FIGLIE DELLA CHIESA LECTIO DIVINA "Fa udire i sordi e fa parlare i muti "

Fa udire i sordi e fa parlare i muti (Mc 7,31-37)
XXIII Domenica del Tempo Ordinario
La Parola
Lectio
Contesto letterario: L’evangelista Marco, attraverso il racconto di molti miracoli e prodigi in cui si colloca anche il Vangelo di questa domenica, conduce gradualmente il discepolo all’identità di Gesù, alla consapevolezza del Suo mistero di uomo e Figlio di Dio. Sarà Pietro il primo discepolo a professare  “Tu sei il
Cristo”(Mc8,29)
Contesto liturgico: La liturgia del Tempo Ordinario, per annum, ci accompagna e ci guida nella quotidianità. La vita terrena di Gesù è esempio e modello perché cresca la nostra adesione a Lui e oggi Lui ci dice “APRITI”. Papa Francesco, dandoci alcune indicazioni su come intendere questa parola, così scrive: “Potremo fare esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia … apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli … le nostre mani stringano le loro mani.”(Misericordiae Vultus n.15)



“Gesù di ritorno…” Gesù si è allontanato dalla Galilea dopo uno scontro con i farisei sordi al suo Vangelo e si è recato nella regione pagana di Tiro dove una donna siro-fenicia, grazie alla sua fede, ottiene la guarigione della figlia da uno spirito impuro. Ora Gesù sta dirigendosi nel territorio della Decapoli. Là, durante una precedente visita, era stato cacciato dalla città di Gerasa per aver liberato un uomo da una legione di spiriti impuri. Entrambe queste guarigioni sono prefigurazioni del Regno, annunciato dapprima a Israele ma allargato a tutte le nazioni. In questo contesto Gesù aprirà le orecchie a un sordomuto del luogo.



“Gli condussero un sordomuto…”: Come in altri casi non è importante solo l’iniziativa dell’infermo, ma il sostegno dell’ambiente, non solo la preghiera individuale, ma la preghiera della comunità. Il percorso della fede è lento, è necessario essere accompagnati, camminare insieme, nessuno viene a Gesù se non è portato dai fratelli.



“Pregandolo di imporgli la mano…”: La mano esprime nella Bibbia la trasmissione di una potenza capace di trasformare, di soccorrere, di donare, “con mano potente e braccio teso ... in Egitto”(Dt4,34) il Signore libera dalla schiavitù gli ebrei e sempre cosparge di beni la creazione: “tu apri la mano, si saziano di beni “(Sal 104,28); con la mano Gesù custodisce tutte le sue pecore: “nessuno le rapirà dalla mia mano” (Gv10,28) e con la mano e la saliva guarisce anche il cieco nato:“… fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: Va’ a lavarti ….Egli andò e tornò che ci vedeva.”(Gv9,7)



“Lontano dalla folla…”. Per incontrare il Signore occorre staccarsi dalla folla, andare in disparte, Lui ci cerca per primo, ci aspetta, è fedele, ma a noi individualmente tocca accoglierLo per entrare in relazione con Lui e gustare, come Elia sull’Oreb e Zaccheo sul sicomoro, la sua Presenza, la sua Grazia, la gioia della Vita nuova.



“Pose le dita negli orecchi e con la saliva…”: Le dita di Dio e le sue mani creano l’universo: “se guardo il cielo, opera delle tue dita …”(Sal 8,4), ora le dita  e la saliva di Gesù hanno un significato determinante nella guarigione del sordomuto. Attraverso i sensi, come udito, tatto, vista e tante altre realtà fisiche, la fede passa e compie il suo percorso. Il Signore continua ad agire con noi ancora nello stesso modo quando dona se stesso, il suo corpo, come cibo sotto il segno del pane, l’Eucarestia, in cui dimora la Vita.



