DON PAOLO ZAMENGO SDB "Il vento soffia "

 XXVI Domenica del Tempo Ordinario  FRAMMENTO Mc 9,38-43.45.47-48
Il vento soffia Il vento soffia
I dodici apostoli sono più preoccupati della difesa della propria categoria che non della guarigione di un pover’uomo. E il malcapitato deve attendere che gli esperti si convincano che
chi opera il bene, pur senza timbro ufficiale, proviene da Dio che è il bene assoluto.

Questione di principio, diciamo noi. E così i bisogni e le speranze dei poveri devono aspettare.  L’episodio ci ricorda disavventure simili. Un giorno diranno a Gesù: “Non ti è lecito guarire in giorno di sabato” (Mc 3,4; Gv 5,10). Niente miracoli di sabato! Per costoro è del tutto secondario che un malato ritrovi il sorriso. Per chi ama il codice, la legge vale più della felicità. Assurdo.

La risposta di Gesù provoca una specie di terremoto. Per lui, essere apostoli non è un privilegio ma un dono, non è una carriera ma un servizio, soprattutto non è un monopolio. Dio non è proprietà privata di nessuno. Nessuno ha in gestione l’appalto di Dio e ci invita a mettere da parte la gelosia.

Il Battesimo che ci lega profondamente e intimamente a lui non crea ostacoli, non alza steccati o barriere ma apre orizzonti, spalanca porte e finestre, costruisce ponti e ci impegna in un servizio libero, gratuito e generoso. E quanti lottano, anche soltanto a titolo personale, contro l’ingiustizia o la violenza e operano a servizio dell’amore, costruiscono il futuro. Sono tutti cooperatori del vangelo. E Gesù li chiama beati.

La reazione degli apostoli è quella di chi vuole impedire al  fiume del bene di straripare, di sprigionarsi e di propagarsi. Gesù li corregge e dice: “Non glielo impedite”. Perché? “Perché non c’è nessuno che fa un miracolo nel mio nome e dopo parla male di me”.  

Alla chiesa non si appartiene per certificati o timbri. Si appartiene alla chiesa quando l’amore per il prossimo è più forte dell’amore per se stessi. Si appartiene alla chiesa quando il proprio cuore riesce a percepire il battito del cuore di Dio dovunque esso risuona. Dio è presente quando nasce e si costruisce un progetto d’amore e di pace.

La chiesa e i cristiani non sono i padroni della verità: hanno solo  in custodia il vangelo e si impegnano ad annunciarlo dovunque e a chiunque. La chiesa, nel suo andare sulle strade del mondo, non può restringere i confini della misericordia di Dio. Perché “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va” (Gv 3,8).
Il Vangelo di oggi termina con parole dure: “Se la tua mano, se il tuo piede, se il tuo occhio ti scandalizzano, tagliali, gettali via”. Vangelo delle cicatrici, ma cicatrici luminose, perché le parole di Gesù non sono l'invito a una inutile mutilazione. Sono un linguaggio figurato e incisivo per dirci la serietà con cui dobbiamo pensare alle cose essenziali della vita.
Anche perdere ciò che sembra prezioso, come la mano o l'occhio, non è paragonabile al danno che ne avremo se sbagliamo la nostra vita.  Gesù ci invita a preoccuparci di più di una vita sbagliata che delle ferite dolorose della vita.
Concludo con le parole che Papa Francesco ha detto al mondo, in questi giorni del suo viaggio a Cuba: “Chi non vive per servire, non serve per vivere”.

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