don Marco Pedron"E cosa vuoi che facessero..."
E cosa vuoi che facessero...
don Marco Pedron
V Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Vangelo: Lc 5,1-11
Domenica scorsa Gesù ha iniziato nella sinagoga di Nazaret la sua attività pubblica: l'inizio non è
stato dei migliori perché proprio quelli di casa sua e del suo paese lo hanno rifiutato tanto da farlo quasi morire. Gesù però non si scoraggia e continua a fare le due cose che sempre faceva: predicare e guarire.
Gesù diceva: "Il regno di Dio è qui, presente, vicino" e poi lo faceva sperimentare alle persone: i ciechi tornavano a vedere, gli storpi a camminare, quelli chiusi ad aprirsi, quelli che non parlavano a parlare, quelli caduti a rialzarsi e i morti a vivere. La gente diceva: "Lui non solo dice; lui lo fa". Per questo Gesù affascinava e aveva presa sulle persone.
Ciò che dici dev'essere provato dalla vita, dall'esperienza. Se mi dici che Dio libera, ma non posso vedere i segni della liberazione: come posso crederti? Se mi dici che Dio è padre, ma poi in realtà tutto è giudizio, colpa e sacrificio, come posso crederti? Se mi dici che Dio è vicino, ma poi non me lo fai sentire, sperimentare, toccare, come posso crederti? Se mi dici che Dio è amore, ma poi mi trasmetti solo paura e sottomissione, come posso crederti? Le persone che sentivano Gesù dicevano: "Lui ci parla di Dio e ce lo fa anche toccare". Per questo gli credevano, per questo lo seguivano, per questo lo amavano, per questo erano disposte a rischiare.
Gesù non è solo. Un po' alla volta si forma attorno a lui un gruppo di persone che lo seguono, che lo appoggiano, che lo aiutano, che lo ospitano. D'altronde è ovvio: ha guarito tuo figlio, come puoi non essergli riconoscente? Eri morto e ti ha ridato la voglia di vivere: come puoi non ringraziarlo per tutta la vita? Eri paralizzato e ti ha fatto camminare: come puoi non seguirlo, lui che ti ha guarito? Eri con il "demonio" dentro e lui ti ha liberato: come puoi non amare chi ti ha ridato la dignità di vivere?
In questo gruppo ci sono tre fratelli, Lazzaro, Marta, Maria (Gv 11,1), che Gesù amava in modo speciale, dove andava per riposarsi, per ricaricarsi, per trovare un po' di amore, di tenerezza, di ascolto e di ospitalità. C'è Natanaele, un uomo dal cuore puro (Gv 1,47), un uomo senza falsità, senza maschere. C'è Giuseppe Barsabba e Mattia (At 1,23) prescelti per sostituire in seguito Giuda Iscariota. C'è Bartimeo, un cieco che Gesù ha curato (10,46-52), un uomo dalla grande voglia di vivere, che non si è arreso nonostante la sua condizione. Ci sono delle donne, ci sono dei familiari dei malati guariti e altri: gente semplice, spesso "peccatori". Era un gruppo che lo seguiva, in maniera molto libera, perché lo aveva visto, toccato, sperimentato.
Giobbe 42,5: "Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono". E' così! Gesù non è un'idea o una filosofia a cui aderire. Gesù è un'esperienza da fare. Se non ti lasci coinvolgere e sconvolgere, se non lo lasci entrare, se non gli permetti di guarirti, se non hai fatto esperienza sulla tua pelle di chi è Lui, in realtà non lo conosci. Sai delle cose su di lui ma Lui non sai chi è. Chi lo seguiva, lo seguiva perché Gesù lo aveva liberato, ridato dignità, guarito dalle paralisi, cecità, timidezze, chiusure, malattie: sapeva benissimo chi era Lui!
Che cos'ha fatto Dio per te? Mai rispondere teoricamente: nella realtà, nella tua vita, che cosa ha fatto? Da che cosa ti ha guarito? Da che cosa ti ha liberato? In che cosa ti ha fatto vivere?
Ad un certo punto però Gesù prende l'iniziativa e chiama un gruppo di persone più ristretto: gli apostoli, i Dodici. Ciò che Gesù fa è qualcosa di nuovo.
