don Luciano Cantini " Andare fuori"


Andare fuori
don Luciano Cantini  
IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/01/2016)
Vangelo: Lc 4,21-30 
Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato

La conclusione della lettura del vangelo di domenica sorsa, adesso diventa l'inizio. Letteralmente «Oggi si è compiuta questa Scrittura nei vostri orecchi». L'orecchio, come per dire l'uomo, è luogo di compimento della Parola, come lo stesso uomo è luogo di compimento della Eucarestia. In altre parole siamo chiamati ad un coinvolgimento totale nella nostra relazione con Dio e con l'uomo. Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale (Rm 12,1). C'è connessione tra spirituale e materiale.
Gli davano testimonianza
Luca ha un modo di raccontare decisamente diverso ma Marco (6,1-6) e Matteo (13,53-58), meno negativo, anzi gli abitanti di Nazareth dapprima davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca. Una meraviglia giustificata se si consideravano le origini di Gesù: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Dunque meraviglia e perplessità si accompagnano quando la conoscenza umana fa da filtro e impedisce di guardare oltre; gli abitanti di Nazareth era cresciuti con lui, avevano frequentato la stessa Sinagoga, molti saranno stati i clienti di Giuseppe e suoi. Fa parte del nostro limite separare l'umano dal divino, tenere gli ambiti distinti così ché, se vogliamo credere in Gesù Figlio di Dio, dobbiamo dimenticare che è figlio di Giuseppe. Ancora oggi è così, psicologicamente abbiamo bisogno per credere che l'umanità del Cristo sia in qualche modo soffocata dalla sua divinità.
Fallo anche qui
Molto provocatoriamente Gesù ricorda due fatti (1Re 17 e 2Re 5) in cui la grazia di Dio va oltre i confini della appartenenza a Israele. Gesù che è buon conoscitore dell'animo umano citando il proverbio Medico, cura te stesso, rivela un desiderio nascosto di miracoli e prodigi fallo anche qui, nella tua patria! Questa espressione, propria di Luca, mette in guardia i concittadini di Gesù, i cristiani a cui si rivolge l'autore del vangelo e soprattutto noi che lo stiamo ascoltando oggi.
Due sono gli atteggiamenti negativi che Luca denuncia: da una parte il bisogno del miracolo, di qualche segno per aprirsi alla fede, mentre è vero sempre il contrario; dall'altra una sorta di esclusività o di specifica elezione come se Dio appartenesse ad una terra o ad una cultura.
Vediamo ancora oggi una certa confusione tra Fede e Religione, tra la testimonianza di prìncipi e il loro uso per scopi politici. Ancora oggi c'è chi identifica il cristianesimo ed i suoi simboli con l'occidente perdendo di vista la "cattolicità" (universalità) del Vangelo. Ancora oggi l'uomo tenta di provocare una risposta di Dio per garantirsi la sua incredulità.
«Nessuna patria può pensare che il figlio del falegname le appartenga. Nessuna sinagoga, nessuna Chiesa può rinchiudere in se stessa Gesù» (Bessière).
Gesù, davanti alla sua gente è estremamente chiaro, deciso tanto da provocare la reazione dei suoi concittadini: dalla meraviglia, alla perplessità fino allo sdegno.
Gesù «veniva a svelare che la loro obbedienza a Dio non era che una forma simulata di attaccamento a se stessi, alle glorie patrie, all'istinto di potenza» (Balducci).
Se vogliamo conoscere, capire l'azione di Dio dobbiamo uscire dai nostri confini, andare Sarèpta di Sidòne o incontrare Naamàn, il Siro. Dobbiamo uscire, andare fuori.
«I popoli santi - l'antico Israele o il nuovo popolo dei battezzati - devono continuamente convertirsi per camminare verso quei luoghi sempre nuovi dove Gesù vuol compiere il miracolo dell'umanità rinnovata» (Bessière).

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