Don Giorgio Scatto "IL CAMMINO PIU’ LUNGO

1° Domenica di Avvento (anno C)
Letture: Ger 31,14-16; 1Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28.34-36
IL CAMMINO PIU’ LUNGO
MONASTERO MARANGO, 
1)“Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo su Gesù misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’amore del Padre”. Sono parole di papa Francesco, per l’inizio del Giubileo della Misericordia.

I momenti nei quali viviamo sono momenti di tragedia, di affanno, di lutto. C’è una litania interminabile di luoghi segnati dalla violenza distruttrice. E’ come se assistessimo, impotenti, allo sconvolgimento delle potenze dei cieli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna, nelle stelle». Ciò che ritenevamo stabile e sicuro, diventa ora incerto e fluttuante. La terra ci manca improvvisamente sotto i piedi. Sembra che il terrore, fino a questo momento trattenuto lontano da noi, abbia d’un colpo invaso le nostre città e le nostre piazze, i luoghi del divertimento e dello svago, seminando paura, morte e lutto. Siamo sconvolti.
La strada più breve è quella di credere di dover rispondere all’odio con l’odio, di sconfiggere la violenza con una violenza più grande, di ritenere che la guerra sia la risposta giusta ad atti di terrorismo che vogliono proprio questo: allargare il conflitto, rendendolo ingovernabile.
Il monaco Enzo Bianchi, con la sua nota capacità di leggere la storia e di interpretarla alla luce del Vangelo, scriveva qualche giorno fa: “Quel dio in nome del quale si combattono guerre spietate si chiama denaro. Un dio che regola il commercio delle armi e il contrabbando del petrolio, inquina gli affari di troppe banche e corrompe troppe persone al potere, condiziona rapporti diplomatici e perverte prospettive di crescita e di sviluppo, sfrutta, consuma e uccide il pianeta e quanti vi abitano. Arrendersi a questo dio e alla sua capacità di sedurre, rispondere al male con il male, alla morte sofferta con la morte inflitta, significherebbe che hanno già vinto loro, le forze del male” (La Repubblica, 19 novembre 2015).

Cosa dobbiamo fare quando «le potenze dei cieli sono sconvolte»?
La risposta del Vangelo di questa domenica di fine novembre, inizio di un nuovo Avvento, è semplice e immediata: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Le cose che accadono le vediamo, in tutta la loro raccapricciante brutalità: esse sono come ampliate – e talvolta distorte – dai moderni mezzi di comunicazione. Sarebbe più facile non vedere, non conoscere, per vivere nell’illusione di abitare in un mondo che esiste solo nelle fiabe, dove i problemi rimangono lontani e le disgrazie colpiscono sempre gli altri.
Alzare il capo significa invece vedere, comprendere, partecipare. Scrive ancora papa Francesco: “Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancor più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge” (Misericordiae vultus, n.15).

Allora, in questa lunga notte, nella quale gli astri non danno più la loro luce, cosa bisogna fare?
Una risposta significativa ce la dona il giornalista francese Antoine Leiris: sua moglie Helene è stata uccisa nella strage di Parigi. “Penso che bisogna fare lo sforzo di scegliere il cammino più lungo, complesso, duro. Quello della ragione, della riflessione e del perdono, quello di continuare a vivere” .
E’ proprio questo che significa stare attenti a noi stessi, non appesantire il cuore con slogan d’ordinanza, con emotività che annebbiano la volontà e l’intelligenza. Occorre sfuggire alla presa mortale di ciò che sta accadendo.
Sollevare il capo significa anche poter vedere «il Figlio dell’uomo venire su una nube, con grande potenza e gloria». La potenza non è quella delle armi, del sistema dominante, costruito per negare la libertà e la giustizia; la gloria non è l’effimera esaltazione mondana di chi si fa grande umiliando e massacrando gli altri uomini. La potenza e la gloria sono quelle del “Figlio dell’uomo”. In lui vediamo innanzitutto “il volto di un Dio svuotato, di un Dio che ha assunto la condizione di servo, umiliato e obbediente fino alla morte".
“Il volto di Gesù – sono ancora parole di papa Francesco – è simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. E quel volto ci guarda”. Quel volto ci dà forza nel momento presente e nei giorni a venire. Quel volto è il nostro Avvento. Ieri, oggi e sempre. E’ la nostra unica certezza, che ci consente di lottare “con la forza, la risolutezza, la tenacia di chi si oppone al male con il bene, di chi tesse ogni giorno la tela dell’umanità e della fraternità” (E. Bianchi).
Sì, il Signore realizza le promesse di bene, anche se ora tali promesse sono come un tenero germoglio, sempre esposto all’inclemenza del tempo e alla violenza degli uomini.
Il Signore, in questo tempo che esige consapevolezza e verità, mitezza e docilità allo Spirito, ci faccia crescere e sovrabbondare nella carità tra di noi e verso tutti.

Vieni, Signore Gesù!

Giorgio Scatto

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