P. Ermanno Rossi O.P“Forse anche voi volete andarvene?”

XXI Domenica Ordinaria – Anno B
(Gv 6, 60-69)
Con questa domenica concludiamo il famoso discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao, dopo la moltiplicazione dei pani.
Egli ha parlato del pane di vita: vale a dire della Parola di Dio e dell'Eucaristia.
Ora, siamo alla conclusione: una conclusione drammatica, profondamente triste per Gesù che aveva profuso tesori
d’amore per questa folla che lo aveva seguito nel luogo deserto, per la quale aveva avuto compassione e cui ora aveva rivelato un prodigio ancora maggiore, il prodigio dell'Eucaristia, del suo corpo e del suo sangue dati in nutrimento ai suoi discepoli. Ma il dono era troppo grande perché fosse compreso, troppo inusitato per non suscitare perplessità.
A questo punto si verifica un totale cambiamento di umore tra i suoi ascoltatori, fino allora entusiasti da morire, tanto che avrebbero voluto prenderlo per farlo re.
Iniziano a mormorare: “Questo discorso è duro”, dicono.
Quelli che affermano ciò sono i discepoli, quelli che avevano partecipato alla straordinaria moltiplicazione dei pani. “Mormoravano”, dice il Vangelo. È un atteggiamento duro di gente che non si è per niente arresa a Gesù. Filtravano tutto con le loro corte vedute.
Tutt'altro atteggiamento negli Apostoli. Neanche loro comprendono; ma si fidano di Gesù. Sanno che il suo potere viene da Dio. E, allora, si rimettono a Lui: “Tu hai parole di vita eterna”
“Questo vi scandalizza?”, chiede loro Gesù, e aggiunge: “E se vedeste il Figlio dell'uomo salire dov'era prima?”.
Qui è il Verbo che parla, il Figlio unigenito del Padre. Quale calma, dignità e pazienza! Ma dov'era prima il Figlio dell'uomo? Era presso Dio, ad altezze vertiginose.
Tutto è sbalorditivo in quest’episodio e al di fuori di quanto cade sotto la nostra esperienza: quest'uomo, che è Dio, si abbassa a convincere uomini rozzi che il dono che egli fa loro è un dono di vita eterna.
Ma, neanche noi che veniamo dopo 2.000 anni di cristianesimo - che sappiamo quindi, perché collaudato dalla storia, che il Cristo è Dio e che il suo dono è quanto di più sbalorditivo possa esserci sulla terra e nel cielo -, neanche noi riusciamo a renderci conto di un Dio che si fa cibo per nutrirci di sé, per trasformarci in sé, per farci, in una parola, Dio! Come se nulla fosse, noi continuiamo a trascurare l'Eucaristia, a non nutrirci di essa; o, se ce ne nutriamo, a farlo molte volte senza la dovuta consapevolezza o senza la necessaria purificazione del cuore! Quale mistero questa cecità dell'uomo!
Lo scandalo degli ascoltatori di Gesù nasceva certamente da una falsa interpretazione delle sue parole. Per questo motivo, egli aggiunge un’osservazione importante:
“Le mie parole sono spirito e vita”.
Qui Gesù si riferisce ad un modo materialistico d'intenderlo, quasi che egli li incitasse al cannibalismo; ma, certo, gli ascoltatori non avrebbero mai potuto immaginare che Gesù avrebbe escogitato l'Eucarestia per divenire nostro cibo.
Il fatto è che il mistero di Dio va accolto non per una sua intrinseca evidenza - evidenza che non ha, appunto perché è mistero, e, cioè, infinitamente superiore alla mente umana -; va accolto, invece, unicamente perché è Dio che lo rivela, Egli che è la Verità.
Mangiando l'Eucaristia non mi è evidente che è Gesù: io Gesù non lo vedo, ma lo credo. Poi, lo sento anche, perché Gesù in me è un vivente; e, se sono attento a Lui, egli in qualche modo mi si fa sentire. Ma questo sentirlo è secondario. Il mistero - e, così, ogni parola di Gesù - va accolto con fede, perché lo dice Gesù.
“Gesù sapeva fin dal principio chi erano quelli che non credevano…”.
C'è, veramente, da riflettere e da domandarci: da che parte siamo noi?
“Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio”.
Occorre pregare il Padre che ci accolga, che ci metta tra i discepoli di Gesù, tra coloro che sono invitati al banchetto.
“Forse anche voi volete andarvene?”.
Io spero che nessuno di noi sia mai sfiorato coscientemente da simile idea. Il nostro abbandono di Gesù potrebbe essere, però, occasionato dalle tentazioni che sono sempre in agguato e dalle mille infedeltà quotidiane. Qualora fossimo sorpresi da simili evenienze, non dubitiamo mai dell'amore di Gesù e ricorriamo subito a Lui, confessandoci, se ce ne fosse bisogno; e, con gli apostoli, diciamogli: “Signore, e da chi andremmo noi? Tu solo hai parole di vita eterna! Noi abbiamo conosciuto e creduto che Tu sei il Santo di Dio”.


Sono un Padre Domenicano della Provincia Romana e, attualmente, risiedo presso il Convento di San Domenico a Perugia.

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