JUAN J. BARTOLOME sdb LECTIO DIVINA"Cristo, pane di vita e bevanda di salvezza"

16 agosto 2015 | 20a Domenica - Tempo Ordinario B | Lectio Divina
LECTIO DIVINA: Gv 6,51-58
Tutti abbiamo fatto qualche volta la stessa esperienza: anche se della vita desideriamo poco, ci sembra che quello che riceviamo è sempre meno delle nostre attese, non sono frequenti i momenti di piena soddisfazione che per noi sono effimeri. La vita, nel suo trascorrere quotidiano, ci lascia delusi nelle nostre migliori attese; mentre più viviamo, meglio vorremo vivere. E vero che di solito compriamo ciò che ci pare e ci saziamo di ciò che ci piace, queste cose, però non ci danno
la felicità né ci assicurano la vita del giorno seguente. Più che del pane abbiamo bisogno di persone che siano più buone del pane, che ci stiano vicine quando siamo nel bisogno perché l'uomo, anche se nell'abbondanza, ha bisogno della tenerezza e dell'amore e questo ci viene offerto da Gesù nell'Eucarestia.

In quel tempo,
51 disse Gesù alla gente:
"Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane vivrà per sempre. E il pane che io darò è la mai carne per la vita del mondo."
52 I Giudei mormoravano tra di loro:
"Come può costui darci la sua carne da mangiare?"
53 Ma Gesù disse loro:
"Vi assicuro che se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
55 La mia carne è vero cibo, e il mio sangue è vera bevanda.
56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui. 57Come il Padre che ha la vita mi ha inviato, e io vivo per il Padre; così, chi mangia di me vivrà per me.
58 Questo è il pane disceso dal cielo: non come quello dei vostri padri, che ne mangiarono e morirono; che mangia questo pane vivrà per sempre".

1. LEGGERE: Capire quello che dice il testo e come lo dice

Il dialogo appartiene ad un insieme più vasto (Gv. 6, 1-58) di grande importanza nel quarto Vangelo. Dopo la moltiplicazione dei pani ( Gv. 6,1-15) come segno, Gesù spiega la sua valenza nel discorso che segue (Gv. 6,26-58), ma quel che dice, invece di chiarire, confonde; suscita delle difficoltà che avranno bisogno di un successivo chiarimento (Gv. 6,52) emerge così un nuovo elemento (inaudito) nel dialogo di rivelazione: dal credere in Lui, bisogna passare ad alimentarsi di lui, il pane è la sua carne (Gv. 6,51) la maniera di essere unito a Cristo adesso è molto concreta come insolita: credere è mangiare, la fede è alimento.
La manna del deserto che non ha dato salvezza eterna e il pane del cielo che salva chi lo mangia (Gv. 6,49-50) introducono il nuovo motivo: il pane di vita è pane da mangiare (Gv.6,51), questo pane è la carne di Gesù (Gv. 6,52), carne che sarà offerta per la vita del mondo (Gv. 6,51).
Gesù preferisce parlare qui di carne, non di anima, lo fa parlando della sua persona (cfr. Gv. 10,11.15.17; 13,37-38; 15,13) nel Vangelo di Giovanni, carne è la forma di presenza del Logos nel mondo (Gv. 1,14): l'incarnazione ha un obbiettivo ora rivelato, la redenzione attraverso la morte; la manifestazione di Dio, un compito: dare la propria vita per la vita del mondo.
Logicamente l'incomprensione diventa motivo di protesta, di scandalo, il motivo è nelle stesse affermazioni di Gesù. I giudei percepiscono il senso finale delle sue affermazioni, ne è prova la difficoltà nell'accettarlo: come può darci da mangiare la sua carne? Si domandano.
L'obiezione serve al narratore per centrare meglio la rivelazione di Gesù, ma come d'abitudine Gesù non risolve ne chiarisce la questione, ribadisce ed espande la sua affermazione portando lo scandalo al parossismo. Mangiare e bere hanno la funzione di conservare la vita, la difficoltà qui è quale alimento consumare per restare in vita: la carne ed il sangue del figlio dell'uomo. Questa è la maniera concreta di accogliere Gesù che si offre. Compie la funzione di dare la vita perché sazia la fame e la sete di vita in maniera autentica: è vero cibo e vera bevanda (Gv. 6,55) e sazia in quanto essere umano, fragile e mortale; carne e sangue si riferiscono precisamente all'umanità di Gesù.
Bere sangue è un nuovo elemento particolarmente abominevole per i giudei; il sangue è vita della quale solo Dio può disporre. Il realismo dell'enunciazione impedisce la spiritualizzazione del senso; l'uso ripetuto del verbo masticare (Gv. 6,54.56.58) può riferirsi al rito eucaristico, nel quale si mastica Cristo, agnello pasquale; solo Lui, la sua carne ed il suo sangue, danno vita che saziano la sete e la fame dell'uomo.
La vita che dona il corpo di Gesù non è transitoria, com'è stato per gli israeliti nel deserto (Gv. 6,58) chi mangia rimane in Gesù, nella sua vita (Gv. 6,56) invece di assimilarlo come alimento, chi lo mangia, riesce a restare in Lui. L'alimentato nell'alimento. La relazione è d'immanenza, non di vicinanza. È la definizione della vita eterna, presente in chi crede in Cristo e lo mangia.
Il rapporto che si stabilisce tra il credente che mangia e Cristo, cibo vero, è pensata a somiglianza di quella relazione vitale che esiste tra il Padre e il suo inviato, tra i quali non c'è identificazione o fusione, ma permanenza per la comunione di vita ed è appunto la vita il nesso che unisce i tre: il Padre, fonte di vita; il suo apostolo vivente ed il credente che alimentato di Lui vivrà.
Non si pretende una semplice adesione spirituale: la fede richiesta al credente non è un prendere coscienza o una disposizione sentimentale, è unione intima, assunzione corporale, associazione per appropriazione, adesione permanente. Il cristiano non è un semplice credente, è un commensale di Cristo. L'Israele che, alimentato della manna, morì non è la comunità di commensali di Cristo.

