
Forse c'è da ringraziare allora perché Gesù ci dice quello che siamo e proviamo anche a ringraziare per tutte quelle volte che incontriamo qualcuno che ci dice chi siamo: invece della ferita che inevitabilmente lasciano in noi possiamo concentrarci sulla gratuità del bene che ci vogliono. Domenica scorsa il vangelo ci ha detto una cosa davvero fondamentale, non so se ricordate: la carne non giova a nulla diceva Gesù... ma questa carne lui l'ha assunta perché il verbo si è fatto carne; Gesù ha assunto la condizione di ciò che non giova a nulla e qui se volete è la stessa cosa: quella che ha assunto Gesù non è stata certo la condizione dell'uomo virtuoso, ma la condizione di uno che si è fatto peccato (San Paolo). Attenzione: il Padre, in Gesù non ha colto la virtù... ha colto il fatto che si è fatto carne. Il Gesù glorificato nei cieli, non è il Gesù virtuoso, ma è il Gesù ferito, il Gesù che ha condiviso la nostra condizione... non è un Gesù diverso da noi (afferma don Daniele): è un Gesù che ha mangiato con i peccatori e che si è confuso con i più disperati e strani... quando hanno letto questa cosa nell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario, gli ospiti di questa struttura hanno detto: che bello! Noi siamo tutta quella roba lì e Dio proprio per questo ci ama.
Torno alla prima lettura che è una sintesi di tutto il libro del Deuteronomio che ci parla della centralità della parola di Dio nella fede e nella vita del popolo d'israele... ora, Israele, ascolta → ancora una volta l'invito che ci viene rivolto è a mettere in contatto la Parola di Dio con l'oggi, con l'attualità della nostra vita, con il nostro presente, con il quotidiano. ORA... perché la Parola di Dio non è celebrazione del passato... ORA... perché la parola di Dio non è una parola vecchia... ORA... perché Dio, in ogni istante si dona a me, a noi. È chiaro che al posto di Israele possiamo mettere ognuno i nostri nomi. Il cielo non è muto dicevamo sabato e domenica scorsi con alcuni giovani ad Assisi durante la tre giorni e la prima lettura di oggi ce lo conferma → Dio non rimane nel silenzio... Dio parla; ma non possiamo farlo parlare a vuoto... è importante che questa parola, attraverso l'ascolto diventi relazione, rapporto con Lui. E' una parola da fare, da mettere in pratica, e proprio il fare la parola ci dà la misura dell'averla veramente ascoltata; non c'è ascolto se non c'è pratica della parola. Il testo (spero di non complicare), ci parla di due livelli di ascolto: ascoltare ed osservare... l'ascolto è per mettere in pratica, l'osservanza è per attuare anche se in italiano è stato tradotto tutto nello stesso modo. Io lo capisco così: soltanto quando il comandamento lo hai osservato cioè è diventato parte di te, solo in quel momento può informare quell'ORA di cui dicevo prima per poterlo far diventare attuale.
La Parola di Dio è al centro anche della seconda lettura. Con questa domenica cominciamo l'ascolto della lettera di Giacomo: concreta, ci invita alla messa in pratica della parola. Può collegarsi in un certo senso a quanto dicevamo le scorse settimane ascoltando il vangelo di Giovanni, che ha scritto tutto il discorso sul pane di vita perché si era accorto che le celebrazioni cominciavano ad essere puro ritualismo e la partecipazione delle persone era più legata al desiderio del magico che non del sacro. Giacomo dice (ed è molto vicino al rimprovero di Gesù nel vangelo!), che possiamo coltivare una fede soltanto teorica, senza opere e perdere quindi di vista ciò che Dio ci chiede. Mi colpiva molto in questi giorni (è una confidenza che vi faccio e spero di farla con pudore...) l'ultimo versetto della seconda lettura: religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove. Nella nostra comunità in questi giorni, in modo silenzioso, discreto, non gridato, abbiamo vissuto la morte di un giovane papà... tanto tanto tanto dolore... quello della sposa, quello dei figli. Ma tante persone (che nemmeno conoscevo), che si fanno vicino e visitano vedova e orfani e che non si limitano a visitare ma si prendono cura: un datore di lavoro che si occupa di tutto, amici e amiche che non lasciano nemmeno per un attimo chi vive nel dolore. E un prete che ringrazia per delle persone che forse (certamente!) non conoscono la lettera di Giacomo, ma che ne sanno mettere in pratica le sue parole e le sue raccomandazioni.

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