don Luciano Cantini "Nella concretezza dell'incarnazione"

 Nella concretezza dell'incarnazione
don Luciano Cantini  
Battesimo del Signore (Anno C) (10/01/2016)
Vangelo: Lc 3,15-16.21-22 
Riguardo a Giovanni
Luca non ci racconta il battesimo di Gesù. La lettura, mutilata dei versetti 17-20, salta l'espressione conclusiva della attività del Battista, con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo (Lc 3,18) e il racconto di Erode che fece rinchiudere Giovanni in prigione (Lc 3,20).
È vero che non dobbiamo tener troppo conto della cronologia dei fatti come appare dai vangeli, ma è anche vero che la redazione finale
pone una certa distanza tra l'evento del Battista, e dunque il battesimo appena accennato, e la preghiera di Gesù.
Mentre tutto il popolo
Chiuso il racconto del Battista, Luca riprende con una espressione ed un inciso di grande importanza: tutto il popolo veniva battezzato. L'espressione tutto è sicuramente una esagerazione ma fortemente indicativa del sentire dell'evangelista che vuole imprimere un valore universale a quello che sta accadendo: in modo particolare l'inciso, Gesù ricevuto anche lui il battesimo, messo lì quasi di passaggio per concentrarsi sull'episodio che si vuole effettivamente narrare.
Luca, interpreta il battesimo di Giovanni come prima risposta al bisogno universale di salvezza mentre il battesimo di Gesù sottolinea la sua appartenenza a tutto il popolo e la sua incarnazione in esso. È un mistero non facile da capire e da descrivere, quello di Dio che si fa uomo (carne come in Gv 1,14), che si mischia nell'umanità e non si distingue, che lo accomuna ai peccatori a coloro che sentono il bisogno di conversione mettendosi in fila con gli altri per il battesimo. È interessante notare, invece, come l'iconografia cristiana, sia orientale che occidentale, raffigura il battesimo di Gesù come fatto isolato e solitario, nascondendo o attenuandone la portata simbolica.
La pienezza dell'incarnazione, che il battesimo con l'umanità peccatrice orienta al compimento sulla croce, fa da substrato all'evento successivo della preghiera.
Stava in preghiera
Immaginare Gesù in preghiera ci confonde, ma confusi lo erano anche i discepoli se sono spinti a chiedere «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (Lc 11,1).
Le immagini post seicentesche di Gesù inginocchiato con le mani giunte sono lontanissime dalla realtà e dalla tradizione semitica. Si è tentato di raffigurare la preghiera con un atteggiamento diverso, rituale, separato dagli altri atteggiamenti della vita, così come separiamo la preghiera incorniciandola tra due segni di croce.
Il testo di Luca ci suggerisce una cosa diversa, mentre il battesimo è già compiuto, il verbo pregare (al participio presente) indica una azione continua, non un atteggiamento, ma un abito, lontanissimo dal tempo ristretto per dire o recitare preghiere; Gesù stava in preghiera.
La sua era una preghiera ininterrotta come San Paolo raccomanda: pregate ininterrottamente (1Ts 5,17).
Quello che l'abito della preghiera suggerisce è la costante immersione nella relazione col Padre, una perfetta comunione con Lui e il Suo Progetto di salvezza per l'uomo.
È l'abito della preghiera che rivela Gesù nella pienezza dell'umanità che si affida al Padre e riceve la consacrazione per la missione che gli è affidata.
Il cielo si aprì
La preghiera di Gesù, consapevolmente in comunione con l'umanità debole e peccatrice, apre i cieli, fa discendere lo Spirito, comunica con il Padre. C'è un parallelo con Luca 11: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto (v.9), la preghiera è bussare alla porta che si apre, comunicare con il Padre che dona lo Spirito, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono! (v.13).
La preghiera, nella sua autenticità, è obbedienza incondizionata al progetto del Padre (con tutti i limiti dell'umano), apre la porta del cielo, ci mette in comunicazione (comunione) con il Padre, fa comprendere noi stessi che ci sentiamo figli amati del Padre, ci dispone ad accogliere il dono dello Spirito.
Come una colomba
Come una colomba è un paragone che ha condizionato in futuro l'iconografia dello Spirito Santo che Luca ci racconta nella "corporeità" come ulteriore dono del Padre che si fa incontro alle nostre esigenze umane segnate più dal corpo (carne) che dallo spirito. È ulteriore conferma di Dio che ha scelto come itinerario di salvezza per l'uomo l'Incarnazione, se Dio dà corpo allo Spirito, tanto più noi che siamo già corporei dobbiamo dare corpo (storicità) al dono dello Spirito... che è proprio tutto l'incontrario di spiritualizzare l'uomo e la storia, è invito alla concretezza.

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