P. Ermanno Rossi O.P.IV Domenica DI AVVENTO – Anno C

IV Domenica DI AVVENTO – Anno C
(Lc 1,39-48)


Luca ci presenta oggi due donne, Maria ed Elisabetta. Esse sono testimoni gioiose della venuta di Dio nella loro esistenza.
Maria è riconosciuta come “la Madre del Signore”, come “colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore”. Tutta la sua grandezza ed il suo ruolo sono misurati, dunque, nel Signore. Non è lei a far venire il Signore; ma è piuttosto il Signore che viene in lei, per nascere da lei. In Maria, dunque, risplende la gratuità della venuta del Signore.
Anche Elisabetta è testimone dell'iniziativa gratuita di Dio. Ella non avrebbe potuto avere un figlio senza un dono speciale di Dio. E se riconosce in Maria la presenza del Signore, é perché anch’ella “fu piena di Spirito Santo”.
Nella “povertà” di queste due donne - l'una vergine, l'altra sterile -, Dio fa nascere una vita nuova. Ambedue esultano in Dio, che ha operato meraviglie nella loro esistenza. È Dio che ha fatto “venire” i loro figli; è il potere di Dio che le ha salvate dalla loro “povertà” e le ha arricchite del dono dei figli. Ma il figlio di Maria non è un bambino qualsiasi: è il Figlio di Dio e il Salvatore.
Nell'AT c'era una corrente che aspettava la salvezza di Dio attraverso la figura di un re; ebbene, Dio sceglie di venire nel Figlio di Maria che non ha dignità regale. Dio, infatti, non intende instaurare un nuovo Stato al posto di quello di Davide e di Salomone, ma una comunità di figli suoi. E i membri del “popolo di Dio” sono quelli che - come Elisabetta e Maria - hanno fede nella potenza salvatrice di Dio.
La beatitudine di Maria è, dunque, quella della fede, vale a dire dell'apertura e della disponibilità a Dio: “Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore”. La sua fede è la condizione perché il Signore venga a liberare il suo popolo.
Due donne sono, dunque, agli inizi del NT.
Nella nostra devozione siamo abituati a pensare a Maria quale grande Regina, esaltata e amata; ma pensiamo chi era Maria quando andò incontro a S. Elisabetta. Era una ragazzetta sconosciuta, povera e semplice; perché donna, poi, era all'ultimo gradino della scala sociale. Ebbene, è precisamente a lei che Dio ha dato la vocazione più grande, il dono più bello!
Dio l'ha scelta perché Egli non ha bisogno di grandi mezzi per far cose grandi; anzi si serve degli umili e dei deboli per manifestare la sua misteriosa potenza.
Che cosa prendere dalla liturgia d’oggi come parola di vita da meditare e da vivere e così prepararci al Natale? Proporrei la parola tratta dall'acclamazione al Vangelo:
“Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me quello che hai detto”.
Maria è attiva nel custodire la Parola di Dio; appena, infatti, ha ricevuto l'annuncio dell'Angelo, parte per andare a servire la cugina Elisabetta. Lei vive già il mondo nuovo che acclama con la voce. Alla cugina dice che il Signore ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti e ha innalzato gli umili, ha rimandato i ricchi a mani vuote e ricolmati i poveri di bene. Lei non canta qualcosa che dovrà avvenire; ma racconta la sua esperienza, la sua umile ed esaltante avventura divina. Lei vive già quello che Giovanni il Battista annuncerà come venuto nel mondo.
Maria è l'umanità nuova che vive la nuova legge di Dio, legge di giustizia e d’amore.
Maria - come Gesù - è colei che ha adempiuto la volontà del Padre.
Allora - in questi giorni che ci separano dal Natale - mettiamoci nello stesso atteggiamento di Maria, vale a dire nella disposizione di fare pienamente la volontà di Dio.
Se ci sforzeremo di vivere così, il Natale sarà per noi - come per Maria - l'inizio di una divina avventura.

Note:
[1]Hans Hurs von Balthassar, Luce della Parola, Piemme, I ed. 1990, pag. 255-256.

Commenti

Post più popolari