Don Bruno FERRERO sdb"SOLO GESU' PUO' TRASFORMARCI"

17 gennaio 2016 | 2a Domenica T. Ordinario - Anno C | Omelia
SOLO GESU' PUO' TRASFORMARCI
Sei persone, sorprese dal caso nel buio di una gelida nottata su un'isola deserta, si ritrovarono
ciascuna con un pezzo di legno in mano. Non c'era altra legna nell'isola persa nelle brume del mare del Nord.
Al centro un piccolo fuoco moriva lentamente per mancanza di combustibile.
Il freddo si faceva sempre più insopportabile.
Accanto a quel fuoco c'era una donna. Un guizzo della fiamma illuminò il volto di un immigrato dalla pelle scura. La donna se ne accorse e strinse il pugno intorno al suo pezzo di legno. Perché avrebbe dovuto consumarlo per scaldare uno scansafatiche venuto nella sua terra a rubare pane e lavoro?
L'uomo seduto accanto a lei vide una persona che non simpatizzava per il suo partito. Mai e poi mai avrebbe sprecato il suo bel pezzo di legno per un avversario politico.
La terza persona era vestita malamente e si avvolse ancora di più nel giaccone bisunto, nascondendo il suo pezzo di legno. Il suo vicino era certamente ricco. Perché doveva usare il suo ramo per un ozioso parassita?
Il ricco sedeva pensando ai suoi beni, alle due ville, alle quattro automobili e al sostanzioso conto in banca che lo aspettavano. Le batterie del suo telefonino erano scariche, doveva conservare il suo pezzo di legno a tutti i costi e non consumarlo per quei pigri inetti da cui si sarebbe allontanato ben volentieri.
Sul volto scuro dell'immigrato si dipinse una smorfia nella fievole luce del fuoco ormai spento. Stringeva forte il pugno intorno al suo pezzo di legno. Sapeva bene che tutti quei bianchi lo disprezzavano. Non avrebbe mai messo il suo pezzo di legno nelle braci del fuoco. Era arrivato il momento della sua vendetta.
L'ultimo membro di quel mesto gruppetto era un tipo gretto e diffidente. Non faceva nulla se non per profitto. Dare soltanto a chi dà era il suo motto preferito. "Me lo devono pagare caro questo pezzo di legno", pensava.
Tutte quelle persone furono ritrovate con i pezzi di legno stretti nei pugni, immobili nella morte per assideramento.
Non erano morti per il freddo di fuori, erano morti per il freddo di dentro.
Anche nel primo miracolo di Gesù, che abbiamo appena ascoltato nel Vangelo, c'è un simbolo simile: qualcosa di essenziale viene a mancare e Gesù cambia la situazione.

Come preludio al racconto dell'evangelista Giovanni potremmo permetterci di avanzare una curiosità. Stiamo accompagnando l'inizio della missione di Gesù. Gesù deve farsi conoscere e non ha molto tempo. Quale sarà il suo primo importante segno di riconoscimento?
Eccolo qui. Ed è una vera sorpresa. Anche perché non avremmo potuto immaginare qualcosa di più politicamente scorretto.

Tutto comincia a un banchetto di nozze. Ci saremmo aspettati una cornice più solenne e spirituale per l'inaugurazione del regno messianico, ma chi ha un minimo di familiarità con la Bibbia sa che il simbolismo della festa e del banchetto, come del resto quello delle nozze di Dio con il suo popolo, sono cari alla Bibbia per parlare dell'amore di Dio. Anzi, la festa nuziale è il traguardo assoluto del cammino dell'umanità, lo scopo ultimo della creazione.
Lo abbiamo ascoltato nella prima lettura:

Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.
A Cana, il Messia si presenta come il vero sposo e il suo nome è Gesù. Lo presenta ufficialmente Maria, sua madre. Maria ha aperto la porta e ha reso possibile la festa tra Dio e l'umanità. Maria ricorda al popolo d'Israele (simboleggiato qui dai servi) la sua promessa. Nel Sinai tutti avevano giurato: "Tutto quello che il Signore ha detto, noi lo metteremo in pratica".
Maria sa che il Signore è lì con loro, che è suo figlio Gesù e quindi dice semplicemente:

"Qualsiasi cosa vi dica, fatela".

Quello che avviene è meraviglioso. Sta per mancare il vino della festa. La gioia sta per trasformarsi in delusione, vergogna, mortificazione, sofferenza.
Gesù provvede a un'enorme sovrapproduzione di vino. Dato che, in base ai ritrovamenti, si conoscono le dimensioni delle anfore per il vino dell'epoca e si può stimare il numero medio di partecipanti a una festa di nozze, grazie al misterioso operato di Gesù furono messi a disposizione di ogni invitato circa 70 litri. Ci vuole un bel po' prima di finire di bere un tale tesoro.
Con tale abbondanza di vino Gesù illustra che abbondanza e benedizione illimitate sono la caratteristica distintiva del Messia. Dio dà e dona senza limitazioni, vuole fare questo già ora e tanto più alla fine dei tempi.

"L'hanno bevuto tutto?", si chiede un padre della Chiesa.
"No, perché noi continuiamo a berne!", è la risposta.
Tra poco avremo sull'altare il vino nuovo del Messia: il segno del suo dono totale per amore.
La nostra vita si trasformerà? Quanto manca ancora alla nostra gioia per essere piena?
Anche la gioia della nostra festa, della nostra vita, può essere offuscata o addirittura spenta. L'acqua di Cana è anche il simbolo dell'antico rituale giudaico diventato ormai inutile, perché il Messia è arrivato.
L'acqua delle giare di pietra cede il posto al vino nuovo, grazia e dono dello Spirito di una vita nuova. Quante cose della nostra vita dovremmo paragonare a quell'acqua! La nostra insensibilità, la nostra ignavia spirituale, la propensione ad abdicare troppo spesso al nostro ruolo di papà, mamma, figlio, studente, marito, moglie, o a rinunciare a vivere da cristiani.
Quanti di noi sono spiritualmente inerti, come le sei persone della nostra storia…
Una ragazza di vent'anni scrive: "Non ho più una ragione per alzarmi al mattino, la vita non è fatta per me, o forse io non sono fatta per la vita". Quanti strappi e quante lacerazioni sono alla base del grido: "Non ti voglio più bene!", o: "Non provo più niente per te!".
Su tutti noi, su questo mondo, sulla Chiesa Maria dice a suo figlio:

"Non hanno vino".

Solo Gesù può trasformarci. Solo con lui possiamo trovare la gioia unica che ci consente di affrontare anche la sofferenza e le avversità, il dolore, la vergogna e l'umiliazione.
Il vino della Nuova Alleanza che berremo tra poco è la memoria concreta della Passione di Gesù che apre la porta alla gioia senza fine della Risurrezione.
Se anche noi possiamo condividere le parole del Vangelo:

i suoi discepoli credettero in lui

la nostra vita sarà cambiata. E potremo dire:

"hai tenuto da parte il vino buono finora".

Don Bruno FERRERO sdb

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