Umberto DE VANNA SDB " Farsi il cuore, la mente, gli occhi di un bambino diventa realmente una conquista;"

20 settembre 2015 | 25a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
25a Domenica - Tempo Ordinario 2015
Per cominciare
"Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti", dice Gesù agli apostoli, in cerca di posti di prestigio e che ancora non comprendono le parole di Gesù. Poi, quasi a
sorpresa, propone loro di accogliere la vita come l'accoglie un bambino e aggiunge: "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me".

La parola di Dio
Sapienza 2,12.17-20. Contro il giusto si accaniscono i superficiali, gli empi, gli edonisti, disposti a tormentarlo e addirittura a condannarlo a una morte infame. Ma il giusto è nelle mani di Dio: sarà Dio a dire l'ultima parola e il soccorso gli verrà.
Giacomo 3,16-4,3. Continua la lettera di Giacomo, concreto come sempre. "Dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni", dice, perché è da qui che nascono le cattive azioni, le liti, le guerre.
Marco 9,30-37. Ancora una volta Gesù fa riferimento alla sua passione, morte e risurrezione. Ma gli apostoli non capiscono. Anzi, lungo la strada discutono su chi tra di loro occuperà i posti di maggior prestigio nel futuro regno predicato da Gesù.

Riflettere...

o Il libro della Sapienza nasce in ambiente greco, dove gli ebrei rischiavano di subire il fascino della cultura pagana ed edonistica. Preoccupato per il pericolo di subire una vera e propria contaminazione, l'autore mette sulla bocca degli empi proposte di vita inaccettabili per un vero ebreo. Particolarmente significativi i versetti che precedono il testo che ci viene proposto oggi: "Dicono gli empi fra loro sragionando: "La nostra vita è breve e triste; non c'è rimedio quando l'uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dal regno dei morti. Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati… Venite dunque e godiamo dei beni presenti, gustiamo delle creature come nel tempo della giovinezza! Saziamoci di vino pregiato e di profumi, nessuno di noi sia escluso dalle nostre dissolutezze. Lasciamo dappertutto i segni del nostro piacere, perché questo ci spetta, questa è la nostra parte. Spadroneggiamo sul giusto, che è povero, non risparmiamo le vedove, né abbiamo rispetto per la canizie di un vecchio attempato. La nostra forza sia legge della giustizia, perché la debolezza risulta inutile"" (Sap 2,1-11 passim).
o Come sempre il testo della prima lettura si collega al vangelo, dove Gesù parla di se stesso proprio come il giusto che viene perseguitato, condannato e messo a morte come un infame.
o Per la seconda volta Gesù ritorna nel vangelo di Marco sulla passione e morte che lo aspetta. Solo domenica scorsa ricordavamo Pietro che reagiva a queste parole e veniva rimproverato: "Tu non pensi secondo Dio". Nello stesso vangelo di Marco Gesù parlerà ancora una terza volta della sua Pasqua. Sono in viaggio verso Gerusalemme, Gesù cammina davanti a tutti, i discepoli lo seguono, ma alcuni hanno paura. Gesù li prende in disparte e li prepara con grande realismo a ciò che lo aspetta: "Il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà" (Mc 10,33-34).
o Gesù parla dunque di questi argomenti, ma gli apostoli pensano a tutt'altro. E si domandano per via chi tra di loro "è il più grande". Essi vivono in una società in cui il fariseismo ha messo radici: i titoli onorifici hanno grande importanza, si dà la caccia alle cariche e ai primi posti... La questione dei posti di onore coinvolgeva regolarmente il quotidiano di tutti: a tavola, nelle sinagoghe, per strada, nelle assemblee.
o Su questi argomenti Gesù interverrà più volte (cf Mt 23,5-7). E in questa circostanza si siede, assumendo la posizione del rabbino che dà lezione, e dice loro le parole che difficilmente adesso possono comprendere, ma che non dimenticheranno: "Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti". Se le ricorderanno così bene, che verranno riportate nei vangeli, con sfumature diverse, per altre sei volte: "Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato" (Mt 23,11-12). Fino a proporre se stesso come modello: "Chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22,27).
o In questo episodio Gesù dà il suo insegnamento accompagnando le sue parole con un fatto a sorpresa, alla maniera dei profeti dell'antico testamento. Chiama un bambino, uno a caso tra quelli che gironzolavano lì attorno, e lo mette in mezzo al gruppo degli apostoli.
o Davanti a quel bambino si sentono imbarazzati e anche un po' buffi quegli uomini fatti, che lentamente stanno prendendo coscienza della propria dignità e dei propri compiti. Ma il contrasto serve bene a Gesù per trasmettere un messaggio accompagnandolo con una immagine di particolare plasticità. Gesù, posando la sua mano sulla spalla di quel bambino, dice: "Se ci tenete tanto a diventare grandi agli occhi di Dio e a occupare i primi posti nel regno, dovete diventare come questo bambino".
o Gesù non dice agli apostoli che devono ripercorrere all'indietro i loro anni: chiede a loro di cambiare dentro, di operare una conversione, di acquistare la mentalità senza calcoli dei bambini, di abbandonare quel desiderio di superare gli altri che li sta prendendo: non amare di farsi chiamare "rabbi", "padri" o "guide" (cf Mt 23,8-11), non voler vivere di ambizione, non cercare di mettersi a un gradino più alto rispetto agli altri...
o Il bambino è anche uno che dipende docilmente e spesso interamente dagli altri. Anche da questo punto di vista diventa un modello per i discepoli, perché essi nel loro rapporto con Dio devono acquistare questa dipendenza docile e spontanea, che li fa vivere lasciandosi condurre per mano da lui.
o Gesù conclude le sue parole dicendo che chi accoglie un bambino per amor suo accoglie lui in persona. Questo immedesimarsi di Gesù nel bambino, ribadisce ancora una volta l'efficacia del modello proposto: il bambino, proprio perché indifeso, docile e incapace di ambizione, diventa una bella immagine di Gesù: egli che pur essendo Dio si è fatto piccolo, umile, per incontrare l'uomo, affinché nessuno avesse paura di lui.