Nell'A.T. la sequela (=seguire Dio) non è una questione molto importante. L'A.T. diceva: "Se tu osservi i comandamenti segui il Signore, Dio tuo". Questa era la sequela. Anzi l'espressione "seguire, andare dietro" ha spesso un senso negativo di "cadere in balia, di andare dietro" agli dei stranieri (Dt 4,3; 13,3; Ger 2,5-25; Ez 20,16). Vi è il caso di Eliseo che segue il profeta Elia (1 Re 19,19-21) ma la sequela non ha molta rilevanza.
Lo scopo di questo gruppo è quello di seguirlo, di vedere, di imparare e di fare poi come lui. Infatti, un giorno li manderà anche loro: "Andate, predicate e guarite" (Mc 3,14; Lc 10,1-20). Non si può rimanere sempre discepoli. Ad un certo punto bisogna diventare maestri, adulti, crescere.
Non si può tutta la vita chiedere questo e quello a Dio o agli altri; non si può essere solamente passivi; non si può sempre aspettare; non si può vivere facendo finta di non aver doti e capacità; non si può rimanere sempre bambini. Dio ci manda.
Il vangelo non è un monastero chiuso: il vangelo è andare nel mondo e cambiare il mondo. Il vangelo è missione, portare la vita, la passione, il fuoco, la luce, la verità, che abbiamo trovato anche fuori di noi. E' normale: hai una grande gioia, come puoi tenerla per te? Hai scoperto un tesoro meraviglioso: come fai a lasciarlo nascosto? Hai scoperto ciò che ti fa vivere: vuoi che tutti vivano, s'appassionino e si riempiano di questa "meraviglia"!
Il vangelo è come la scuola: si studia medicina non per studiare sempre. Lo scopo è diventare medici! Si va a scuola di Gesù per diventare degli altri Gesù, non per rimanere sempre dei bambini dipendenti o dei piccoli che hanno sempre bisogno di ricevere.
Perché dodici? Non potevano essere quindici oppure otto? Dodici è un numero simbolico. Gli ebrei conoscevano bene questo numero: dodici erano le tribù di Israele. Dodici ricordava l'antica alleanza di Dio con le dodici tribù di Israele. Cosa vuol fare Gesù fissandone allora dodici? (In realtà non sappiamo se davvero erano numericamente dodici; forse di più o di meno, gli stessi vangeli non concordano sul nome di tutti i Dodici; ciò che conta è il senso, l'aspetto simbolico).
Gesù ricostruisce il nuovo Israele: dodici apostoli perché dodici erano le tribù, nate dai dodici figli di Giacobbe. Se quello era il popolo di Dio dell'A.T., questo è il "popolo" nuovo di Gesù e del N.T.
Il sogno degli ebrei era da sempre quello di riunire Israele (=le dodici tribù) come ai tempi di Davide (1000 a.C). Gesù costituendo un nuovo gruppo di Dodici chiude l'aspettativa: il nuovo popolo non ha lo scopo di una riunificazione etnica o politica ma di essere una presenza liberatrice e guaritrice. Gesù non vuole più riunire le dodici tribù di Israele ma vuole riunire tutti i popoli.
Il vangelo di oggi ci riporta la chiamata dei primi quattro di questo gruppo: i due fratelli Pietro e Andrea, pescatori, e i due fratelli Giacomo e Giovanni, anch'essi pescatori ma di un livello sociale più elevato (avevano, diciamo, un'impresa di pesca).
Il vangelo in realtà si focalizza e si centra sulla figura di Pietro. Mentre Mc e Mt raccontano semplicemente che Gesù passando lungo il lago li chiamò, Lc riporta questo brano di chiamata. Gv ha un brano molto simile (Gv 21,1-23) dove anche lì si racconta di una pesca miracolosa ma dopo la morte e resurrezione di Gesù.
Cosa fa Lc in questo brano? Mette insieme varie vicende.
1. Pietro era stato chiamato durante la vita terrena di Gesù e lo aveva seguito. Ne era stato affascinato, aveva mollato le sue barche e per lui aveva lasciato anche moglie e famiglia. Aveva veramente osato molto e fatto grandi proclami di fedeltà: ma aveva anche spesso frainteso il messaggio di Gesù (fedeltà e infedeltà di Pietro durante la vita di Gesù).
