Don Paolo Zamengo, SDB "Volare "

Volare       Mc 10, 17-30 XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (11/10/2015)   
FRAMMENTO
Di quell’uomo sappiamo solo che era ricco. Il suo nome e il suo centro di gravità interiore sono stati
cancellati dalla fame di denaro che lo rende irriconoscibile. Ha consumato l’esistenza ad accumulare e a comprare cose, senza preoccuparsi di diventare, lui, prezioso davanti a Dio.
Un giorno quell’anonimo personaggio si accorge che nella sua cassaforte manca qualcosa, manca la cosa più importante della vita, la felicità. Decide allora di inseguire Gesù nell’estremo tentativo di ritrovare se stesso e di regalarsi finalmente la gioia.
La tradizione lo descrive come un giovane uomo. In realtà è un giovane invecchiato precocemente. I soldi gli hanno cambiato pelle, soffocato la volontà e spento l’energia. Si ritrova grigio, anonimo, senz’anima. E pone a Gesù la domanda.
Ci chiediamo però: “Perché questo giovane uomo non ha gioia nel suo cuore nonostante sia sempre stato fedele alla legge?”. È ricco ma non felice. È abitato, anzi è divorato, da una insoddisfazione radicale. Gesù lo guarda dritto negli occhi, fino nel profondo del suo cuore e gli offre l’opportunità della vita. Gli offre l’unico bene che non si trova sul mercato.
“Cosa mi manca per volare?”. Gesù gli legge quella domanda “dentro” e gli offre un altro baricentro. Ma l’uomo di terra vive di terra. L’uomo di terra insegue sempre e solo le cose, quelle che gli mancano.
Quell’uomo chiede di poter aggiungere qualcosa al suo discreto conto in banca. Invece Gesù non gli chiede di comprare ma di perdere tutto, gli chiede di spogliarsi. E così, a quell’uomo, cadono le braccia. I conti non tornano, non gli tornano più.
Perché non ha capito che Gesù non gli propone la povertà ma la condivisione, con i poveri e con i fratelli. Quell’uomo si spaventa. La proposta di Gesù gli sembra una trappola e preferisce rimanere sepolto nella terra della tristezza. Rimarrà triste per sempre. Il suo nome da allora sarà “se ne andò via triste”
La proposta di Gesù non ha dell’incredibile ma sconvolge chi intende la religione come una specie di investimento.  Un difficile e instabile equilibrio. Conservare il presente rassicurante e agiato e, contemporaneamente, assicurarsi il futuro da non perdere. I farisei vorrebbero continuare a guadagnare sulla terra e comprarsi anche il cielo.
Gesù, come abbiamo sentito, non aggiunge a quell’uomo nuovi comandamenti da osservare, gli chiede solo di alleggerire la borsa per camminare più speditamente e camminare insieme con lui, su altre strade, con altro cuore, per altri traguardi.
Gesù è abituato a utilizzare metafore volutamente paradossali, la trave nell’occhio, ingoiare cammelli, spostare montagne. Oggi Gesù estrae dal suo cilindro un’altra iperbole, l’immagine irreale del cammello che attraversa la cruna di un ago, per dirci della necessità urgente di scaricare la zavorra e liberarci dai pesi inutili se vogliamo avere qualche possibilità di entrare nel Regno.
Emerge così la nuova immagine di Dio. Il Dio di Gesù è un Dio leggero, un Dio libero. Gesù chiede anche a noi di liberarci da ciò che grava lo spirito, che appesantisce il cuore e ci impedisce di toccare il cielo. Bisogna volare. Con Gesù si vola. Ma per volare non basta l’amore alla legge, ci vuole la legge dell’amore.

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