Pane Quotidiano«Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»

La Liturgia di Venerdi 7 Agosto 2015  VANGELO (Mt 16,24-28) COMMENTO:Rev. D. Pedro IGLESIAS Martínez  (Rubí, Barcelona, Spagna)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma
chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno».
Parola del Signore
«Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»
Rev. D. Pedro IGLESIAS Martínez 
(Rubí, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci mette chiaramente di fronte al mondo. Il suo approccio è radicale, non ammette mezze misure: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24). In molte occasioni di fronte alla sofferenza generata per causa nostra, o per colpa di altri, sentiamo dire: «Dobbiamo sopportare la croce che Dio ci manda... questa è la volontà divina...», e così via, accumulando sacrifici, come se fossero dei buoni sconto, incollati a una scheda, che presenteremo il giorno del giudizio celestiale, quando dovremo, rispondere.

La sofferenza non ha valore in se stessa. Cristo non era uno stoico: aveva fame, sete e sentiva stanchezza, non gli piaceva che lo abbandonassero, si lasciava aiutare... Dove poteva mitigava il dolore fisico e morale. E allora, che cosa succede? 

Prima di caricare la nostra “croce”, dobbiamo seguire Cristo. Non si soffre e dopo si segue  Cristo... A Cristo lo si segue nall'Amore, ed è quando si comprende il sacrificio e la negazione personale «chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16,25). L’amore e la misericordia portano al sacrificio. Tutto quello che è vero amore genera, in un modo o nell’altro, un sacrificio, però non tutto il sacrificio, genera amore. Dio non è sacrificio; Dio è amore, e solamente da questa prospettiva ha senso il dolore, la stanchezza e le croci della nostra esistenza, seguendo il modello dell’uomo che il Padre ci rivela in Cristo. Sant’Agostino proclamò: «in ciò che si ama, o non si soffre, nella stessa sofferenza è amato».

Nell’evolversi della nostra vita, non cerchiamo un origine divina per i sacrifici e le difficoltà: «Perché Dio mi manda questo?», ma cerchiamo di trovarne un “uso divino”: «Come potrei fare di questo un atto di fede e di amore?». È da questa posizione che seguiamo  Cristo e come ci faremo sicuramente- meritevoli dello sguardo misericordioso del Padre. Lo stesso sguardo con il quale guardava a suo Figlio nella Croce.


don Luciano Sanvito
Con Cristo o senza Cristo

VITA CON CRISTO,
O SENZA IL CRISTO
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Cosa cambia?

Rinnegare se stessi, cosa vuol dire oggi per noi?

Cosa vuol dire oggi per noi essere con Cristo nella vita?

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Quello che noi rinneghiamo come nostra esperienza della vita, come viene ritrovato? Cosa significa perdere per ritrovare, nel nostro vivere?
Recuperare un'altra visione della vita, ci viene augurato questo nella nostra adesione al Cristo. In fin dei conti, rendere conto a noi stessi ci aggrada, ma il rendere conto a Dio ci fa essere in sintonia con quella visione della vita che attraverso di Lui rende possibile ogni cambiamento e ogni passaggio verso la Risurrezione.

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