Attualizzare

* Qual è la persona più importante della nostra città? E di tutta l'Italia? E del mondo? Le risposte si sprecano. È la televisione che lo stabilisce, sono i giornali, le riviste. Sarà il sindaco, un dirigente industriale, un cantante famoso, un giocatore di calcio, una velina… Insomma, uno che conta secondo l'opinione pubblica.
* Qual è l'opinione di Gesù al riguardo? Chi è la persona più importante secondo lui? La risposta ci viene nel modo più chiaro dalla parola di Dio di quest'oggi.
* Siamo in Galilea, Gesù è in viaggio verso Gerusalemme. A Cafarnao si confida con gli apostoli. Li ha scelti lui come amici, li tratta da amici. Non può nascondere loro il termine della sua vita, l'atroce esperienza della croce, la sua Pasqua. Una prima volta Pietro si è ribellato alle parole di Gesù. Questa volta invece tace, come gli altri. Non capiscono. Eppure l'antico testamento è zeppo di citazioni che presentano il messia come un "servo sofferente". La prima lettura, tratta dalla Sapienza, ne è un esempio. Si parla dell'ebreo giusto, la cui vita è di rimprovero per i malvagi. E allora congiurano di ucciderlo, e questa sua morte è una sfida a Dio, perché se davvero è giusto verrà a salvarlo.
* Gli apostoli non capiscono e discutono di tutt'altro. Essi aspettano che Gesù dia inizio al suo regno. Sono in viaggio verso Gerusalemme e lì si aspettano un ministero o qualcosa del genere. Il dialogo con Gesù ha qualcosa di buffo e di umiliante.
* Gesù domanda: "Di che cosa stavate discutendo per la strada?". Gli apostoli tacciono, si vergognano. Perché discutevano tra loro chi fosse il più importante. Insomma, gli apostoli sono persone come noi, come la maggior parte della gente di ieri e di oggi. Di che cosa parliamo noi? Quali sono i nostri pensieri, i nostri progetti? Non assomigliamo forse e parecchio a ciò che scrive Giacomo: "Siete invidiosi, pieni di desideri e non riuscite a ottenere; combattete, uccidete e fate guerra!"?
* L'ambizione può essere un sentimento giusto e legittimo se ci mette in condizione di servire meglio i fratelli. Altrimenti è fonte di guai, di gelosia, di avidità (seconda lettura). Tanto più in un apostolo, in un vescovo, in un prete, in un cristiano. Le comunità cristiane lungo i secoli non hanno dato sempre buon esempio. Nella chiesa, chi occupa i primi posti deve lasciare ogni desiderio di grandezza, non deve usarla come trampolino di lancio per raggiungere posizioni di potere, contare di più e dominare sugli altri.
* Anche nella società "non si deve avere paura di piegarci per lavare i piedi del mondo. La chiesa deve giocare come serva, non come riserva del mondo. La chiesa non vuole mai fare il braccio di ferro con il mondo... perché se mena vanto della propria bravura, tristi tempi verranno" (mons. Tonino Bello). I cristiani "entrano nel mondo non con la forza delle armi, il prestigio della finanza o le macchinazioni della politica, ma con lo spirito di colui che è "venuto a servire"" (Gianfranco Ravasi). aPer questo sono tantissimi tra i cristiani coloro che a ogni livello si sono presentati al mondo come modelli di umiltà: papa Giovanni, papa Luciani, san Francesco, don Bosco, Piergiorgio Frassati, tanti altri cristiani anonimi che sono vissuti nella disponibilità, nella semplicità, senza ambizioni e calcoli.
* Chi è il più grande? Chi è il più importante? Nel passo parallelo di Matteo, Gesù prende un bambino, lo pone in mezzo e dice: "In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli" (Mt 18,3-5).