2. MEDITARE: APPLICARE QUELLO CHE DICE IL TESTO ALLA VITA

Dietro la moltiplicazione dei pani, Gesù ha condotto i suoi uditori all'accettazione della sua persona. Che gli ha donato pane in abbondanza è il pane che assicura la vita; chi lo ha salvato della fame un giorno lo salverà dalla morte per sempre. Le difficoltà che incontrano i giudei per mangiarlo è sottolineata da Gesù: senza mangiare il suo corpo e bere il suo sangue non c'è vita che superi la morte. È difficile immaginare: l'assimilazione di Gesù, condizione di salvezza, supera l'ideologia e il sentimento. Non basta assumere le sue idee e appropriarsi dei suoi sentimenti, si tratta di abitare in Lui, di vivere per Lui e lasciare che il suo essere, la sua carne ed il suo sangue sia consistenza personale alla nostra vita. Si può scandalizzare solo chi non capisce. Il miracolo non è il saziarsi del pane che perisce, l'autentico prodigio è quello di avere Cristo come alimento e bevanda… Lui è viatico per oggi e banchetto eterno per l'eternità.
Bene, se non avessimo il pane per saziare il nostro bisogno, Gesù si offre nel vangelo come alimento di vita, possiamo sempre contare su di Lui.
Accettare che Gesù sia sostegno della nostra vita non è facile: dovremmo prima subire lo scandalo subìto dai giudei in quel giorno quando si son sentiti dire che Lui era il loro pane e la loro vita. È molto difficile pensare che un uomo, anche se divino, soddisfi tutti i nostri bisogni e appaghi i più intimi desideri; non possiamo credere che Lui possa calmare la nostra fame e colmare le nostre carenze; i nostri desideri sono diventati molto alti, quasi irraggiungibili le nostre pretese, ci sembra che non esiste nessuno capace di rispondere ad esse completamente. E nonostante Dio, che ci ha fatto con desiderio di infinito, che ci ha creato con tutte le nostre imperfezioni, ha fatto una promessa: non lasciarci insoddisfatti per sempre; Gesù è il pane che sazia la nostra fame di vita.
Bene hanno compreso i suoi uditori, quello che fa fatica ad essere accettato dai giudei non è il fatto che Lui si presenti come pane di vita e vita del mondo, nel corso della storia sono sorti degli uomini che si proponevano come soluzione definitiva per i mali che affliggevano la società, il problema è il modo che ha Gesù di saziare la fame quello che resta incredibile, inaudito. Gesù non si propone come ideale di vita da seguire, se non come pane di vita da mangiare, senza alimentarsi del suo corpo e bere il suo sangue non c'è vita possibile, si compromette a vivificare chi rischia di assimilarlo corporalmente; chi prova a vivere senza difetti, Gesù viene incontro e gli si offre come sostegno quotidiano.
È molto normale sentire la ripugnanza della proposta: è bene che ci si offra come risposta alle nostre domande più intime o come un potente aiuto per risolvere i nostri problemi, sarebbe accettabile che ci si offra come modello da seguire o come maestro dal quale imparare, ma che pretenda essere la carne che sazi la nostra fame o la bevanda per la nostra sete di vita sembra un po' troppo… e nonostante questa proposta faremo bene a dargli ascolto, prima di continuare ad alimentare la nostra vita con nuovi desideri e prima che per bere da qualunque fonte incontriamo, ci sfinisca la sete di vita che portiamo. Sarebbe insensato continuare alla ricerca delle piccole soddisfazioni che non fanno che allungare la nostra fame ed il nostro dolore quando sappiamo chi è colui che ci può soddisfare completamente, potremo almeno provare se Gesù può calmare la nostra fame e la nostra sete, non perdiamo nulla provandoci, visto che, non controlliamo i nostri desideri di vita e la vita che già possediamo se ne sta andando, proviamo con Gesù pane di vita e non saremo delusi.