2. Pietro lo aveva rinnegato tre volte durante la passione (22,61). Nonostante tutti i proclami di fedeltà, nonostante che avesse giurato e giurato che lui mai l'avrebbe fatto, Pietro rinnega e abbandona Gesù. E la colpa di ciò che fece lo tormentò per molto tempo.
3. Pietro ha una visione, apparizione, dopo la morte di Gesù (1 Cor 15,1-3; Lc 24,34), esperienza decisiva perché da quel giorno seguì definitivamente il Signore e per Lui rischiò tutto. Da quel giorno tutto gli fu chiaro e divenne lui stesso "nuovo Gesù" (non per niente fu il primo Papa).
4. E' un tipico racconto di vocazione: Dio si presenta ad un uomo (5,1). L'uomo ha paura e Dio lo rassicura (5,10). L'uomo dubita (5,4) e Dio dà una prova della chiamata (qui è la pesca miracolosa (5,6)). L'uomo lo segue (5,11).
In questo brano, allora, Lc mette insieme tutte queste tradizioni che sa di Pietro, lo schema tipico di chiamata di quel tempo e ne esce questo episodio.
Lc inizia dicendo che siamo presso il lago di Genesaret. E' una semplice indicazione di luogo? No. Lago=scombussolamento (Mc 4,35-41; 6,45-52), rovesciamento, tempesta: un "rabbalton"! Come a dire: "Attento che succede qualcosa di forte".
Ma il lago indica anche la loro condizione di vita. La superficie del lago è liscia, immobile, tranquilla. La vita di questi pescatori è così: sono sempre le solite cose che ogni giorno si fa. E' una vita sulla superficie del lago, è simbolo di una vita di superficie. Non sono cattivi, non è gente di malaffare, tant'è vero che concedono a Gesù di usare la sua barca. Pensano che la vita sia tutta qui. Pensano che questo sia vivere. Neppure sanno come si può vivere!
"Avere la salute, padre, perché quando si ha quella si ha tutto": e perché tanti di quelli che hanno la salute sono tristi, depressi, insoddisfatti e arrabbiati? E' vero che basta la salute? O forse:, è una condizione ma non basta affatto. "Avere un buon lavoro... stare in pace con tutti": molta gente mira al massimo a questo. "La vita è fatta di gioie e di dolori": in genere vuol dire che la vita è solo una sofferenza. "La quotidianità del vivere": in genere vuol dire che si fan sempre le stesse cose senza entusiasmo. "Non si può avere tutto dalla vita": in genere vuol dire che non si ha niente. "La vita è questa; siamo tutti nella stessa barca": in genere vuol dire che siamo tutti abbastanza insoddisfatti, abbastanza delusi e che "tiriamo avanti".
Ma la vera domanda, quella dura, quella a cui non si può scappare è: "Ma io sono davvero felice?". C'è fuoco, c'è passione nel tuo agire? C'è luce nei tuoi occhi? C'è sole nel tuo viso? C'è profondità nelle tue parole? "Maestro abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso nulla" (5,5). Come a dire: "Faccio tante cose, corro tanto e sempre, ma dentro non "si pesca", non mi riempie niente".
La realtà è che se tu vivi nella superficie non puoi essere felice: lì, a quel livello, no.
Gli apostoli lavano le reti ma mentre le lavano (5,2-3) lo ascoltano. Sentono la vibrazione che li tocca dentro; sentono che quelle parole ridestano emozioni "morte", che fanno vivere; sentono che Gesù mostra loro "la vita vera", che li spinge ad osare. E che si fa?
Perché viene un momento in cui bisogna decidersi: la nave è pronta, l'equipaggio c'è e l'occorrente pure. Adesso bisogna tagliare la corda e inoltrarsi nel mare. O si va o si sta. Non ci sono vie di mezzo. O ci si fida di lui e si va o si rimane lì per sempre. Ad un certo punto bisogna rischiare, bisogna osare, bisogna andare. Si chiama semplicemente fede: mi fido e vado. Non so dove ma mi fido di te. "Che ne sarà? Cambieranno gli affetti? Perderò qualcuno? Soffrirò? E se poi mi sbaglio?": domande legittime, certo. Ma se ascolti la paura non prenderai mai il volo.
