Bruno FERRERO sdb"Se vogliamo che il Messia arrivi davvero...."

6 dicembre 2015 | 2a Domenica di Avvento - Anno C | Omelia
Se vogliamo che il Messia arrivi davvero....
A una comunità ebraica molto osservante fu annunciato che nella notte solenne del sabato di Pasqua sarebbe arrivato il Messia. Avrebbe cominciato la sua missione proprio dalla loro comunità.

Quel sabato tutti si radunarono.
Le donne avevano preparato la cena, rispettando ancora più scrupolosamente del solito le prescrizioni della tradizione e della Legge, gli uomini avevano provato a lungo la musica, i canti e le danze. Sapevano che quella notte, finalmente, il Messia sarebbe arrivato. La festa cominciò…
Mezzanotte: di là a poco l'avrebbero visto!
L'una del mattino: il suo arrivo era imminente.
Le due: i cuori battevano più forte.
Le tre: la stanchezza cominciava a farsi sentire.
Le quattro: alcuni cominciarono a perdersi d'animo.
Le cinque: tutti sonnecchiavano e sbadigliavano… Il Messia non arrivava ancora…
A mezzogiorno, il Signore tanto atteso bussò finalmente alla porta! Entrando disse educatamente: "Scusatemi, ma ho incontrato un bambino che piangeva e mi sono fermato a consolarlo".
Finché ci saranno bambini che piangono, il Messia non arriverà.
Questo nostro mondo è pieno di gente che piange. Così anche quest'anno il Messia sarà in ritardo o forse non riuscirà proprio ad arrivare.
E anche questo sarà un Natale come tutti gli altri.
Il profeta Baruch ci ha però appena invitati alla speranza:

Sorgi, o Gerusalemme, sta' in piedi sull'altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo come sopra un trono regale.

Qualcosa si sta muovendo, sta avvenendo qualcosa di nuovo. Dio stesso si è messo all'opera per aprire una strada che porti il suo popolo a incontrare il Salvatore. Il Signore ci viene incontro: questo è il mistero del Natale. Giovanni Battista ripete l'invito del profeta Isaia: anche noi dobbiamo fare la nostra parte e preparare la strada perché il Messia possa arrivare:

Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate.

Sarà la volta buona? Il Signore troverà la strada per arrivare a noi? Dio usa un navigatore satellitare molto particolare per raggiungere i suoi figli.

Molti eremiti abitavano nei dintorni della sorgente. Ognuno si era costruito la sua capanna e tutti passavano le loro giornate in profondo silenzio, meditando e pregando.
Ognuno, raccolto in se stesso, invocava la presenza di Dio.
Dio avrebbe voluto andare a trovarli, ma non riusciva a trovare la strada. Vedeva solo puntini lontani tra loro nella vastità del deserto.
Un giorno, per una necessità improvvisa quanto assoluta, uno degli eremiti si recò da un altro. Sulla strada che percorse rimase una piccola traccia. L'altro eremita ricambiò la visita e la traccia si approfondì. Anche altri eremiti cominciarono a scambiarsi visite, con frequenza sempre maggiore.
Qualche tempo dopo Dio, che era sempre invocato dai buoni eremiti, si affacciò dall'alto e vide una ragnatela di sentierini che univano le varie capanne. Tutto felice, il Signore disse: "Adesso sì! Ora ho una strada per andarli a trovare".

Ma com'è difficile tracciare quei sentierini.
Dobbiamo ammettere che siamo più propensi ad alzare barriere e scavare trappole che ad abbattere ostacoli e colmare valli.
Può trattarsi di inezie ripetute: piccole mancanze di considerazione, commenti affrettati, meschine crudeltà, parole non dette o buone intenzioni continuamente rimandate.
Nei verbali delle sentenze di divorzio abbondano quelle che, sommate, si chiamano "divergenze inconciliabili", e che, esaminate con attenzione, si riducono a piccoli contrasti insignificanti di questo tipo:

Lei mi interrompe continuamente quando parlo. Mi fa impazzire!
Lui non raccoglie mai le cose che lascia cadere.
Lui non riesce a prendere decisioni e cambia continuamente idea.
Lei è piena di fissazioni. Ho perfino paura di toccare un posacenere nel timore di non riuscire a rimetterlo perfettamente al suo posto. Per lei conto meno di un posacenere!
Lui si addormenta tutte le sere davanti al televisore. Tanto varrebbe che vivessi da sola.
Lui parla sempre; non dice nulla di importante; parla e basta.
Lei non aspetta altro che io torni a casa per potermi raccontare nei dettagli ogni tragedia quotidiana, ogni avvenimento infelice.

Nessuno di questi comportamenti è di per sé ineluttabilmente deleterio, ma tanti sassolini formano una montagna e tanti colpi di zappa scavano un burrone. Le meschine irritazioni quotidiane distruggono anche la storia d'amore più bella.

All'uscita dalla scuola d'infanzia, un papà abbraccia la sua bambina che gli è corsa incontro a braccia aperte.
Poi, prima di farla salire in auto, le chiede: "Quante guerre hai dichiarato oggi?"

Quante guerre abbiamo dichiarato nelle ultime 24 ore?
Come può Gesù venire a nascere in mezzo a noi, nella nostra famiglia, nella nostra parrocchia, nel nostro quartiere?
Come possiamo concretamente preparargli una strada?

San Paolo ce lo ha detto chiaramente:

Prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.

Facciamoci qualche bel regalo: rispolveriamo l'amore familiare, il rispetto, la tenerezza, l'ascolto, l'accoglienza.

Una ragazza era di pessimo umore. Aveva tutti gli aculei ritti, come un porcospino tormentato da un cane. Troppi compiti a casa, troppe interrogazioni, troppo tutto... ecco! La madre le ripeteva la solita predica, con ragionamenti, spiegazioni e raccomandazioni.
La ragazza si rabbuiò ancora di più. A un certo punto guardò la madre dritta negli occhi e scandì: "Mamma, sono stanca e stufa delle tue prediche. Perché invece non mi prendi tra le braccia e mi tieni stretta? Nessun consiglio potrà mai farmi altrettanto bene!".
La madre rimase a bocca aperta. Gli occhi della figlia imploravano un abbraccio. Con la voce rotta dal tentativo di trattenere il pianto, disse: "Vuoi... vuoi che ti abbracci? Ma sai che anch'io... anch'io voglio che tu mi abbracci?". La mamma accolse la figlia fra le braccia aperte e la strinse a sé, come se fosse stata ancora una bimba.

Chiunque, qualunque sia la sua età, anche a ottant'anni, ha bisogno del conforto di un abbraccio, di essere tenuto stretto, di un'espressione concreta d'amore. Spesso diventiamo troppo riservati, troppo timidi per mostrare i nostri veri sentimenti. Li nascondiamo allora dietro una maschera fredda e severa, per la paura di lasciar intravedere la nostra vulnerabilità alle persone che amiamo, ma solo il calore umano ci può salvare dal grande freddo di quest'epoca.

La tenerezza è tutto ciò che sarebbe potuto sorgere nell'ottavo giorno della Creazione se solo... l'umanità avesse fatto ancora un piccolo sforzo.

Lo sforzo che dobbiamo fare se vogliamo che il Messia arrivi davvero.

Bruno FERRERO sdb

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