Prima ancora di inciampare nella difficoltà di quell'alimentarsi di Gesù, con il suo corpo ed il suo sangue, dovremo vedere di cosa veramente abbiamo bisogno nella vita, qual è la causa della nostra insoddisfazione più profonda; perché alimentiamo la nostra fame con desideri che nessuno può soddisfare, se non c'è pane per questi desideri, ci condanniamo alla morte. I Giudei si sentirono delusi da Gesù perché cercavano il pane, senza pensare che lui offriva se stesso come Pane di vita: non avevano fame di lui e quindi non lo accettarono.
A volte pensiamo che nella vita abbiamo bisogno di qualche persona, di tutt'altro che non sia Dio, Cristo per noi passa come il grande sconosciuto, come pane inutile; solo chi ha fame e sete di Dio può ricevere Gesù come viatico per il cammino, lui è sostegno ed alimento e siamo sicuri della vita eterna, ma se ci rendiamo conto che nella nostra vita manca Gesù, non ci dobbiamo disperare perché Lui è accessibile a tutti, per questo è diventato pane. Mangiando di lui ci saziamo di Dio. Se ci priviamo dell'Eucaristia non annientiamo la nostra fame ma la peggioriamo; la sola partecipazione all'Eucarestia, lo sappiamo bene, non soddisfa il nostro bisogno e la comunione frequente non rimedia il nostro bisogno ma lo calma e lo rende più sopportabile e soprattutto la rende deperibile; Gesù non si è compromesso a farci la vita più facile fino a darcene un'altra, quella eterna; possiamo sopportare i nostri limiti qui perché siamo sicuri, se mangiamo il Suo corpo, di una vita senza limiti e senza bisogni, per sempre. Sopravviviamo alla nostra fame se non lasciamo il nutrimento con il pane che Dio ha escogitato per saziarci: il corpo e sangue del suo figlio.
Facciamo male evitando di partecipare all'Eucarestia o, partecipandone senza avvicinarci alla mensa; cosa diremo di uno che va ad un banchetto e poi non assaggia nemmeno un boccone? non è insolito avere fame e non servirsi? È questo che capita ad un gran numero di cristiani della santa messa dominicale: continuano ad alimentare la loro fame di Dio, continuano ad approfondire il loro desiderio di vita, intanto sminuiscono, per non volere il pane di Dio, Cristo Eucarestia. Non ha diritto a lamentarsi di Dio, né può essere felice il cristiano che avendo la possibilità non approfondisce la sua sete e calma la sua fame con Cristo, pane di vita e bevanda di salvezza. La sicurezza della risurrezione dopo la morte ci viene data dall'accettare o no Cristo nella nostra vita. È un peccato che avendone tanto bisogno, non lo facciamo divenire pane di vita e causa di resurrezione. Lui vuole essere questo per noi.

                                                                                    JUAN J. BARTOLOME sdb

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