Luca Desserafino sdb "Mi indicherai il sentiero della vita"

15 novembre 2015 | 33a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
Mi indicherai il sentiero della vita
Le parole di Gesù che leggiamo in questa domenica fanno parte di un discorso che appartiene al genere apocalittico, un genere che si esprime attraverso un linguaggio immaginoso. Questo discorso di
Gesù non racconta la fine del mondo, ma il senso della storia.

Per valutare le cose in profondità e non lasciarsi ingannare dalle apparenze, è necesario che noi discepoli usciamo dai tempi brevi e spingiamo lo sguardo lontano: è per questo, e solo per questo, che l'ultimo discorso di Gesù non parla direttamente della Croce, che pur continua ad essere in qualche modo presente, ma del ritorno del Figlio dell'uomo in potenza e gloria.

Quest'ultima affermazione vuole rassicurarci che l'efficacia nascosta della Croce, cioè quella sua possibilità di gloria e di vittoria che ora rimane nascosta, alla fine dei tempi apparirà di fronte a ognuno in tutto il suo splendore.

Questo è il cuore dell'annuncio: un evento molto lieto, non da temere come un pericolo, ma da desiderare. Attorno al Cristo glorioso saranno raccolti tutti coloro che si sono lasciati diventare i suoi per ricomporre la famiglia e celebrare la festa eterna.

Anche se la storia dell'umanità è solcata di lacrime, il disegno di Dio ha un finale non di fallimento definitivo, ma di sorprendente e totale positività. Questo futuro ultimo non avrà l'aspetto miaccioso di un nemico o di un estraneo, ma avrà il volto di una persona cara, la più cara.

Avrà il volto di Gesù risorto e di una famiglia universale riunita attorno a Lui per la vita e beatitudine eterna. Il dolore e le persecuzioni non sono risparmiati ai discepoli, ma essi sanno che alla fine ci sarà la vittoria trionfale di Cristo e la famiglia sarà interamente ricomposta per la grande festa del Regno.

In questo annuncio di Gesù sentiamo vibrare tutta la sua speranza, che desidera comunicare anche a noi, al di là di ogni allarmismo e catastrofismo, perché, nello scorrere della nostra vita e della storia non ci lasciamo ingannare da ciò che è estremamente precario, ma sappiamo puntare il cuore là dove ci attende la vera gioia.

La tentazione è, appunto, quella di vivere come se non dovessimo aspettare più nulla o nessuno, dimenticando che ogni giorno, ogni attimo, ci viene donato perché ci prepariamo responsabilmente a quell'incontro.

La Sacra Scrittura ci invita ad avere davanti agli occhi questo futuro verso cui siamo diretti: la fine del mondo non è la catastrofe, ma l'instaurazione della città santa che scende dal cielo. Una città, ossia, una realtà concreta non astratta che raccoglie tutti i credenti attorno al loro Signore. Questo è il fine e, in un certo modo, anche la fine della storia.

Questa città santa, non deve solo essere passivamente attesa, ma deve essere seminata già da ora nella nostra storia, affinché tale città possa crescere e trasformare la vita dell'umanità a sua immagine.

Non si tratta di un innesto automatico e facile. Gesù ci parla di opposizioni e persino di tradimenti, insomma è un cammino che richiede vigilanza, attenzione e perseveranza.

C'è la fatica quotidiana che ogni credente deve compiere per costruire quel mondo nuovo che Gesù è venuto ad iniziare.

Nonostante ciò, il credente non deve mai "gettare la spugna", ma continuare ad essere testimone credente perché accoglie con la propria vita e nella propria vita la Parola stessa di Gesù: "Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me".

Luca Desserafino sdb

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