Umberto DE VANNA SDB "Da chi andremo?"

23 agosto 2015 | 21a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
21a Domenica - Tempo Ordinario 2015
Per cominciare
In ogni tempo, la parola provocatrice di Gesù divide gli animi e determina delle scelte pro o contro di lui. "Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; tu sei il Santo di Dio", dice l'apostolo
Pietro a Gesù nel momento in cui tutti lo abbandonano.
La parola di Dio
Giosuè 24,1-2a.15-17.18b. Giosuè, successore di Mosè e continuatore della sua missione di animatore del popolo ebraico in viaggio verso la terra promessa, convoca a Sichem le dodici tribù di Israele e, dopo aver ricordato tutto ciò che Iahvè ha fatto per loro, li invita a scegliere e servire per sempre il loro Dio.
Efesini 5,21-32. Si conclude oggi la lettura continua della lettera agli abitanti di Efeso. Paolo, dopo averli invitati a vivere una vita nuova, nella pratica delle virtù e nel rifiuto della stoltezza, dice loro - esemplificando - di vivere nell'amore reciproco il rapporto tra marito e moglie nel matrimonio.
Giovanni 6,60-69. Il grande dialogo che Gesù ha intrecciato con la folla che ha assistito alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, si conclude drammaticamente, con l'abbandono da parte dei giudei, e anche di alcuni discepoli, che trovano troppo dure le sue parole. Gesù non li ferma, e sfida i suoi stessi dodici apostoli a fare lo stesso.

Riflettere...

o "Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore disse a Giosuè, figlio di Nun, aiutante di Mosè: "Mosè, mio servo, è morto. Ora, dunque, attraversa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso la terra che io do loro, agli Israeliti. Ogni luogo su cui si poserà la pianta dei vostri piedi, ve l'ho assegnato, come ho promesso a Mosè. Dal deserto e da questo Libano fino al grande fiume, l'Eufrate, tutta la terra degli Ittiti, fino al Mare Grande, dove tramonta il sole: tali saranno i vostri confini"" (Gs 1,1-4). Inizia con queste promesse solenni il libro di Giosuè. Iahvè promette di essere vicino a Giosuè e al suo popolo nel territorio della terra promessa, così come aveva fatto con Mosè nel deserto.
o Il testo che ci viene presentato oggi è la parte conclusiva del libro. Giosuè ha 110 anni, vuole dare l'addio al suo popolo e intende farlo come si deve. Ormai vecchio e molto avanti negli anni, convocò tutto Israele, gli anziani, i capi, i giudici e gli scribi e disse loro: "Voi avete visto quanto il Signore, vostro Dio, ha fatto a tutte queste nazioni, scacciandole dinanzi a voi. Il Signore stesso, vostro Dio, ha combattuto per voi" (Gs 23,2-3). Non gli interessa sottolineare la sua abilità nel guidare il popolo. Ricorda soltanto ciò che ha fatto per loro Iahvè. Ma prima di concludere la sua missione, intende accertarsi della futura fedeltà del suo popolo, e li mette di fronte a una scelta decisiva, quella di dichiarare solennemente a quali divinità vogliono affidarsi. Solo dopo questa assicurazione, potrà unirsi ai padri sulle montagne di Efraim (Gs 24,29-30).
o Convoca le tribù a Sichem e si rivolge a loro con solennità. Dice: "Sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume, oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate". Ma aggiunge: "Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore" (Gs 24,15).
