padre Ermes Ronchi"Chi «mangia e beve Cristo» ha già ora la vita eterna"

XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (16/08/2015)
Vangelo: Gv 6,51-58 
Un Vangelo di soli otto versetti, nei quali Gesù per otto volte ribadisce il tema di fondo: Chi mangia la mia carne vivrà in eterno. Il brano può, ad un primo ascolto, risultare ripetitivo e monotono, ma è come una divina monotonia pacificante e vitale, nello stile tipico di Giovanni: egli formula un contenuto forte, in termini
concisi, poi nei versetti successivi lo riprende, allargandolo a cerchi concentrici, come quando si getta un sasso nell'acqua ferma.
Al tema portante del brano, «mangiare la mia carne, bere il mio sangue» Gesù connette, per otto volte, lo scopo del gesto: «perché viviate», semplicemente per vivere, per non morire.
È l'incalzante certezza da parte di Gesù di possedere qualcosa che capovolge l'esistenza, quella che a noi pare scivolare inesorabilmente verso la morte e che invece scorre verso l'alto, a dilatarsi in Dio, a vivere di Dio.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna. "Ha" la vita eterna, adesso, non "avrà", un giorno. La vita eterna non è una specie di Tfr, Trattamento di fine rapporto, la liquidazione finale che accumulo con il mio buon comportamento. La vita eterna è già cominciata, è una vita diversa, vera, giusta, piena di cose che meritano di non morire. Una vita come quella di Gesù, buona bella e beata. Il cui nome è libertà, gioia e pienezza.
Il salmo tra le letture ci sorprende, nella Liturgia di domenica, con una domanda: Vi è qualcuno che desidera la vita, che vuole gustare la vita? Sì, io voglio vivere! Voglio gustare la vita. C'è qualcuno che vuole lunghi giorni felici? Sì, io voglio lunghi giorni e che siano felici. Li voglio per me e per i miei fratelli, anche i più disperati; li voglio per tutti i naufraghi della vita.
La risposta a questo potente desiderio Gesù la fornisce offrendo la sua carne e sangue, che indicano e contengono la sua vita intera, la sua vicenda umana, le sue mani di carpentiere, la sua compassione, i capelli intrisi di nardo, il foro dei chiodi, le cose che amava e quelle per cui tremava. Gesù non fornisce regole e divieti da osservare, ma il segreto, la chiave per far fiorire la vita in tutte le sue forme, e gustarla appieno: vivere come lui ha vissuto.
È questa la sorpresa! Gesù non dice: bevete la mia sapienza, mangiate la mia santità, il sublime che è in me. Ma: prendete la mia umanità, come lievito della vostra; prendete i miei occhi, e guardate ogni cosa con la mia combattiva tenerezza; prendete le mie mani e imparate a rialzare e accarezzare.
Allora mangiare e bere Cristo è un gesto che non si esaurisce nella Messa, ma inizia con il primo respiro del giorno, continua con il Vangelo che mi abita pensieri e parole e che mi rende spazioso il cuore.

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