mons. Antonio Riboldi"Signore, da chi andremo?"

XXI Domenica del Tempo Ordinario
Omelia del 23 agosto 2015
La Parola di Dio di queste ultime domeniche continua a provocarci ad un esame serio e profondo sulla nostra fede nell’Eucarestia.

Le folle cercavano Gesù, non gli davano pace e in più occasioni provocarono in Lui sentimenti di ‘compassione’: egli era diventato la loro speranza, un sicuro punto di riferimento, o se vogliamo, una fonte di sicurezza per tanta gente che affogava nella disperazione, come ai nostri tempi.

Certamente erano attratti dalla sua divina personalità: uno che era diverso e non un povero uomo come noi, che abbiamo poco da offrire, anche quando amiamo.

Gesù si imponeva per l’autorevolezza della Sua Parola e la testimonianza continua della sua carità, a differenza degli uomini del suo tempo – e anche del nostro - .

Gesù non esitava a moltiplicare i segni della carità del Padre nei miracoli, guarendo ogni tipo di malattia, moltiplicando i pani, risuscitando persino i morti.

Ma se era facile entrare in un amore fatto di segni diretti a questa nostra vita tribolata, non altrettanto lo era e lo è entrare in un amore che coinvolge la fede e le scelte di vita.

Infatti nel Vangelo di oggi, proprio continuando il discorso sulla Eucaristia, Gesù fa esperienza dell’incomprensione e del rifiuto. Gesù ha offerto il massimo dell’amore: ‘farsi pane’ della nostra vita, farsi mangiare perché possiamo assaporare la forza, la bellezza della vita, sapendoci amati al punto che il nostro Dio si fa nostra carne.

Ma Gesù conosce il cuore dell’uomo, ieri e oggi, e sa bene come la nostra ricerca agitata si rivolge troppo spesso non ai beni che procurano ‘la vita eterna’, ma a beni, sì, ma effimeri e relativi, che non possono soddisfare il nostro bisogno di eternità.

E ce lo dice con chiarezza: “Questo vi scandalizza? … E’ lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla: le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono”.Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito”

Nel Suo rapporto di divina amicizia con noi – un’amicizia che è fondamento di salvezza – Gesù parla con la lucidità della verità, senza alcun velo, in modo che il nostro ‘sì’ o ‘no’ sia totale: non vi sia insomma nessuna scusante per un ‘ni’, impossibile e assurdo in un rapporto fondato sulla vera amicizia.

Poteva dare di più, Dio, a noi uomini, che siamo assetati non di parole o gesti banali, ma dell’Amore totale ed assoluto?

Cosa dire, poi, se questo Amore, che ci si offre, è la Vita, la Carne e il Sangue di Dio stesso?

Un dono che dovrebbe far sussultare di gioia chi crede: ‘Signore, dammi sempre questo pane!’

Ma è davvero così?

Se onestamente riflettiamo sulla nostra fede e quanta parte nella nostra vita abbia la Santa Comunione, ci accorgiamo di essere davvero ‘uomini di poca fede’, come coloro che lo seguivano allora. “Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.”. Questo rifiuto - i nostri abbandoni - quanta tristezza deve aver procurato a Gesù!

E come non provarla nel vedersi incompreso proprio nel momento in cui offre l’incredibile, il Pane della vita, Se stesso.

Viene da chiederci – è una domanda che ciascuno di noi deve avere il coraggio di rivolgersi personalmente - : Perché avevano, abbiamo, seguito Gesù? Cosa speravano, speriamo, da Lui? Chi era Gesù per loro, per noi?

Perché Gesù per troppi fratelli è ormai uno sconosciuto? Perché ci si stacca da Dio?

E’forse ‘delusione’, perché nel rapporto con Dio non otteniamo ciò che chiediamo di materiale? E’ ‘scontento’, per non essere riusciti a cambiare la natura del Cuore di Dio, piegandolo ai capricci di questa vita terrena, che non porta da nessuna parte? E’ la ‘pretesa’ di sapere cosa è meglio per noi e l’incapacità di mettersi in ‘sintonia’ con Dio, affidandosi a Lui, credendo che solo Lui, davvero, conosce quale sia il nostro vero bene?

Gesù non richiama chi se ne va e Gli volta le spalle. Non può compiacere l’uomo con dannosi compromessi, sarebbe tradirlo: l’amore è anzitutto verità e fedeltà al bene.

Il Maestro si chiude nel suo silenzio, pieno di tristezza, ma non per Sé, ma per chi si allontana, rischiando di diventare presto una…’pecorella smarrita’!

Si volge poi a coloro che sono rimasti e hanno bisogno di essere confermati nella loro scelta.

Disse allora Gesù ai Dodici: ‘Volete andarvene anche voi?’.

È pronta la risposta di Pietro: ‘Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio’. (Gv 6, 60-69)

Deve diventare la nostra risposta convinta ed appassionata.

Oggi il Signore chiede anche a noi se vogliamo andarcene o accogliere il Suo Dono.

Qual è la nostra risposta?

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