o C'era bisogno di richiedere questa dichiarazione di fedeltà al popolo? Essi avevano assistito ai grandiosi prodigiosi che hanno accompagnato la liberazione dall'Egitto, la fortunata fuga attraverso il Mar Rosso, la manna e le quaglie, l'acqua dalla roccia, la sconfitta dei vari popoli che contrastavano la loro avanzata nella terra promessa, la favolosa caduta di Gerico. Ora si trovano in una terra in cui "scorre latte e miele". Davvero il popolo abbandonerà questo Dio potente e vicino?
o Di fatto gli israeliti rispondono positivamente: "Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi!". Riconoscenti di tutti questi prodigi, decidiamo di servire il Signore, "perché egli è il nostro Dio".
o Soddisfatto, Giosuè insiste e in un dialogo serrato li invita a esprimere senza ripensamenti la loro scelta. Prende quindi una grande pietra e dice a tutto il popolo: "Ecco: questa pietra sarà una testimonianza per noi, perché essa ha udito tutte le parole che il Signore ci ha detto; essa servirà quindi da testimonianza per voi, perché non rinneghiate il vostro Dio" (Gs 24,27).
o L'episodio di Giosuè è una delle pagine più commoventi vissute dalle tribù di Israele e si è concluso positivamente, riconfermando l'alleanza del Sinai. Non così l'episodio evangelico che ci viene proposto quest'oggi. Il drammatico dialogo sul pane di vita tra Gesù e la folla si conclude con una sconfitta. Essa ha assistito al prodigio della moltiplicazione del pane e dei pesci, ma questo non basta a convincerli e decidono per l'abbandono.
o Praticamente Gesù ha posto i giudei di fronte alla difficile scelta di accogliere lui, pane disceso dal cielo, oppure di continuare a vivere come hanno fatto finora, accontentandosi del pane materiale. Ed essi non se la sentono di fare il salto nel buio, accogliendo senza ripensamenti Gesù, pane di vita. E i primi ad andarsene sono stranamente i discepoli, che a sorpresa entrano in scena solo in questo momento, non essendo stati nominati finora. Essi rifiutano le richieste impegnative del maestro, perché, dicono, la proposta è troppo "dura".
o Forse non hanno capito? O hanno capito male? No, no, è proprio perché hanno capito troppo bene che rifiutano. Si tratta di fare della vita di Gesù la propria vita, di vivere come lui e per lui. Non si fidano, nonostante i prodigi a cui hanno assistito: la moltiplicazione del pane e dei pesci, la misteriosa camminata sulle acque del lago.
o Gesù pare sorridere: "Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?". Ai discepoli e alle folle che trovano difficile sbilanciarsi e scegliere, ancora una volta Gesù rincara la dose e parla di altri prodigi, che metteranno ancora più a dura prova la loro fede.
o Gesù rispetta sempre la libertà, non obbliga nessuno a condividere le sue scelte, non li costringe a "mangiare la sua carne". Di fatto l'esperienza si chiude con un rifiuto e la profezia del tradimento di Giuda ("Gesù sapeva chi era colui che lo avrebbe tradito"). Ma anche con la risposta affermativa di Pietro. Alla domanda del maestro: "Volete andarvene anche voi?", Pietro a nome di tutti, esprime la fede del Dodici: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio". È la professione di fede che Gesù attende da ogni cristiano.

