Michele Antonio Corona II Domenica di Avvento (Anno C)

Commento su Luca 3,1-6
Michele Antonio Corona
II Domenica di Avvento (Anno C) (06/12/2015)
Vangelo: Lc 3,1-6
Il vangelo di Luca, e in particolar modo i primi capitoli, sono organizzati attraverso lo schema retorico della syncresis, una sorta di parallelismo
tra due personaggi. Molte biografie di personaggi famosi venivano strutturate secondo un continuo richiamo parallelo tra due personaggi noti, ad esempio "Vite parallele" di Plutarco. Luca attua questo processo ponendo in parallelo Giovanni Battista e Gesù. Infatti, nei primi capitoli si narra l'annuncio della nascita dei due, la loro nascita, la loro circoncisione, la vita nascosta e l'istruzione, la predicazione e, nel resto del vangelo, la loro sorte.
Per questo motivo, la liturgia ci propone la figura del Battista per poterne leggere in filigrana la vicenda ed il messaggio stesso di Gesù. Guardare il precursore e ascoltare la sua parola è già esperienza di Cristo, visione del Figlio di Dio, contemplazione del Messia.
La pericope del vangelo liturgico inserisce Giovanni in un quadro storico (non sempre corretto) costellato di nomi e personaggi: l'imperatore romano, il governatore della Giudea, tre tetrarchi di differenti regioni, due sommi sacerdoti e, infine, Giovanni. Questi è l'unico a non avere un titolo specifico, ma è appellato come "figlio di Zaccaria". Luca sembra ironizzare sul fatto che i sette personaggi titolati hanno un ruolo di potere nella storia, ma non hanno alcuna capacità di leggerne il senso, di annunciare una svolta, di intravedere come quel tempo sia occasione di grazia. Giovanni, invece, investito della "parola di Dio" si mette in movimento da e verso il deserto.
L'irruzione della parola di Dio ricorda l'investitura carismatico-occasionale dei giudici, i quali erano chiamati a salvare Israele dall'oppressione e ricondurlo a Dio, dopo l'idolatria e il peccato. Tale aspetto non è assente nel ruolo del Battista, il quale annuncia un ritorno al Signore attraverso il battesimo di conversione. Egli è, dunque, come un giudice che precede il popolo nel cammino verso il suo Dio e, in modo particolare, prepara la strada definitiva al Messia. Neppure Giovanni sa bene come sarà il Cristo, in che modo porterà a compimento la salvezza definitiva. Come i giudici, neppure Giovanni è padrone della Parola di Dio, ma ne è servitore, ascoltatore e destinatario.
Al capitolo 7 di Luca è indicativa la domanda di Giovanni a Gesù: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?". È evidente che anche il Battista deve imparare la grande novità evangelica che modifica radicalmente l'idea di un Messia principe, autoritario, politico, militare, sacerdotale in senso classico. Inoltre, Giovanni è certamente assimilabile ad un profeta che annuncia la parola di Dio, pur non comprendendola in modo pieno.
L'oracolo di Isaia prevede un Messia travolgente e riconoscibile per la sua potenza. Gesù risponderà a Giovanni che il segno messianico è "i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il vangelo". La parola di Isaia viene adempiuta in un modo propriamente divino: l'amore. Il segno per riconoscere il Cristo e la sua opera salvifica è l'attenzione agli ultimi, la compassione per i malati, l'annuncio ai poveri, lo sguardo verso i dimenticati. "Preparare la via del Signore" allora potrebbe essere proprio questo cammino di educazione all'altro, inteso come dono di Dio per vivere in pienezza il vangelo di Gesù. Il versetti 6, "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio", sembra più un augurio utopico rispetto a ciò che viviamo ogni giorno.
Ci chiediamo: come vedo la salvezza in un mondo pieno di odio, soprusi, violenza, morte, arrivismo e oppressione? Quando si realizzerà questa parola? Ai pastori che vegliano l'angelo annuncia la nascita del Cristo dicendo: "Ecco per voi il segno: un bambino avvolto in fasce, adagiato su una mangiatoia" (2,12). Ecco il segno della salvezza: la vita che continua a germogliare come fuscello che può essere spezzato e non come fusto imponente e tronfio. Un bambino, creatura indifesa e fiduciosa, è il segno della messianicità del Cristo, della novità evangelica, della logica di Dio imperniata su un amore totale e rispettoso.
Giovanni è voce non potenza, è parola non editto, è annuncio non decreto.

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