Gesù non fa mai tanti discorsi. Perché seguire Gesù non è questione di essere convinti ma di amore e di fiducia. Non lo segui perché ti ha convinto ma perché ti sei innamorato di ciò che puoi essere e vivere.
Le proposte di Gesù sono sempre grandi, larghe, profonde, di ampie visioni: ti costringe a metterti in gioco. Gesù ti fa andare là dove mai avresti pensato di poter andare e vivere ciò che neppure pensavi esistesse. Per questo quelli che lo incontravano gli dicevano: "Tu sei la Vita", perché Lui sì che faceva vivere!
Due inviti, semplici, decisi e chiari. Il primo: "Prendi il largo" (5,4).
Prendi il largo non ha bisogno di molte spiegazioni. Vuol dire: inoltrati nell'ignoto, esci fuori dai tuoi soliti schemi, dai tuoi soliti modi di pensare, di fare e inoltrati nella vita.
"Ma io ho paura?". "Capisco, ma quando s'ha da fare, quando bisogna andare, bisogna andare". "Ma è rischioso!?". Lo so. "E poi?": non lo so. "E se poi non riesco, non funziona?". Possibile. Devi decidere se vuoi vivere così, e allora non lamentarti, o se vuoi provare davvero a vivere e a prendere il largo.
Il treno passa nella vita, ma tocca a te prenderlo: questo nessuno può farlo per te. O tu o nessun'altro.
Un uomo fa centocinquanta chilometri ogni settimana per partecipare ad un incontro di formazione. Gli ho chiesto: "Ma chi te lo fa fare?". E lui: "Il cuore". Non gli ho più chiesto nulla... tutto chiaro!
Una donna ha sempre fatto la ragioniera. Ma lei non voleva vivere così tutta la vita. Cos'ha fatto un giorno? Una pazzia. Ha lasciato un lavoro sicuro, è andata a fare la cameriera alla sera per mantenersi e si è iscritta ad un corso di rolfing (tecnica fisioterapica di massaggio). Ma è andata a Monaco di Baviera per farla! Pazza? Per molti sì! Per i suoi familiari "fuori di testa". Per il fidanzato "un affronto": "Non pensi a me?". Per i nonni: "E' sempre stata un po' strana". Per il suo parroco: "Quel gruppo lì, le ha bevuto la testa". Per Gesù ha solo preso il largo. E adesso? Adesso fa massaggi rolfing: fa ciò che voleva fare e dice: "E' stata dura... ma come ne valeva la pena! Adesso io sono io". Osa, abbi il coraggio di raggiungere ciò che sogni; pensa a te come a qualcosa di grande (perché lo sei), non ridurre la tua visione solo per la tua paura (o per quella di chi ti è vicino, il che è peggio ancora).
Molta gente dice: "Non è per me; sarebbe bello ma bisogna essere realisti; non ne sono capace" e si convince di questo. In realtà dovrebbe dire: "Ho paura".
Stai nelle solite compagnie e nel solito giro di amici che non ti dà più niente: "Prendi il largo!". Frequenti i tuoi colleghi dove si parla solo di sesso, sport, soldi e lavoro: "Ma prendi il largo!". Frequenti un ambiente e ti senti oppresso dai giudizi, dagli sguardi, dalle invidie: "Prendi il largo!". Hai una sete terribile di verità, di ricerca, di scoprire, di capire; non ti accontenti delle risposte preconfezionate, classiche, vuoi andare al centro della vita: "Prendi il largo!".
Una rana sguazzava in una pozza di venti centimetri di diametro: "Com'è bello il mare!". Un giorno passò un cavallo selvaggio, che correva spesso libero in riva alla spiaggia che dava sul grande mare, e la sentì dire: "Com'è bello il mare!". Le disse: "Tu non hai neppure idea di cosa sia veramente il mare".
Un orso tenuto per tanto tempo in cattività, in uno spazio dieci metri per dieci, fu riportato nei boschi. Lasciato libero, continuò a muoversi sempre in quello spazio di dieci metri per dieci. Non c'erano più le sbarre della prigione della cattività ma erano rimaste nel suo cuore. "Prendi il largo!".
L'altro invito è: "cala le reti". Cioè: "Vai dentro; vai a fondo; vai nel mistero della Vita". La Vita non si può insegnare, ci si può solo immergere. E non dev'essere per niente un caso che battesimo (baptizein) voglia dire proprio "immergersi".