Attualizzare

* Siamo al termine del discorso sul pane di vita. Il dialogo è stato difficile e duro, fra l'incomprensione dei giudei e Gesù che con chiarezza ribadisce il suo pensiero. Le sue parole possono essere accolte o rifiutate, ma non negoziate, modificate, rese più accettabili. Gesù scandalizza, chiede di avere fede in lui senza tentennamenti. Ed essi dicono: "Questa parola è dura; chi può ascoltarla?".
* Tutto si conclude con lo scandalo, il rifiuto, l'abbandono. Gesù scandalizza, chiede di avere una fede senza ripensamenti in lui, nella sua persona, nelle sue parole. aMolti se ne vanno. Gesù li lascia andare. È fondamentale la libertà con Dio, il nostro rapporto con lui. Libertà religiosa vuol dire anche questo. Non forzare, rispettare i tempi di maturazione. Se ne vanno anche i discepoli, essi che lo hanno sicuramente conosciuto di più e meglio.
* Gesù addirittura lancia la sfida agli apostoli, disposto a rimanere solo a continuare la sua missione. Pietro, come abbiamo ricordato, riafferma la propria adesione a Gesù, il santo di Dio, con la più bella professione di fede. La stessa professione di fede che ci è raccontata dai vangeli sinottici, che però la collocano non a Cafarnao, come fa Giovanni, ma a Cesarea di Filippo.
* "Da chi andremo?", dice Pietro, ricordando che la nostra fede è Qualcuno, prima di essere un insieme di verità da conoscere e praticare. Essi erano ex pescatori, ex pubblicani, ex zeloti... il Signore li ha trasformati e ha riempito la loro vita di senso: non vogliono tornare indietro. Chi ha fatto una vera esperienza di fede, chi ha provato la vita nuova, non può sentire nostalgia del passato: "Mi hai guardato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio della tua pace" (sant'Agostino).
* Oggi anche noi, che partecipiamo a questa assemblea eucaristica siamo posti di fronte alla stessa scelta. Gesù moltiplica per noi il pane e il vino e ci chiede di dire con chi vogliamo stare. Dopo ogni lettura, abbiamo proclamato la nostra fede nella "Parola di Dio", nella "Parola del Signore". Questa parola ci pone ogni volta di fronte alla necessità di aderirvi o meno. Chiediamoci anche noi oggi quali divinità vogliamo servire: se "gli dei al di là del fiume" (Gs 24,15), divinità mute di legno o d'oro che non chiedono nulla, né che cosa fai, né se sei un disonesto e libertino o un violento (molte forme di nuova religiosità oggi sono assimilabili a questa); oppure il vero Dio, che ha assunto le sembianze umane, incarnandosi, e ci ha svelato i segreti di Dio sulla nostra vita e sul mondo.
* Il rischio, lo sappiamo, è di credere, ma non così tanto da capire che il Signore Gesù deve essere per noi qualcosa di assolutamente indispensabile, come il pane quotidiano. Mentre così spesso appena usciamo dalla chiesa poniamo la nostra fiducia in altre divinità più comode.
* Il nostro Dio ci chiede la vita, per assicurarci però un'esistenza nella sua pienezza. Si tratta solo di accoglierlo nella sua parola, di fidarsi di lui anche quando non tutto è chiaro, anche quando i fatti ci sconvolgono e ci travolgono.
* È un cammino che ha il suo fascino, pur nella lotta quotidiana per confermare ogni giorno le nostre scelte di fondo, che vanno sempre riconquistate e riaffermate.
* La parola di Dio di quest'oggi esemplifica poi, attraverso l'ultima parte della lettera agli Efesini, come si possa e si debbano esprimere queste scelte nella vita quotidiana. La lettera si conclude infatti con un riferimento ad alcuni ambiti di vita, tra i quali oggi viene presentato quello del matrimonio.
* L'adesione a Cristo porta con sé infatti un cambiamento di mentalità e di comportamento anche dei rapporti all'interno della famiglia, tra moglie e marito, con i figli. In ogni casa, tanti contrasti e incomprensioni nascono facilmente dal fatto di voler prevaricare sugli altri, tentando di avere il sopravvento o addirittura pretendendo di essere serviti dagli altri.
* Se le parole di Paolo in alcuni passaggi risentono della mentalità del tempo, il suo messaggio però è chiaro e le sue parole sanno di vera novità, sgorgando dal vangelo: "Siate sottomessi gli uni agli altri", dice. Nessuno deve dominare sul più debole, ma in tutti ci deve essere accettazione e rispetto, disponibilità al servizio, amore dimostrato.
* La "fede" che gli sposi si scambiano il giorno delle nozze diventa il simbolo di questo amore reciproco donato, e richiama un tipo di fedeltà che dovrebbe essere un impegno per tutta la vita.

Non respingere chi ti ama
"Dice il Signore Gesù: io sono tuo padre, tuo fratello, tuo sposo; io sono per te la casa, il vestito, la radice, il fondamento; tutto questo sono, se tu lo vuoi: nulla allora ti mancherà. Sarò io in persona che ti servirò, perché sono venuto nel mondo "per servire, non per essere servito" (Mt 20,28). Preoccupati solo di avere fiducia in me. Per te sono stato povero, sono vissuto mendicando; per te sono stato crocifisso e sepolto; tutto tu sei per me: fratello, coerede, amico, sei come una parte di me stesso, della mia persona. Cosa desideri di più? Perché respingi chi ti ama fino a questo punto?" (san Giovanni Crisostomo).

Noi ci vogliamo bene
La maestra parla di famiglia, e dice che c'è da essere contenti quando in una famiglia papà e mamma sono esigenti e severi. Poi fa una specie di indagine tra le sue piccole allieve. Quando chiede a una di loro: "Chi comanda a casa tua? Tuo papà o tua mamma?", si sente rispondere: "Da noi non comanda nessuno, perché ci vogliamo bene!".


Umberto DE VANNA

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