“Effatà, cioè Apriti …”: Ogni Parola di Dio è efficace e realizza sempre ciò che dice. Oggi Gesù dice effatà a ciascuno di noi perché ogni orecchio si apra all’ascolto della Scrittura e all’accoglienza dei suoi insegnamenti e ogni lingua annunci la “Buona Notizia” a tutti i popoli senza alcuna barriera né differenza sociale. A ciascuno di noi, se lo accogliamo, Lui rinnova il dono già avuto con il Battesimo, con il rito esplicativo chiamato appunto effatà, quando il sacerdote apre, simbolicamente, con un segno di croce, orecchio e bocca del battezzato perché “Il Signore Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la fede, a lode e gloria di Dio Padre” (Liturgia del  Battesimo). Questa Parola, quindi, è oggi un ulteriore invito a professare la fede che abbiamo ricevuto e a viverla seguendo Gesù che liberamente ha compiuto la volontà del Padre, si è fatto servo di ogni uomo, ha aperto le sue braccia sulla croce ed è morto per donare a tutti la pienezza della Vita: “perché tutti siano una sola cosa,… siano anch’essi in noi una cosa sola”. (Gv 17,21)



“Gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua…”. È l’attuazione dell’oracolo che la liturgia di oggi ci propone nella prima lettura: le guarigioni straordinarie che accompagnano la venuta del Messia: “Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi”(Is 35,6c).



“Comandò loro di non dirlo a nessuno”: Gesù comanda di non raccontare il suo miracolo ma le folle non comprendono, piene di stupore continuano a parlare dicendo: “Ha fatto bene ogni cosa”. Il silenzio, quando non è solo mancanza di rumore, è un segno importante nel cammino di fede, ci permette di entrare in relazione con il Signore, di uscire da noi stessi e di ascoltare la sua chiamata: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta … io cenerò con lui ed egli con me”. (Ap 3,20)



“Ha fatto bene ogni cosa”: Possa ciascuno di noi custodire nel cuore queste parole, sentirne la consolazione, anche nelle difficoltà, e con fede salda continuare a sperare.

 La potenza tangibile del Signore

Questa potenza imperscrutabile discese rivestendosi di membra tangibili, perché gli uomini senza speranza si avvicinassero a lui, e, toccando la sua umanità, ne percepissero la divinità: poi il Signore toccò questo muto con le dita del suo corpo; si avvicinò ai suoi occhi e toccò la sua lingua. A questo punto, per mezzo delle dita tangibili avvenne il contatto con la divinità intangibile. Sciolse la lingua del muto e aprì le porte chiuse dei suoi occhi (cf Mc 7,32-37), poi l’Architetto del corpo e Artefice della carne si avvicinò a lui e con la sua voce soave perforò senza dolore le sue orecchie ostruite. La bocca, che stava chiusa senza poter generare parola, elevò una lode in onore di colui che aveva fatto fruttificare la sua sterilità, generando in lui la parola. Egli, che concesse ad Adamo di parlare mettendo fine al silenzio e senza necessità di istruzione, concesse ai muti di parlare con facilità una lingua che si apprende con difficoltà. (cf Gn 1,27-28; 2,20). (Efrem il Siro, Inno al nostro Signore 10)



Sordi sono coloro che non ascoltano la voce del Vangelo

Restituì l’udito ai sordi. Fino ad allora non si era mai vista tale opera celestiale, ma con essa il Signore dichiarava che in breve sarebbe avvenuto che coloro che non conoscevano la verità avrebbero udito e compreso le parole divine di Dio. E in verità si possono chiamare sordi coloro che non ascoltano le divine verità e che rifiutano di compiere le azioni dovute. Fece in modo che le lingue dei muti tornassero a parlare, mirabile potere (cf. Mt 9,33; Mc 7,37), se si fosse limitato a fare anche solo questo: ma in questo potere vi era un altro significato, che manifestava gli eventi futuri: come fino ad allora ignari delle cose celesti, potevano ora parlare di Dio avendo appreso la scienza e la verità della Sapienza. (Lattanzio, Le istituzioni divine 4,26)