* Oggi i bambini sono vezzeggiati, coccolati, viziati, al centro delle attenzioni di nonni e di parenti. Al tempo di Gesù invece erano tra coloro che non contavano nulla nella società. Ma Gesù si identifica con loro: "Chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me".
* Gesù nella sua vita non ha cercato per sé cariche pubbliche e posti di prestigio, né si è lasciato impressionare dai titoli onorifici di chi gli stava davanti, dalla loro esperienza, dagli anni e dai capelli bianchi: guardava ogni uomo negli occhi senza alcuna timidezza, gli leggeva sin nel fondo i pensieri e le intenzioni.
aNon si deve quindi confondere il dovere di diventare bambini e di farsi piccoli come un invito alla timidezza, a vivere da "imbranati", incapaci di responsabilità. Non si tratta di ridiventare o di rimanere bambini, di operare cioè un processo involutivo nella propria vita, ma di "diventare" bambini. Cioè di porsi questo obiettivo come oggetto di conquista, come un cammino di conversione verso un modo di vivere più vero, libero, meno complicato.
* Il bambino si fida, non teme "imbrogli", non fa calcoli, non si domanda se e quanto ci guadagnerà. La virtù della "prudenza" è invece un difetto proprio di chi ha già vissuto ed è diventato vecchio, di chi ha raggiunto l'immobilità della sapienza. aDiventare bambini è un invito a dimenticare quel che si è fatto e si è sofferto, non chiudersi in se stessi con risentimento o incupirsi per le amarezze trangugiate. Ogni giorno il bambino si apre con una disponibilità sempre fresca per le nuove esperienze.
* Farsi il cuore, la mente, gli occhi di un bambino diventa realmente una conquista; ed è vissuta indubbiamente in modo più consapevole e pieno proprio da chi più ha vissuto, si è donato, ha sofferto.
* Nella chiesa in ogni tempo i bambini hanno avuto accoglienza, rispetto, venerazione. Alcuni santi sociali si sono distinti proprio per aver dedicato l'intera loro vita ai piccoli. Talvolta qualcuno, anche tra i cristiani, guarda con sufficienza a chi come Gesù ama e si prende cura dei bambini. Invece proprio perché "piccoli", essi sono spesso indifesi, oggetto di strumentalizzazioni, incapaci di ribattere, di far riconoscere i propri diritti di persone. Non a caso il vangelo ci ricorda ancora oggi che chi tra noi accoglie i più piccoli è come se accogliesse lo stesso Gesù, equiparando questo servizio pastorale a quello dei predicatori del vangelo e dei profeti.

San Francesco o un ricco sceicco?
"Mi incontrai un giorno con una scuola media per un botta e risposta spontaneo che svelasse ciò che quegli adolescenti pensavano della vita, della fede, di tutto. Erano ragazzi e ragazze che nulla facevano per nascondere il loro culto del benessere. Forse erano figli di persone importanti. Il dialogo si avviò con difficoltà anche perché i ragazzi non sapevano cosa chiedere a un vescovo, per di più a un vescovo che stava sempre con i poveri, amava i poveri e anche lui se la passava da "povero Cristo". Tentai allora di avviare un dialogo e a bruciapelo feci questa domanda: "Chi vorreste essere nella vita quando sarete grandi?". In coro fecero il nome di una persona ricca e importante. Credendo di non essere stato capito formulai in altra maniera la domanda: "Ammettiamo che voi desideriate veramente la vostra felicità, la felicità dei figli di Dio: vorreste essere come san Francesco, che da ricco si fece povero? O come uno sceicco d'Arabia, che da povero diviene ricchissimo?". E anche questa volta la risposta fu fulminea: "Lo sceicco"" (mons. Antonio Riboldi).

Umberto DE VANNA

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