Gesù era Figlio di Dio? Sì, certo! Ma quando ti ho dato questa risposta, ho saziato il tuo cervello ma non il tuo cuore. Scoprilo tu, cosa vuol dire che fosse Figlio di Dio! Entra dentro e senti in che modo era Figlio di Dio.
Tu sei figlio di Dio? Oh, certo che sì! Ma cosa vuol dire? Questa "rispostina" non risolve nessuno dei tuoi problemi e non ti cambia la vita. "Entra dentro, immergerti" e senti su di te tutta la forza, la potenza, la dignità di essere figli suoi.
Tu hai una missione da compiere? Ma certo! Ma lo devi scoprire tu questo! Devi entrare in te. E come devo fare? Devi entrare dentro di te: non c'è altra strada.
Tutto ciò che è grande e vero avviene dentro.
La nascita... tutto inizia dentro ad una pancia; il dolore, la rabbia... per stare bene dobbiamo guarire il male dentro di noi; i sentimenti... avvengono dentro il nostro corpo e poi nel nostro corpo si manifestano; il sangue... scorre dentro il corpo e dentro le vene; la linfa... è dentro l'albero; l'amore... è il sentimento interno di essere accettati e accolti per quello che si è; la fede... è una percezione interiore (interior, "più dentro" comparativo di intra, dentro); Dio... è un mistero da penetrare, da conoscere, da entrarci dentro; lo Spirito... è Dio dentro di te; il corpo di Cristo... lo mangi e va e finire dentro di te; per ascoltarsi... bisogna entrare dentro di sé; la vera intimità... è l'incontro delle anime, interno, di due persone (intimus, "destrissimo", superlativo di intra); l'amore... si fa penetrandosi e andando dentro l'altro; quando ci si ama... ci si mangerebbe, gli si andrebbe dentro. La Vita scorre dentro! La vita fuori è solo il riflesso della vita che c'è dentro.
Delle farfalle ruotavano e danzavano intorno al fuoco. Ognuno faceva le sue supposizioni su cosa fosse il fuoco. Una diceva: "E' il sole che esce di notte!". "Ma no, è un pezzo di giorno che illumina la notte!". "Ma no diceva un'altra: è il nemico della legna". Erano ore e ore che discutevano su che cosa fosse il fuoco, anche se nessuna ne aveva la minima idea. Poi, ad un certo punto una ci si buttò dentro e per qualche istante divenne una stella luminosa. Allora le altre commentarono: "Adesso lei sa cos'è il fuoco!".
Quando Pietro si rende conto di come può vivere (la rete è piena, stracolma di pesci! 5,6), prende paura: "Allontanati da me, peccatore". Cosa vuol dire questa espressione?
1. In primo luogo Pietro non si sente degno: "Ma io posso vivere così?". Non crede di poter vivere così. "Io ne sono degno?". Sì. "Come sarebbe bello! Quanto mi piacerebbe! Magari fosse vero! Non ce la faccio! Non ne sono capace! Non è possibile!". La gente ha paura di essere felice.
Un giorno, un uomo arido nel cuore come un deserto, quando ha scoperto una sorgente d'acqua dentro di sé ha detto: "Ma è tutto per me, questo?". "Sì è tutto tuo; vivilo, gustalo, gioisci, abbeverati, immergiti".
2. In secondo luogo Pietro si sente in colpa per aver sprecato tutto questo tempo. Una delle sensazioni più amare della vita è il giorno in cui a quarant'anni (o cinquanta o quello che è!) ci si sveglia, ci si rende conto di quanto sia inebriante e meraviglioso vivere e si dice: "Dio, quanta vita ho perso!". E ci si rende conto di non aver mai vissuto finora; la chiamavo "vita" ma era "vegetare" quella cosa lì. Fa male scoprire quanto tempo si è sprecato.
3. In terzo luogo Pietro si rende conto del suo "peccato". Pietro ha chiamato "vita" ciò che era superficie, vegetare, "tirare avanti", vivacchiare.
Peccato in ebraico è una freccia che non centra il bersaglio: tu vivi e credi che questa sia la vita. Poi ti rendi conto che la vita è un'altra cosa: non hai fatto centro, non era quella, ecco il vero peccato.
