Luca Desserafino sdb"Fissò lo sguardo su di lui"

11 ottobre 2015 | 28a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
Fissò lo sguardo su di lui
Il Vangelo di questa ventottesima domenica del tempo Ordinario, ci
mostra Gesù che esce per riprendere il cammino verso Gerusalemme. È un invito rivolto anche a noi perché ci lasciamo coinvolgere da Gesù nell'itinerario di una crescita spirituale.
L'indicazione generica che Marco ci offre del protgonista ci consente di immedesimarci in lui, intendendo come rivolti a ciascuno personalmente i gesti e le parole di Gesù.
L'uomo di cui parla il Vangelo di Marco "corre" verso Gesù. Ha fretta di incontrarlo. Cerca con urgenza una risposta per la propria vita. Gesù ha di fronte una persona genuina e religiosamente impegnata, a cui non basta la vita che fa: desidera la perfezione.
"Allora Gesù, fissatolo", il significato di questa frase possiamo tradurlo come: mettere lo sguardo dentro qulcuno. Non uno sguardo distratto, indifferente, atipico. Ma uno sguardo penetrante, carico di simpatia e d'affetto, che raggiunge l'interiorità di una persona e l'afferra sconvolgendola. "Lo amò": prese a volergli bene. Un amore concreto, espresso forse anche esternamente con un abbraccio.
Come non sentirci, pure noi, guardati e amati in questo modo? Un amore che si fa proposta ben precisa: "Va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi".
Essere chiamato da Gesù a convivere con Lui come suo discepolo è il dono più grande e insperato che a un uomo possa essere fatto, la fortuna più favolosa che gli possa capitare. Se Gesù ti chiama, è perché ti ama, perché vuole il tuo bene, sogna la tua felicità. Certo, un amore esigente.
Forse quel giovane, da fedele osservante della Legge, s'aspettava che il "Maestro", a cui chiedeva il segreto della felicità, gli proponesse qualche opera buona in più. Gesù invece gli propone un capovolgimento radicale della propria vita. Alla nostalgia del più e del meglio che il giovane manifesta, Egli apre un orizzonte nuovo: il tutto.
Ed è proprio questo che lo spiazza completamente. Non si tratta infatti di fare abbondanti elemosine, regalando il superfluo di beni, di tempo, di energie. Si tratta invece di "vendere" tutto, decidere di vivere nella dimensione del dono e della condivisione, affidandosi incondizionatamente a Gesù.
Il vendere e il donare i propri beni ai poveri costituisce la libertà necessaria per appartenere a Cristo. Gesù rivela a quel giovane, e a noi, che aderire a Lui è ormai il modo vero e unico di osservare i comandamenti.
L'appello rivolto al ricco è per tutti noi: mettere Dio al primo posto, legarsi incondizionatamente a Gesù. E' la vocazione fondamentale a essere discepoli di Cristo, è la vocazione battesimale. Su questa base, poi, i modi di "seguire" Gesù saranno diversi nelle varie forme vocazionali di vita. Ma l'appartenenza a Cristo, come conditio sine qua non, come condizione necessaria del discepolo, deve essere vissuta in modo radicale.
Gesù ci chiede di porre il progetto d'amore del Padre al di sopra di tutto, anche dei beni che abbiamo, e di considerare i poveri come nostri fratelli verso i quali siamo debitori di amore e di aiuto.
Essi hanno diritto al nostro amore e al nostro sostegno. Quel che chiede il Signore ha i tratti di una rinuncia, e in parte lo è, ma è soprattutto una grande sapienza di vita.
Ovviamente si tratta non della sapienza del mondo che spinge a rinchiudersi in se stessi e nelle cose del mondo, ma della sapienza che viene dal cielo e che ci apre alla comunione e all'amore.
Luca Desserafino sdb

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