TOMMASO STENICO«Lo stile di vita del cristiano»

Omelia nella 26 domenica per annunm 
«Lo stile di vita del cristiano»
Il brano del Vangelo di Marco proclamato dalla Liturgia della Parola della domenica XXVI è la continuazione di quanto è stato proclamato domenica scorsa. Si tratta di una serie di insegnamenti, non strettamente collegati tra loro,
destinati ai suoi discepoli. Gesù proseguiva il suo cammino verso Gerusalemme assieme ai suoi, e, in questo lungo itinerario, continuava a istruire i suoi discepoli su cosa sia la sequela e cosa comporti l'appartenenza a Lui. E lo faceva con un tratto pedagogico assai incisivo proprio perché la sua Parola toccasse il loro cuore e la loro mente scuotendoli perché i suoi insegnamenti non fosse facilmente dimenticati.
È ancora viva la scena di domenica scorsa quando chiese loro di cosa stessero discutendo lungo la via dopo che egli aveva annunciato la sua passione, morte e risurrezione. Essi non risposero nulla; e a ragione. Lungo la strada avevano discusso su chi di loro dovesse essere il primo, nonostante le tragiche parole di Gesù sulla sua passione e morte.

In questa pericope evangelica Gesù spiegò ancora meglio lo stile di vita del discepolo. Mentre la settimana scorsa la nostra attenzione è stata attirata dal protagonismo personale degli apostoli («avevano discusso tra loro chi fosse più grande»), ora la cifra è quella comunitaria. Giovanni riferì a Gesù un fatto capitato poco prima: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Giovanni intendeva impedire l’attività dell’uomo «perché non ci seguiva», cioè non era membro del loro gruppo. La preoccupazione - che riflette indubbiamente la cultura dell’epoca (ma non solo!) - è indice di una mentalità settaria di chi riteneva di detenere il monopolio della verità, della giustizia, del bene … Gesù respinse la l’obiezione che gli era stata fatta: «Non glielo impedite … chi non è contro di noi è per noi». E aggiunse con chiarezza: Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa». Infatti è sufficiente un gesto di simpatia e di solidarietà anche senza appartenere al gruppo dei discepoli, per ottenere la «ricompensa» a loro riservata, compresala partecipazione al regno.

Cristiano è colui che vive ogni cosa "nel nome di Gesù"; si chiama cristiano perché è di Cristo. Ciò che conta è la sua persona; lui è l'unico Maestro; noi siamo solo e sempre discepoli. Fin da subito la Chiesa delle origini scoprì, in questa consapevolezza, la ragione del proprio esistere, la gioia della propria libertà perché legata solo al Signore e alla sua vocazione "cattolica", ossia universale, perché tutti gli uomini sono fratelli in quanto figli dell'unico Signore. Gesù sogna una comunità per nulla autoreferenziale o padrona di Dio o circoscritta a un gruppo di eletti. Descrive, invece, una comunità attenta a tutti, rispettosa e accogliente verso tutti. Non pensa assolutamente a dei discepoli censori del sacro o, ancor più, detentori di Dio. Al contrario, è come se li invitasse a prestare attenzione agli innumerevoli segni della presenza di Dio. Gesù fa osservare che ogni opera di bene, da qualsiasi parte venga è sempre bene accettata, perché la sorgente della bontà e dell’amore è Dio stesso. Chi opera il bene è comunque e sempre dalla parte di Cristo e di Dio.

Mai meravigliarsi degli stili di Dio. Il Maestro non è monopolio di pochi intimi, ma un dono per tutti, nessuno escluso. L'unico che è degno di essere seguito è Gesù. E lui ha percorso una sola strada, quella del servizio e del dono della propria vita. Sarà il Signore, quindi, a riconoscere e a stabilire chi è dentro e chi è fuori la sua Chiesa. A noi resta solamente il dovere di amare.

Al racconto dell’esorcista estraneo fa seguito una piccola raccolta di detti incentrata sul tema dello scandalo e delle sue conseguenze.
1.  «Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile.

2.  Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna.

3.   Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato
con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

Il detto sullo scandalo mette in luce il rispetto verso l’altro che qualifica la vita della comunità cristiana. Gesù esige che nessuno sia costretto a fare qualcosa che sia contro la sua coscienza.
Il detto sulla necessità di tagliare il membro del corpo che dà scandalo mette in luce la radicalità con la quale il singolo discepolo e tutta la comunità devono seguire l’insegnamento di Gesù.
Lo scandalo (in senso letterale: frapporre un ostacolo) è un argomento di grande attualità anche ai nostri giorni quando i nostri comportamenti non consoni alla scelta di vita cristiana. Quei piccoli che possono trovare ostacolo alla loro fede - secondo il senso del testo evangelico - non sono i bambini, ma tutti coloro che, fragili nella fede, possono essere disorientati a causa degli insegnamenti e dei comportamenti di quanti si credono superiori per cultura e per tradizione cristiana.