Gettandosi in ginocchio (5,8) Pietro riconosce di aver chiamato "vita" ciò che era "morte". Bisogna accettare di essersi sbagliati per trovare la strada giusta. Perché se tu ti intestardisci a percorrere una strada sbagliata, non potrai mai arrivare là dove devi arrivare.
Siate umili. Quando una cosa è errata, non vi dà ciò che vi dovrebbe dare, dite semplicemente: "Ho sbagliato, non vale la pena di proseguire. Lasciate andare la vecchia e percorretene una di nuova".
Da pescato a pescatore: Pietro qui ha toccato, sentito, sperimentato cosa vuol dire incontrare il Signore. La mia vita era vuota, come una rete senza pesci: tu l'hai riempita da traboccare. Prima dicevo "vita" ed era vegetare, sopravvivere: tu mi hai aperto gli occhi. Prima ero pieno di paura, ma tu mi hai insegnato quanto sia bello prendere il largo e non rimanere al porto. Prima mi accontentavo, ma tu mi hai insegnato a raggiungere ciò che posso vivere. Per questo, Signore, vale la pena di lasciare tutto, di rischiare, di osare.
Capite perché Pietro lo ha fatto? Capite perché Andrea, Giacomo e Giovanni lo hanno seguito? E cosa volevate che facessero? Cos'altro avrebbero potuto fare? Erano morti; erano stati pescati e riportati in vita, cosa volevate che facessero se non che i pescatori di vita?
La predicazione è sostanzialmente qualcosa di abbastanza semplice quando hai incontrato il Signore: non c'è tanto da dire se non ciò che tu hai sperimentato. E poiché tu lo vivi, risulta semplice ed efficace. Si dà quello che si ha: quello che si conosce e quello che si ha vissuto in prima persona.
La predicazione è sostanzialmente impossibile se tu cerchi di trasmettere qualcosa che non conosci, che non hai vissuto, toccato o incontrato. Non sei efficace e non trasmetti perché il cuore non è infiammato.
Nessuno ti può insegnare a pescare se non lo sa fare lui. Nessuno ti può insegnare vela se non ci sa andare lui. Si dà solo ciò che si ha (che si vive). Passa ciò che sei. Se Lo conosci, Lo farai conoscere.
Pensiero della Settimana
"Non abbiamo paura di non essere all'altezza,
la vera paura che abbiamo è di essere troppo potenti...
Non sono le zone d'ombra a terrificarci di più,
ma la luce che è in noi.
Perché, chi siamo noi per essere così brillanti, formidabili,
pieni di talento e di risorse?
Effettivamente, chi vi credete di essere, voi,
per non poter essere tutto ciò?
Siete figlie e figli di Dio.
Fare i piccoletti, non aiuta il mondo.
Disprezzare se stessi per riconfortare gli altri intorno a sé,
non ha nulla di eccezionale.
Siamo stati creati tutti (e non solo qualcuno di noi)
per diffondere la gloria di Dio che è in noi.
Quando la lasciamo risplendere,
incitiamo gli altri a fare lo stesso.
Quando abbandoniamo le nostre paure,
la nostra presenza aiuta gli altri a liberarsi delle loro".
Nelson Mandela
don Marco Pedron
V Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Vangelo: Lc 5,1-11
Domenica scorsa Gesù ha iniziato nella sinagoga di Nazaret la sua attività pubblica: l'inizio non è
stato dei migliori perché proprio quelli di casa sua e del suo paese lo hanno rifiutato tanto da farlo quasi morire. Gesù però non si scoraggia e continua a fare le due cose che sempre faceva: predicare e guarire.
Gesù diceva: "Il regno di Dio è qui, presente, vicino" e poi lo faceva sperimentare alle persone: i ciechi tornavano a vedere, gli storpi a camminare, quelli chiusi ad aprirsi, quelli che non parlavano a parlare, quelli caduti a rialzarsi e i morti a vivere. La gente diceva: "Lui non solo dice; lui lo fa". Per questo Gesù affascinava e aveva presa sulle persone.