L’insegnamento di Gesù

Se egli conosceva la volontà umana e quel che avrebbe fatto quella genti lì sul momento e poi anche in seguito, e cioè com’essa tanto più ne avrebbe parlato quanto più perentori erano gli ordini di non parlarne, a che pro impartire tali ordini? A meno che non si pensi che egli, facendo ciò, voleva dare una lezione a chi sarebbe stato pigro nel ministero della predicazione, dicendo quasi alle persone incaricate di questo compito che debbono parlare di lui con diligenza e fervore molto grandi, dal momento che anche coloro ai quali la cosa era stata vietata non riuscivano a tacere. (Agostino, Il consenso degli evangelisti 4,4,5)



Cari fratelli e sorelle!

Al centro del Vangelo di oggi (Mc 7,31-37) c’è una piccola parola, molto importante. Una parola che – nel suo senso profondo – riassume tutto il messaggio e tutta l’opera di Cristo. L’evangelista Marco la riporta nella lingua stessa di Gesù, in cui Gesù la pronunciò, così che la sentiamo ancora più viva. Questa parola è «effatà», che significa: «apriti». Vediamo il contesto in cui è collocata. Gesù stava attraversando la regione detta «Decapoli», tra il litorale di Tiro e Sidone e la Galilea; una zona dunque non giudaica. Gli portarono un uomo sordomuto, perché lo guarisse – evidentemente la fama di Gesù si era diffusa fin là. Gesù lo prese in disparte, gli toccò le orecchie e la lingua e poi, guardando verso il cielo, con un profondo sospiro disse: «Effatà», che significa appunto: «Apriti». E subito quell’uomo incominciò a udire e a parlare speditamente (cfr Mc 7,35). Ecco allora il significato storico, letterale di questa parola: quel sordomuto, grazie all’intervento di Gesù, «si aprì»; prima era chiuso, isolato, per lui era molto difficile comunicare; la guarigione fu per lui un’«apertura» agli altri e al mondo, un’apertura che, partendo dagli organi dell’udito e della parola, coinvolgeva tutta la sua persona e la sua vita: finalmente poteva comunicare e quindi relazionarsi in modo nuovo.

Ma tutti sappiamo che la chiusura dell’uomo, il suo isolamento, non dipende solo dagli organi di senso. C’è una chiusura interiore, che riguarda il nucleo profondo della persona, quello che la Bibbia chiama il «cuore». E’ questo che Gesù è venuto ad «aprire», a liberare, per renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri. Ecco perché dicevo che questa piccola parola, «effatà – apriti», riassume in sé tutta la missione di Cristo. Egli si è fatto uomo perché l’uomo, reso interiormente sordo e muto dal peccato, diventi capace di ascoltare la voce di Dio, la voce dell’Amore che parla al suo cuore, e così impari a parlare a sua volta il linguaggio dell’amore, a comunicare con Dio e con gli altri. Per questo motivo la parola e il gesto dell’«effatà» sono stati inseriti nel Rito del Battesimo, come uno dei segni che ne spiegano il significato: il sacerdote, toccando la bocca e le orecchie del neo-battezzato dice: «Effatà», pregando che possa presto ascoltare la Parola di Dio e professare la fede. Mediante il Battesimo, la persona umana inizia, per così dire, a «respirare» lo Spirito Santo, quello che Gesù aveva invocato dal Padre con quel profondo sospiro, per guarire il sordomuto.

Ci rivolgiamo ora in preghiera a Maria Santissima, di cui ieri abbiamo celebrato la Natività. A motivo del suo singolare rapporto con il Verbo Incarnato, Maria è pienamente «aperta» all’amore del Signore, il suo cuore è costantemente in ascolto della sua Parola. La sua materna intercessione ci ottenga di sperimentare ogni giorno, nella fede, il miracolo dell’«effatà», per vivere in comunione con Dio e con i fratelli. (Papa Benedetto XVI, Angelus del 09 settembre 2012)

Commenti

Post più popolari