Le parole durissime che il Maestro sottolineano, con un linguaggio iperbolico, qual è la via del discepolo. Essere di "scandalo" vuol dire far inciampare e cadere, o comunque non sostenere chi è debole e bisognoso di conforto. Noi pensiamo che la felicità stia nel conservare se stessi, nel camminare indenni in mezzo a questo mondo, nel non perdere mai nulla. Al contrario, dice Gesù, la felicità sta nello spendersi per il Vangelo, nel dare la propria vita per gli altri.

Cari amici,
Il vangelo registra questa tentazione che spesso appare nella comunità cristiana. Alcuni credenti pensano di avere il monopolio dello Spirito di Dio. Essi pensano che Egli può mostrarsi solo nel proprio gruppo e attraverso le loro azioni e le parole. E nel nome di una falsa fedeltà allo Spirito, lo negano agli altri e finiscono per mettere barriere alla Sua azione.
Cosa c'è dietro questo atteggiamento di Giovanni e dei suoi compagni?
In primo luogo c'è una idea errata di Gesù stesso che essi seguono. Non sanno che il Suo santo nome non è patrimonio di nessuno. Inoltre vi è la tendenza malsana a considerare nemici coloro che non appartengono al “nostro” gruppo.

Il testo del Vangelo di oggi è una vera lezione di vita e di comportamento morale in ragione a precise scelte di vita cristiana. Il Maestro vuole farci capire la gravità di certi nostri comportamenti e atteggiamenti sociali e morali che potrebbero dare scandalo sia quando ci comportiamo in termini integralisti ed escludenti, sia quando il nostro agire non è conforme alla vita cristiana e alla legge di Dio. La responsabilità di far deviare qualcuno dalla fede è molto grave e la minaccia del Signore è severissima: la Geenna.
Lo scandalo è un vero trauma dell'anima di chi lo riceve: un trauma che incide nel profondo del cuore dando un corso differente a un'intera esistenza. Un vero attentato all'anima.
Pertanto è tempo di interrogarci:
— La mia vita cristiana avvicina o allontana, appassiona o disgusta, incuriosisce o incupisce quelli che mi sono vicini?
— I miei familiari, i miei colleghi, il mio partner che idea hanno del mio rapporto con il Gesù Cristo?

La Parola è luce ai nostri passi e al nostro cammino anche se è come spada tagliente che mette a nudo le nostre povertà.
Il soffio dello Spirito aliti su di noi e, se necessario, ri-orienti la nostra vita cristiana.
— la mano da tagliare è quella del nostro desiderio di possesso e di conquista;
— il piede da mozzare è quello che ci allontana dai passi di Gesù;
— l’occhio da cavare è quello che desidera e cerca lontano dalla logica del Vangelo.

Al contrario, spesso possediamo,
— mani operose solo per le nostre cose;
— piedi che si muovono solo per i nostri affari;
— occhi che sono in cerca delle pagliuzze e non vedono la trave che è nei propri.

L’ammonimento di Gesù è forte: occorre togliere di mezzo lo scandalo a costo di privarci di quanto ci sembra importante per la nostra vita. Perdere ciò che è pre­zioso come la mano, l’oc­chio, il piede non è paragonabile al danno che deriva dall’aver sbagliato la vita.
Usiamo almeno una mano per aiutare chi soffre e gusteremo la stessa gioia di Gesù. Siamo fatti per il bene e la nostra coscienza potrà gustare la serenità solo a patto d’impegnarci sempre per il bene e di saperlo testimoniarlo e consegnare alle future generazioni.
Muoviamo i nostri passi sulla via del Vangelo e saremo testimoni dell'amore di Dio. Così comprenderemo quanto dice Gesù: "Chi vuol salvare la propria vita la perde; chi perde la sua vita per il Vangelo la ritrova".

O Dio,
tu non privasti mai il tuo popolo della voce dei profeti;
effondi il tuo Spirito sul nuovo Israele,
perché ogni uomo sia ricco del tuo dono,
e a tutti i popoli della terra
siano annunziate le meraviglie del tuo amore.



DAL SITO:

Umanesimo cristiano

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