Carla Sprinzeles "Corriamo il rischio di vivere nella falsità,"

Commento su Marco 12,38-44 Carla Sprinzeles  
XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (08/11/2015)
Vangelo: Mc 12,38-44 
Oggi le protagoniste delle letture sono due vedove, perché
rappresentano le persone più deboli.
Nella struttura di quel tempo non c'erano pensioni e le vedove dovevano ricorrere all'elemosina e quindi vivere mendicando.
L'attenzione del Padre è verso i piccoli, i deboli, di cui le vedove sono la rappresentazione.
Noi oggi siamo orientati diversamente, anche perché nasciamo proiettati verso l'esteriorità, ci aggrappiamo all'esteriorità e anche crescendo non scompaiono questi atteggiamenti.
Proprio per questo, vogliamo apparire superiori agli altri, cerchiamo anche nell'età adulta di presentarci grandi in qualunque cosa facciamo, indossando maschere, perché non è vero.
Un altro meccanismo è aver bisogno della stima degli altri.
Noi diciamo che tutto questo è umano, non è vero, perché l'uomo nasce limitato, ma deve ancora diventare umano, figlio di Dio: la grandezza dell'uomo è Dio in noi, è l'azione di Dio in noi, la forza di vita che diventa qualità umana.
La nostra verità è che non abbiamo bisogno di ricorrere all'esteriorità, all'apparenza, ma lasciar fiorire ciò che siamo.
Corriamo il rischio di vivere nella falsità, nella menzogna e vivere l'esperienza del vuoto.
1 RE 17,10-16
La prima lettura, tratta dal I libro dei Re, ci presenta la vedova di Sarepta, a cui Elia chiede da bere e da mangiare, mentre lei non ne ha neanche per sé e per il figlio.
Non rifiuta l'ospitalità, questa vedova dà tutto ciò che ha all'ospite che arriva, pronta poi a morire, vive una dimensione universale in un abbandono fiducioso in Dio.
Fortuna che la vita non è solo di quel poco che sono, sarebbe misera cosa, ma è Dio.
"La farina della giara e l'olio dell'orcio non si consumeranno finché non venga la pioggia benefica".
Ella mette tutta la sua vita nelle poche cose che dà.
La paura è superata, si mette in gioco; non guarda a sé, rimane nell'umiltà.
Questo dono crea comunione, perché è condivisione, è amore.
Questa vedova è cresciuta, non è rimasta nell'esteriorità, si è fidata di qualcosa più grande di lei.
Cosa possiamo imparare dalla vedova di Sarepta?
La nostra cultura mette in evidenza i numeri, la quantità, e noi dimentichiamo il flusso di vita, la fedeltà di amore, che fanno procedere la vita, che invece è fondamentale.
Un' altra caratteristica della persona adulta è la gratuità dei gesti che compie.
Oggi neanche il dono è più gratuito, occorre che gradatamente cresciamo domandandoci: "cos'è che hai che tu non abbia ricevuto?"
Osserviamoci quali desideri abbiamo, quali fantasie coltiviamo, quali giudizi degli eventi diamo...
MARCO 12, 38-44
Gesù, nel brano di Marco che leggiamo, denuncia gli scribi, che amano farsi notare importanti e poi "divorano le case delle vedove".
Gli scribi erano dei teologi che, dopo aver dedicato la vita allo studio della Bibbia, a quarant'anni diventavano l'autorità che spiega la Bibbia.
Gli scribi portavano lunghe vesti per far notare che loro erano in contatto diretto con Dio.
Gia nel libro del Deuteronomio Dio aveva stabilito che bisognava mantenere le vedove.
Gli scribi, tradendo e trasformando l'insegnamento di Dio, dicono che le vedove devono mantenere il tempio.
Gesù questo non lo tollera! Gesù ci presenta un Dio padre che si occupa dei poveri.
Gesù, seduto di fronte al tesoro del tempio, dà un insegnamento.
Il tesoro del tempio era una stanza, con delle fessure, da cui tutti gettavano monete per mantenere il tempio, sacerdoti e scribi.
Gesù apprezza la generosità della vedova, la vede, mentre tutti gli altri non la notano neppure, sa dare a ognuno il peso reale, quell'importanza che non sempre appare agli occhi di chi s'immedesima con quello che luccica.
Ai suoi occhi non c'è uno più rilevante di un altro, perché ognuno è immagine di Dio, ognuno è amato dal Padre che vuole che "nessuno dei piccoli si perda".
Dà a ciascuno il suo spazio, gli rivela quanto sia presente al cuore del Padre e abbia molta importanza per lui stesso.
Il suo modo di guardare alle persone restituisce e rivela a ciascuno il suo valore, a prescindere da come appare, addirittura dal suo stato morale.
La gente stava bene con lui, perché lui stava bene con loro: non si lasciava disturbare dall'aspetto, sapeva scorgere la ricchezza umana e spirituale sotto qualsiasi veste.
Gesù non può tollerare che il Padre, difensore delle vedove, venga trasformato in colui che prende dalle vedove quello che hanno per vivere.
Il testo viene letto fino a qui, ma nel vangelo continua.
Un discepolo fa notare a Gesù la costruzione del tempio e dice: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!" Gesù risponde: "Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà pietra su pietra, che non sia distrutta."
Il tempio, che non mantiene le vedove, le persone non protette, dovrà scomparire perché frutto della mentalità e dell'insegnamento degli scribi.
Non più le offerte a Dio, ma l'eliminazione di qualunque culto che privi l'uomo della sua dignità e del suo benessere.
Il Dio di Gesù non chiede nulla agli uomini, ma è lui che si dà tutto.
La Chiesa non va avanti per la forza delle strutture, anzi le strutture diventano un peso, spesso.
Anche Ratzinger, quando era ancora cardinale e stava alla Congregazione per laDottrina della Fede disse un giorno: "La Chiesa cattolica rischia di collassare per il peso delle sue strutture."
Ma quello che conduce avanti la Chiesa è quella carica di vita che alcuni, anche se non riconosciuti, conducono avanti la fedeltà dei rapporti, nella contemplazione e nella dedizione al servizio, anche più umile.
E' importante rivedere i criteri dei nostri punti di vista: non è la quantità, ma è la qualità di vita che è essenziale.
Non sono i numeri grandi che determinano il valore delle cose che compiamo, ma la ricchezza di vita che sollecitiamo ed accogliamo.
Impariamo ad avere lo sguardo di Gesù, non fermiamoci all'apparenza, fermiamoci a perdere tempo con chi non ha peso, cerchiamo di essere quelli accanto ai quali uno si sente migliore.
Allarghiamo il cuore verso chi ci passa o ci vive accanto.

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