Paolo Curtaz, "CONTAGI"

Quarta Domenica di Avvento
Mic 5, 1-4; Sal. 79; Eb 10, 5-10; Lc 1, 39-48
Lc 1, 39-48
Contagi
Il cuore batte nel suo piccolo petto, mentre le mani, istintivamente, si allacciano ad abbracciare il ventre che ancora non mostra nessun segno di gravidanza.
Ha convinto lo sposo silenzioso, la piccola Mariam, e si sono messi in viaggio verso la Giudea, per trovare Elisabetta, la lontana parente.
L’angelo l’aveva citata, per manifestare la misura senza misura della potenza di Dio. anch’essa, sterile e in età avanzata, avrebbe avuto un bambino, quindi Maria, anche se vergine, non aveva di che preoccuparsi. Forse lei sa. Forse lei potrà dire se è tutto vero.

O se è l’inizio di un delirio di allucinazioni in cui sta sprofondando.
Ed eccola, ora, la piccola Maria che scende dal somarello che l’ha portata, aiutata dal suo amato sposo. Elisabetta l’ha vista arrivare, si asciuga le mani nel grembiule, sta sulla soglia della porta mentre Zaccaria si affretta verso la coppia per aiutarli con i pochi bagagli.
È questa la scena che oggi la Parola ci propone, a poche ore dal Natale.
Questo il colpo d’ali che ci viene chiesto per salvare questo Natale travolto dalla paura.
Ma no, noi non moriamo di paura perché sembra prevalere il caos, diamo retta, piuttosto, alla logica di un Dio che salva il mondo nel deserto, che invia la Parola non sui potenti della terra, ma nel cuore di un profeta bislacco e consumato. Ed è lui, il profeta, a dirci come fare, dove andare, che direzione prendere: piccoli gesti di umanità e di giustizia, nel momento in cui disumanità e ingiustizia stanno prevalendo.
Anche noi sentiamo che questo tempo è gravido di Dio.
E lo portiamo nel grembo della nostra piccola vita. Forse non tutti se ne accorgono, ma chi, come Elisabetta, ha uno sguardo profondo che trova il coraggio di osare, di andare oltre, sì. Assolutamente.

Beata
Come hai fatto a credere?, le dice Elisabetta
A credere che l’infinito toccasse terra. Che l’Assoluto si comprimesse nell’acerbo ventre di un’adolescente. Che Dio si spogliasse.
Come hai fatto a credere?, ripetiamo, stupiti e sorridenti. Quasi imbarazzati da tanta fede schietta e sincera, debordante e immensa.
Solo la fede ci salva, solo la fede ci aiuta a capire, solo la fede ci aiuta a salvare questo Natale, a non spegnerci o ubriacarci per non vedere il mondo occidentale implodere, travolto dalle sue paure e dalle sue menzogne.
La fede in un Dio compagno degli uomini, un Dio che ora c’è, un Dio che ci rende più uomini.
Ed è con fede che io, Paolo, voglio affrontare questo Natale. Con tutta la fede di cui sono ancora capace.

Contagi
La gioia è contagiosa, lo sappiamo bene.
Zaccaria e Giuseppe in fondo al cortile, guardano divertiti la scena che si svolge sotto i loro occhi. Li immagino anche benevolmente invidiosi.
Sono cose fra donne e noi uomini, giustamente, non possiamo che assistere. Sono cose riservate alle madri e noi maschi, correttamente, dobbiamo ammettere la nostra estraneità al miracolo della gestazione. Trovo bellissima questa scena, fatta la tara al tributo poetico di san Luca.
La trovo così autentica, così credibile!
Quando si scopre l’opera di Dio, l’azione dello Spirito nella nostra e nell’altrui vita, si sperimenta una gioia intensa. E la gioia contagia.
Maria ed Elisabetta sono colme di gioia perché vedono cosa Dio sta compiendo in loro e grazie a loro. La loro non è solo un’emozione intensa, ma la presa di consapevolezza di ciò che sta veramente accadendo. Si caricano a vicenda, si aiutano reciprocamente a scoprire le tracce dell’opera di Dio.

Lamentazioni ora e sempre
È così sconfortante incontrare persone che, quasi sempre, si lamentano!
Ho quasi paura nel chiedere alle persone: come va? So già che, mediamente, le risposte che ricevo sono una infinita litania di disgrazie e di cupezza.
Maria ed Elisabetta si contagiano in positivo, si costruiscono a vicenda, si raccontano le grandi opere che Dio ha fatto nella loro vita. Riconoscono l’intervento della grazia nella loro vita di fede e la condividono.
Le nostre vite, lo sappiamo bene, alternano momenti positivi ad altri decisamente negativi, nascite a lutti, benedizioni a disgrazie. Poi, certo, ci sono le eccezioni, in positivo e in negativo. Vite straordinariamente fortunate o drammaticamente sfortunate. Ma, mediamente, sappiamo bene che la nostra vita porta con sé un carico di gioia e uno di dolore. È ingenuo, infantile ed illusorio attendersi una vita senza momenti di fatica! Dio è onesto con noi: l’esperienza della sofferenza ci permette, se vogliamo, di spalancare il nostro cuore ad una dimensione più autentica e profonda dell’essere.
È così che scopriamo l’eternità e l’Eterno e la vita eterna (che è la vita dell’Eterno in noi).
È il nostro sguardo che decide cosa mettere in evidenza, cosa rimarcare, cosa portare in primo piano.
Maria ed Elisabetta vedono il positivo e lo sottolineano.

Allora
Imparassimo da queste due donne a vedere il bicchiere mezzo pieno! E a gioire delle gioie altrui!
Maria ed Elisabetta si caricano a vicenda. Ma in positivo, senza deprimersi!
Diventano l’una per l’altra segno di consolazione, come siamo chiamati a fare anche noi gli uni per gli altri. Siamo chiamati a vedere sempre il lato luminoso delle persone e delle cose.
E a dirlo, a raccontarlo, a testimoniarlo.
Felice un cristiano che sa rendere felici gli altri!
Felice chi sa vedere il futuro con lo sguardo di Dio, con un sorriso!
Felice chi ha la percezione, aiutato dallo Spirito, di intravvedere nelle pieghe delle proprie alterne vicende l’inarrestabile progetto di Dio!

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