Don Paolo Zamengo SDB"Parole che profumano di eternità "

Parole che profumano di eternità     Gv  6, 60-69
23 agosto 2015 | 21a Domenica - Tempo Ordinario B | 
FRAMMENTO
La gente, che la sera aveva mangiato abbondantemente, cova la speranza di piegare Gesù alle proprie necessità. La folla vuole fare di Gesù il re-Messia e servirsi di lui per i propri scopi materiali e politici. Ma Gesù non si
lascia sequestrare. Mette le cose in chiaro e spegne illusioni.
Gesù decodifica il miracolo e sposta il suo significato a livello di cuore, anzi si identifica lui stesso nel pane. Le sue parole lasciano sconcertato e infastidito l’uditorio. Sembra lo scatto di un ciclista sui tornanti delle Dolomiti che lascia storditi e attardati i compagni di fuga. L’accelerazione di Gesù gli crea attorno il vuoto.

L’evangelista Giovanni lo esprime in modo eloquente: “Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui”. Perché? Il linguaggio di Gesù si fa oscuro e non serve il buon senso a renderlo accettabile. Gesù chiede solo di fidarsi e di camminare con lui.

Non è così. La gente tenta di sminuire la portata del vangelo. Persino gli apostoli cercano di edulcorare il discorso misterioso e crudo. Ma non si può restare in mezzo al guado troppo a lungo, si finisce per impantanarsi. Il problema è: vedere chiaro per credere o credere per vedere chiaro?

Tra chi è chiamato di affidare la vita a Gesù c’è anche chi decide di non decidere. Rimangono in mezzo al guado. Vivono sulla soglia. Dal loro comportamento non si capisce se vogliono iniziare l’avventura o se ne stanno uscendo. Sentono attrattiva per Gesù ma temono le esigenze del vangelo.

Ci sono quelli che accettano Gesù ma non la chiesa perché delusi, dimenticando che anche Gesù ha patito pari delusioni dagli apostoli che lui stesso aveva scelto, ma ha continuato ad amarli e a sostenerli.  Ci sono anche quelli che se ne vanno. Per debolezza o per orgoglio. La debolezza è molto diffusa. L’orgoglio abita in chi fa di se stesso la misura e il centro del mondo. Per tutti ecco la scusa: “Questa parola è dura: chi può ascoltarla?”.

Gesù non svende il prodotto, non concede sconti né riduce la portata delle sue affermazioni, anzi, alza la posta e gioca al rialzo. Gesù preferisce restare solo piuttosto. Non allarga la porta perché entri chiunque. Semmai invita i discepoli a disfarsi di ciò che non è essenziale se vogliono attraversarla.

E nel grigiore generale si squarcia il cielo e compare una risposta piena di coraggio. Pietro. Proprio lui, Pietro, pescatore reso apostolo da Gesù, lui che ha sperimentato la propria fragilità ma anche la compassione e la tenerezza di Gesù, Pietro sente la portata eterna di quella chiamata.

“Signore, da chi andremo?” Stupefacente Pietro. Pietro ha una lucidissima e invidiabile intuizione. Non gli interessa dove andare, ma da chi andare. “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”.

E noi? Noi, cosa diciamo? La stessa umile, accorata e affettuosa preghiera di Emmaus: “Rimani con noi Signore”.

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