padre Gian Franco Scarpitta " Il tempo di decidersi e di agire"

XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (23/08/2015)
Vangelo: Gv 6,60-69 
Tanti anni or sono, assistendo alla Professione Solenne dei voti di un Confratello, mi colpirono le parole a lui indirizzate nell'omelia da parte del Padre Provinciale: "E' venuto il momento di passare dalle intenzioni agli impegni... Dalle idee fascinose e seducenti, alla realtà dei fatti concreti di testimonianza religiosa." Nessuno che si limiti a sognare ad occhi aperti o a idealizzare giungerà
mai da nessuna parte, se non si lancia nell'azione.
Qualsiasi progetto, meta o ambizione è destinato a restare un sogno quando dalle congetture non si passa alle attività concrete per realizzarle. E' l'azione che realizza, non la fantasia. E la decisione e determinazione che inducono ad agore sono la prova concreta che davvero noi crediamo in quello che abbiamo progettato. "Meglio agire e fallire, piuttosto che non agire e vanamente agitarsi" (Og Mandino). Questo avviene evidentemente in tutti i campi del vissuto, ma che ci si debba decidere in campo di fede è ancora più necessario e determinante: se Dio ci si è rivelato in Cristo, se Lui ha manifestato la sua misericordia e il suo amore per noi, ebbene da parte nostra occorre che ad un certo punto ci decidiamo per lu, senza più tergiversare. Dio si è rivelato infatti perché noi prendiamo una decisione, che facciamo una scelta e non semplicemente perché ce ne affasciniamo o contempliamo meravigliati e contenti.
Come si rilevava nelle scorse Domeniche, Gesù aveva espressamente dimostrato di essere il pane vivo disceso dal Cielo, il Verbo Incarnato mangiando del quale si ottiene la vita, il Figlio di Dio che è venuto nel mondo e che nello Spirito Santo ci da' l'accesso al Padre. Cristo è la Verità rivelata che ci fa liberi (Gv 8,16). Ma tutto questo come potrà incidere nella nostra vita se non ci decidiamo per lui? Che riscontro possiamo mai ottenere dal pane vivo disceso dal Cielo se non ci apriamo alla verità da Questi resa manifesta, se non usciamo da noi stessi per orientarci verso di lui? La decisione che ci compete di fronte al pane vivo disceso dal cielo è la fede, cioè l'accettazione incondizionata, l'apertura e l'affidamento, ma essa comporta che si "agisca", cioè risolutamente ci si decida una volta per tutte. Essa richiede che, una volta consapevoli e maturi quanto ai suoi contenuti, ci lanciamo senza più indugiare e che la nostra determinazione si traduca in concretezza n nelle parole "Io credo". Gesù, dopo aver mostrato il fascino e la bellezza della rivelazione del Padre nel suo Verbo, chiede ora ai suoi discepoli di passare dalla meraviglia alla decisione e agli impegni, perché l'espressione "Credo" costituisce quanto di più impegnativo noi possiamo immaginare. Credere vuol dire infatti aderire, non opporre resistenza, accettare con eroismo quanti altri potrebbero ritenere insensato e illogico, vivere e tradurre in concretezza ciò che ci è stato proposto come insieme di verità, e soprattutto realizzare un incontro vitale con la Verità.
Vuol dire anche accettare un discorso che, umanamente parlando, è duro, ostile e incomprensibile ma che proprio per questo comporta decisione libera e consapevole. Come la Parola di Dio in se stessa comprende l'azione per cui essa opera tutto ciò che annuncia, così' la fede dell'uomo racchiude in se stessa una reazione di corrispondenza e di decisa risposta.
Giosuè esclama rivolto ai giudici, ai capi e agli anziani: "Sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». (Gs 24, 15) Dio aveva già mostrato abbastanza la sua potenza per poter ottenere credito presso il suo popolo, ma adesso è il popolo che deve decidersi se credere o non credere. Se aderire a false religiosità effimere di comodismo, se crearsi idoli o divinità fittizie alle quali è fin troppo facile prestare fede e attenzione, oppure aderire al vero Dio onnipotente che pur chiedendo degli impegni offre delle garanzie. Come pure i discepoli di Gesù sono invitati a prendere posizione in seguito alle parole proferite dal maestro, a loro volta accompagnate da azioni dirompenti quali la moltiplicazione dei pani agli oltre cinquemila uomini. Ora, credere è per l'appunto un impegno che per molti sarebbe preferibile non assumersi appunto perché troppo eroico ed elevato, al di sopra delle nostre piccole possibilità. La fede è infatti un dono divino che, una volta accolto, va costantemente coltivato e alimentato non senza i mezzi della grazia e gli ausili appropriati di Dio quali la preghiera e la meditazione e comporta un serio esercizio. Inoltre la fede comporta uniformità e coerenza che devono escludere parzialità e frammentarietà: o si crede o non si crede. O si crede in tutto ciò che ci viene proposto o non si crede in nulla e accettare del nostro credo religioso i soli articoli per noi piacevoli e accattivanti è semplicemente banale e melense oltre che incoerente. Il credente non è un lavoratore part time, ma un impiegato a tempo pieno privo di ferie e di pensionamenti. Per certuni questo discorso è veramente ostico e impenetrabile, non soltanto ai nostri giorni ma anche all'epoca della predicazione di Gesù. Adesso infatti, una volta terminato il suo excursus sul pane vivo disceso dal cielo, messi alle strette i discepoli vengono smascherati nella loro incredulità di fondo. Di conseguenza parecchi di essi si allontanano e preferiscono non impelagarsi perché non mostrano determinazione. Avrebbero preferito infatti ascoltare da lui solo il dolce delle promesse e delle garanzie e non l'amaro degli impegni e dei sacrifici che queste garanzie comportano. La loro propensione sarebbe stata quella di accogliere non la verità in assoluto per come vuole mostrarci e per come deve essere accolta, ma solo quell'aspetto accomodante e piacevole della verità per il quale si trovano giustificazioni per ritenere come falso tutto il resto.
Gesù non si scompone e imperterrito considera anche la possibilità che anche i suoi pochissimi fedeli ascoltatori possano lasciarlo: "Volete andarvene anche voi"?
Fortunatamente in questi uomini attenti e avvinti dal suo messaggio si trova una convinzione incomparabile che non regge il confronto con quella degli altri discepoli: essi ammettono che nessun altro sarebbe in grado di proferire parole di scaturigine divina perché nessun altro è Verbo Incarnato alla pari di Lui. Pietro (che nelle altre pagine evangeliche che lo riguardano si mostra sempre lacunoso) professa la fede nella vita eterna che Gesù ci garantisce nello Spirito Santo mettendoci in comunione con il Padre anche se questa verità comporta la serietà d'impegno della fede e di conseguenza ammette che sarebbe doloro disperdersi nel vuoto che lascerebbe la mancate fede nel Figlio di Dio. I Dodici erano passati dagli ideali agli impegni. E noi?

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