DON Paolo Scquizzato, «Il Verbo si fece carne»

OMELIA 2a Domenica dopo Natale. Anno C
«In principio era il Verbo, 
Vangelo da brividi.
«Il Verbo si fece carne» (v. 14).
Il Verbo, il Logos s’è fatto persona. Carne della mia carne, sangue del mio sangue.

Il ‘principio’ che creò il mondo, quello spirito, quella luce, quell’energia che ha fatto deflagrare l’universo intero all’origine del tempo, ora è mia carne e mio sangue. È dentro di me. Io sono frammento di universo, mi porto dentro questa potenza incommensurabile.
Ciò grazie a colui ‘tutto è stato creato’ (v. 3; Col 1, 15ss.), ora è venuto ad abitare in mezzo – dentro – di me (v. 14).
E come questo ‘principio vitale’, il Logos, non cessa di creare e ri-creare l’universo, allo stesso modo mi crea e mi ricrea, come sorgente che in modo inesauribile inonda, feconda e vivifica. A me non rimane che prenderne coscienza e lasciarmi irrorare, dargli spazio, diventando così ‘figlio di Dio’ (v. 12). Questa ‘luce’, che tutto creò (cfr. Gn 1, 3; Gv 12, 8) adesso “m’illumina d’immenso” e divenuto diafano, sono in grado d’illuminare il mondo attorno a me immerso nelle tenebre e riportarlo alla luce.

«E il Verbo si fece carne e divenne me».
È questo il momento di dire sì, di acconsentire, di lasciarsi fare, plasmare, trasformare. Siamo templi di un tesoro inestimabile (cfr. 1Cor 6, 19).
Tutti. Nessuno escluso.
L’amore originante e creante, s’è fatto ogni carne, ha abitato, impregnato ogni essere (cfr. Lc 3, 6), fosse pure disprezzato, sporco, indegno, malato, omicida.
Ciascun uomo è ora frammento di Dio, abitato dall’energia divina che tutto crea e rinnova. Perché il dono precede il merito.
Da qui la profonda e incommensurabile dignità di ogni persona, al di là di ciò che ha commesso, della propria morale, del proprio stato fisico, del proprio credo e di qualsiasi altra cosa.
Da qui la grande responsabilità di ciascuno a scoprire il frammento di luce presente nell’altro. Siamo tutti chiamati, come cercatori di perle, ad immergerci nell’altro per trarne fuori il tesoro nascosto; siamo chiamati – nella relazione con l’altro – a separare dal fango, la perla nascostavi dentro, valorizzarla, per riportarla allo splendore originario. Non è questo in fondo ottemperare al comando di Gesù: «Venite. Vi farò diventare pescatori di uomini»? (Mc 1, 17).

«Il Verbo si fece carne» (v. 14).
Ora se vogliamo tornare alla consapevolezza della nostra vera natura, tornare a dirci chi siamo veramente, occorre ridonare un nome a chi l’ha perduto, disseppellire il frammento di luce dalla coltre pesante di una vita difficile.
Non si dà altra strada: ci si illumina illuminando!
Il Natale è proprio questo. Questo venire lentamente alla luce di sé, far emergere il divino in noi, e questo si realizzerà tuffandosi nell’abisso del cuore altrui, per riportarlo all’asciutto permettendogli finalmente di tornare a respirare.

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