p. Alberto Maggi OSM"CHI NON E’ CONTRO DI NOI E’ PER NOI. SE LA TUA MANO TI E’ MOTIVO DI SCANDALO,"

XXVI TEMPO ORDINARIO – 27 settembre 2015
Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM
Mc 9, 38-43.45.47-48
[In quel tempo] Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni
nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo

impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare
male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi
assicuro, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli
venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo
di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due
mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo,
taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere
gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te
entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella
Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».
Gesù aveva dato ai suoi discepoli la capacità di liberare dai demòni, cioè di liberare da quelle ideologie
che impediscono di accogliere il messaggio della Buona Notizia. Ebbene, non solo essi non ne sono
capaci, ma tentano, con arroganza, di fermare quelli che lo fanno.
Infatti, scrive l’evangelista presentandoci Giovanni – Giovanni, insieme al fratello Giacomo, è stato
soprannominato da Gesù “figlio del tuono”, in aramaico “Boanerghes” (3,17), che dà l’idea del tuono,
per il loro fanatismo, per le loro intemperanze, per la loro violenza – che si rivolge a Gesù dicendo:
“Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome”. “Nel nome di Gesù”, non significa
usare la formula del nome di Gesù, ma identificandosi con Gesù.
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“E glielo abbiamo impedito”, e sentiamo la motivazione, “perché non ci seguiva”. Non può dire “perché
non seguiva te”, perché agisce nel nome di Gesù, ma “non seguiva loro”. Loro pretendono che tutti i
seguaci di Gesù facciano parte del gruppo dei discepoli.
Ebbene, Gesù amplia l’orizzonte della sua comunità e dice “Non glielo impedite” - ed è imperativo -
“perché non c’è nessuno che agisca con forza” - è questo il significato del termine adoperato - “nel mio
nome” , cioè identificandosi con me, “e subito possa parlar male di me”.
“Chi non è contro di noi è per noi”. Quindi Gesù ammette che ci possano essere suoi discepoli anche se
non appartengono al gruppo che pretende di avere il monopolio del suo insegnamento. E poi Gesù invita
anche i discepoli a identificarsi con lui: infatti dice: “chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua, nel
mio nome” – quindi invita anche loro ad identificarsi con lui, perché loro non lo sono ancora – “non
perderà la sua ricompensa”.
La presenza di Gesù e del Padre è la ricompensa di chi lo accoglie.
Ma poi, subito dopo Gesù di fronte a questo attacco di Giovanni con il quale il discepolo aveva
addirittura interrotto il suo importante discorso sul servizio, ecco che Gesù li ammonisce. “Chi
scandalizza”, cioè chi è di inciampo “uno solo di questi piccoli”.
Chi sono questi piccoli? Il testo greco ha il termine Micron che non indica i bambini; indica le nullità, le
persone emarginate, gli insignificanti della società. “Che credono in me”, quindi non sono bambini; sono
persone adulte che hanno dato adesione a Gesù, ma sono persone senza importanza.
Ebbene, le parole di Gesù sono terribili, sono tremende: se uno di voi mi fa inciampare una di queste
persone che credono in me, queste persone che hanno sentito parlare di questo messaggio di amore e
invece vedono che tra di voi c’è rivalità, queste persone che hanno sentito parlare di un messaggio di
fratellanza e invece vedono che tra voi ci sono divisioni - ebbene le parole di Gesù sono tremende – “è
meglio per lui che gli venga messa al collo una macina”, e poteva bastare, invece Gesù precisa “da
mulino”.
C’erano due tipi di macina, una domestica, quella girata dalla donna, e quella da mulino, che serviva per
il frantoio ed era pesante, “e sia gettato nel mare”. Perché Gesù dà queste indicazioni? Gesù dice che
questo individuo deve scomparire definitivamente e, per assicurarsi che scompaia definitivamente, deve
essere gettato nel mare, ma con una macina enorme – da mulino – fissata al collo. Perché? Gli ebrei
avevano il terrore di morire affogati; credevano che se si moriva affogati non c’era speranza di
risurrezione.
Allora Gesù dice che non basta gettarlo nel mare questo qui, perché poi il corpo può tornare a galla,
allora bisogna evitare che il corpo torni a galla per poi essere seppellito. Quindi le parole di Gesù sono
davvero tremende.
E poi Gesù dà una serie di avvisi alla sua comunità e dice: “Se la tua mano”, poi parlerà del piede e
dell’occhio; la mano indica l’attività, il piede la condotta, l’occhio il criterio con il quale si osservano le
cose della vita, “ti è motivo di scandalo”, cioè è motivo di inciampo per te, se fai un’attività che ti fa
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inciampare, Gesù è radicale “tagliala! E’ meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con
due mani andare nella Geènna”.
Cos’è questa Geènna? “Gêhinnôm” significa Valle di Hinnom; era ed è un burrone, a sud del tempio di
Gerusalemme, che al tempo di Gesù veniva usato come discarica dei rifiuti. Questi rifiuti venivano
continuamente ammucchiati e poi bruciati per eliminarli completamente. Quindi Gesù dice: “è meglio
che, anche se doloroso, ti togli qualcosa che ti impedisce la pienezza di vita, piuttosto che finire
nell’immondezzaio di Gerusalemme”.
E così via, Gesù parla del piede, parla dell’occhio. Ed ecco la finale; dice “E’ meglio per te tutto questo,
anziché essere gettato nella Geènna”, e Gesù qui cita il finale del libro di Isaia (66,24):“dove il loro verme
non muore e il fuoco non si estingue”.
Gesù non sta parlando di un castigo dopo la morte, tutt’altro. La finale del libro di Isaia illustra la pena
per gli israeliti che erano stati infedeli. La maniera per eliminare i cadaveri era duplice: da una parte
c’era la putrefazione, e dall’altra la cremazione. Ebbene qui il profeta le mette insieme, “ il loro verme
non muore”, quindi la putrefazione è completa, e “il fuoco non si estingue”, quindi la cremazione è
completa.
Significa la distruzione totale. O si entra con Gesù nella pienezza della vita, o, quando arriva la morte
fisica, questa trova un corpo svuotato di vita ed è quella che nell’Apocalisse (2,11; 20,6.14; 21,8) si
chiama “la morte seconda”, la fine totale dell’individuo.

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