P. Ermanno Rossi O.P."Gesù Cristo Re Dell'universo"

XXXIV Domenica Ordinaria – Anno B (Gv,18,33-37)
Gesù Cristo Re Dell'universo
Gesù si dichiara re solo nella sua passione. Quando vogliono prenderlo per farlo re - dopo la moltiplicazione dei pani -, egli fugge.
La regalità che egli afferma di fronte a Pilato, ha delle caratteristiche che a noi sfuggono. Infatti, chi governa le nazioni, in qualche modo le domina, primeggia; dà un servizio, ma ne richiede molti altri. Quindi, un re in croce, coronato di spine,
sputacchiato-flagellato-disperato, turba, lascia perplessi; tanto più, poi, perché si presenta come Figlio di Dio. “Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso”, gli gridano sotto la croce. “Se Dio è suo padre, lo salvi ora!”. Ciò non avviene; ed ecco lo scandalo.
Per capire la regalità di Gesù, occorre tener presenti due aspetti diametralmente opposti: l'annientamento sulla croce, e la visione cosmica che di lui ci dà S. Paolo:
“Egli è l'immagine del Dio invisibile generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà.
Tutte le cose sono state create per mezzo di lui. Egli è prima di tutte le cose. Perché piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza… ” (Col 1,12-20).
È paradossale che Gesù sia stato investito della sua regalità di Re dell'universo proprio sulla croce, in forza della sua passione e morte.
In realtà, Egli è re quando perdona, quando riconcilia col Padre, quando usa misericordia: in una parola quando salva.
Cristo Re è Cristo Salvatore. È allora che introduce gli uomini nel suo Regno: “Oggi sarai con me in Paradiso!”, dice al ladro pentito che gli aveva chiesto con fede: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno!”. Quale delicatezza, quanta fede in quest'uomo che i delitti non avevano abbrutito! E quale sublimità nel Cristo morente che - dimentico di sé - promette e dona il Paradiso; e, poi, a chi? ad un ladro e a un assassino.
Gesù non smentisce mai stesso: Egli accoglie pubblicani e meretrici. Colpito a tradimento, umiliato in tutti i modi, schiacciato da ribaldi e truffatori, prega il Padre: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno!”. Entra in cielo col corteo di un ladro!
La regalità di Cristo è regalità d’amore.
“Ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messo in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È Lui, infatti, (il Padre) che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati…”.
Egli tornerà a prenderci per introdurci nel suo Regno, se saremo stati fedeli a lui che è l'amore. Di questo abbiamo una caparra nella sua preghiera onnipotente: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; perché tu mi hai amato prima della creazione del mondo”. (Gv 17,24).
“Marana-tà”. “Vieni, Signore Gesù!”: così pregavano i primi cristiani. Con gli Angeli e i santi, inneggiamo anche noi al nostro Re, Cristo, col canto dell'Apocalisse:
“Alleluia.
Ha preso possesso del suo Regno il Signore nostro Dio, l'onnipotente.
Rallegriamoci ed esultiamo,
rendiamo a lui gloria,
perché sono giunte le nozze dell'Agnello;
la sua sposa è pronta”.

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