MONS.Silvano Piovanelli"Il giovane ricco: quel «tale» siamo noi"
Domenica 11 ottobre - XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - «Vendi quello che hai e seguimi».
Mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro». Un tale: sei tu che, con la liturgia, in ginocchio davanti a Lui, domandi: «Maestro buono, cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?».
Gesù risponde elencando i comandamenti: Tu li conosci: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre. Quel «tale» (il passo sinottico di Matteo [19,20] ci dice che è un giovane) risponde: «tutte queste cose le ha osservate fin dalla giovinezza». Così quel «tale» assomiglia a tanti di noi che ci diciamo in pace con la nostra coscienza.
Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca …». Mentre ascolti queste parole, il tuo cuore dovrebbe sobbalzare, perché quello che è avvenuto a quel giovane, avviene a te: Gesù ti guarda, ti ama e ti parla: «Una cosa sola ti manca...» Cos’è che ti manca per vivere la tua vita come «sequela del Cristo»?
A queste parole quel tale si fece scuro in volto e se ne andò rattristato, possedeva infatti molti beni. Il Maestro non nascose la sua delusione e disse: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». E poi, riprendendo il discorso con i discepoli sconcertati, sottolineò, per chi non vuole o non sa rinunciare, la pratica impossibilità ad entrare nel regno di Dio: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago».
Possedere ricchezze. Ricchezze sono: il denaro, le cose, lo spreco, l’autosufficienza orgogliosa, la supremazia delle leggi economiche sulle leggi morali, il profitto fine a se stesso, l’egoismo, il piacere, la vanità, la prepotenza politica e culturale, eccetera. In realtà, noi tutti, con appena quattro soldi in tasca o con un grosso conto in banca, siamo quel «tale»! Per impedire ad un uccello di volare non è necessaria una catena, basta anche un semplice spago.
Che cosa mi impedisce di obbedire alla parola di Gesù: «Vieni e seguimi»? Tutti sono chiamati a seguirlo. Tutti: Gesù infatti «convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: “se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso se stesso, prenda la sua croce e mi segua”» (Mc 8,34).
Ognuno secondo la propria personale vocazione, secondo il suo stato di vita e la concretezza della situazione personale. Tutti sono chiamati a seguirlo, perché per definizione il cristiano è colui che segue Gesù Cristo. La forza di provocazione della Parola s’impone soprattutto in quel campo, tragico per l’uomo, che sono le ricchezze, le cose, i beni, l’autosufficienza. In questo campo il fedele - persona consacrata o laica - deve sistematicamente convertirsi, perché il fascino di questi idoli è potente e lacerante. La tentazione è quella del compromesso: forse non ci facciamo scuri in volto, e neppure ce ne andiamo rattristati, ma tuttavia cerchiamo di negoziare, ottenere degli sconti, minimizzare le esigenze evangeliche.
Pietro dichiara: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito»? È chiaro: non si può seguire senza lasciare. Lasciare non per disprezzo dei beni terreni, né per una rinuncia stoica o masochistica, ma per un bene superiore: «per causa mia e del Vangelo», ha detto Gesù. Nella certezza che già ora, in questo tempo, riceveremo cento volte tanto, pur insieme a persecuzioni perché siamo ancora nel cammino dell’esilio, ma, nel tempo che verrà, quando arriveremo nella patria, avremo la vita eterna.
Mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro». Un tale: sei tu che, con la liturgia, in ginocchio davanti a Lui, domandi: «Maestro buono, cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?».
Gesù risponde elencando i comandamenti: Tu li conosci: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre. Quel «tale» (il passo sinottico di Matteo [19,20] ci dice che è un giovane) risponde: «tutte queste cose le ha osservate fin dalla giovinezza». Così quel «tale» assomiglia a tanti di noi che ci diciamo in pace con la nostra coscienza.
Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca …». Mentre ascolti queste parole, il tuo cuore dovrebbe sobbalzare, perché quello che è avvenuto a quel giovane, avviene a te: Gesù ti guarda, ti ama e ti parla: «Una cosa sola ti manca...» Cos’è che ti manca per vivere la tua vita come «sequela del Cristo»?
A queste parole quel tale si fece scuro in volto e se ne andò rattristato, possedeva infatti molti beni. Il Maestro non nascose la sua delusione e disse: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». E poi, riprendendo il discorso con i discepoli sconcertati, sottolineò, per chi non vuole o non sa rinunciare, la pratica impossibilità ad entrare nel regno di Dio: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago».
Possedere ricchezze. Ricchezze sono: il denaro, le cose, lo spreco, l’autosufficienza orgogliosa, la supremazia delle leggi economiche sulle leggi morali, il profitto fine a se stesso, l’egoismo, il piacere, la vanità, la prepotenza politica e culturale, eccetera. In realtà, noi tutti, con appena quattro soldi in tasca o con un grosso conto in banca, siamo quel «tale»! Per impedire ad un uccello di volare non è necessaria una catena, basta anche un semplice spago.
Che cosa mi impedisce di obbedire alla parola di Gesù: «Vieni e seguimi»? Tutti sono chiamati a seguirlo. Tutti: Gesù infatti «convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: “se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso se stesso, prenda la sua croce e mi segua”» (Mc 8,34).
Ognuno secondo la propria personale vocazione, secondo il suo stato di vita e la concretezza della situazione personale. Tutti sono chiamati a seguirlo, perché per definizione il cristiano è colui che segue Gesù Cristo. La forza di provocazione della Parola s’impone soprattutto in quel campo, tragico per l’uomo, che sono le ricchezze, le cose, i beni, l’autosufficienza. In questo campo il fedele - persona consacrata o laica - deve sistematicamente convertirsi, perché il fascino di questi idoli è potente e lacerante. La tentazione è quella del compromesso: forse non ci facciamo scuri in volto, e neppure ce ne andiamo rattristati, ma tuttavia cerchiamo di negoziare, ottenere degli sconti, minimizzare le esigenze evangeliche.
Pietro dichiara: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito»? È chiaro: non si può seguire senza lasciare. Lasciare non per disprezzo dei beni terreni, né per una rinuncia stoica o masochistica, ma per un bene superiore: «per causa mia e del Vangelo», ha detto Gesù. Nella certezza che già ora, in questo tempo, riceveremo cento volte tanto, pur insieme a persecuzioni perché siamo ancora nel cammino dell’esilio, ma, nel tempo che verrà, quando arriveremo nella patria, avremo la vita eterna.
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