Ciò che dici dev'essere provato dalla vita, dall'esperienza. Se mi dici che Dio libera, ma non posso vedere i segni della liberazione: come posso crederti? Se mi dici che Dio è padre, ma poi in realtà tutto è giudizio, colpa e sacrificio, come posso crederti? Se mi dici che Dio è vicino, ma poi non me lo fai sentire, sperimentare, toccare, come posso crederti? Se mi dici che Dio è amore, ma poi mi trasmetti solo paura e sottomissione, come posso crederti? Le persone che sentivano Gesù dicevano: "Lui ci parla di Dio e ce lo fa anche toccare". Per questo gli credevano, per questo lo seguivano, per questo lo amavano, per questo erano disposte a rischiare.
Gesù non è solo. Un po' alla volta si forma attorno a lui un gruppo di persone che lo seguono, che lo appoggiano, che lo aiutano, che lo ospitano. D'altronde è ovvio: ha guarito tuo figlio, come puoi non essergli riconoscente? Eri morto e ti ha ridato la voglia di vivere: come puoi non ringraziarlo per tutta la vita? Eri paralizzato e ti ha fatto camminare: come puoi non seguirlo, lui che ti ha guarito? Eri con il "demonio" dentro e lui ti ha liberato: come puoi non amare chi ti ha ridato la dignità di vivere?
In questo gruppo ci sono tre fratelli, Lazzaro, Marta, Maria (Gv 11,1), che Gesù amava in modo speciale, dove andava per riposarsi, per ricaricarsi, per trovare un po' di amore, di tenerezza, di ascolto e di ospitalità. C'è Natanaele, un uomo dal cuore puro (Gv 1,47), un uomo senza falsità, senza maschere. C'è Giuseppe Barsabba e Mattia (At 1,23) prescelti per sostituire in seguito Giuda Iscariota. C'è Bartimeo, un cieco che Gesù ha curato (10,46-52), un uomo dalla grande voglia di vivere, che non si è arreso nonostante la sua condizione. Ci sono delle donne, ci sono dei familiari dei malati guariti e altri: gente semplice, spesso "peccatori". Era un gruppo che lo seguiva, in maniera molto libera, perché lo aveva visto, toccato, sperimentato.
Giobbe 42,5: "Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono". E' così! Gesù non è un'idea o una filosofia a cui aderire. Gesù è un'esperienza da fare. Se non ti lasci coinvolgere e sconvolgere, se non lo lasci entrare, se non gli permetti di guarirti, se non hai fatto esperienza sulla tua pelle di chi è Lui, in realtà non lo conosci. Sai delle cose su di lui ma Lui non sai chi è. Chi lo seguiva, lo seguiva perché Gesù lo aveva liberato, ridato dignità, guarito dalle paralisi, cecità, timidezze, chiusure, malattie: sapeva benissimo chi era Lui!
Che cos'ha fatto Dio per te? Mai rispondere teoricamente: nella realtà, nella tua vita, che cosa ha fatto? Da che cosa ti ha guarito? Da che cosa ti ha liberato? In che cosa ti ha fatto vivere?
Ad un certo punto però Gesù prende l'iniziativa e chiama un gruppo di persone più ristretto: gli apostoli, i Dodici. Ciò che Gesù fa è qualcosa di nuovo.
Nell'A.T. la sequela (=seguire Dio) non è una questione molto importante. L'A.T. diceva: "Se tu osservi i comandamenti segui il Signore, Dio tuo". Questa era la sequela. Anzi l'espressione "seguire, andare dietro" ha spesso un senso negativo di "cadere in balia, di andare dietro" agli dei stranieri (Dt 4,3; 13,3; Ger 2,5-25; Ez 20,16). Vi è il caso di Eliseo che segue il profeta Elia (1 Re 19,19-21) ma la sequela non ha molta rilevanza.
Lo scopo di questo gruppo è quello di seguirlo, di vedere, di imparare e di fare poi come lui. Infatti, un giorno li manderà anche loro: "Andate, predicate e guarite" (Mc 3,14; Lc 10,1-20). Non si può rimanere sempre discepoli. Ad un certo punto bisogna diventare maestri, adulti, crescere.
Non si può tutta la vita chiedere questo e quello a Dio o agli altri; non si può essere solamente passivi; non si può sempre aspettare; non si può vivere facendo finta di non aver doti e capacità; non si può rimanere sempre bambini. Dio ci manda.
Il vangelo non è un monastero chiuso: il vangelo è andare nel mondo e cambiare il mondo. Il vangelo è missione, portare la vita, la passione, il fuoco, la luce, la verità, che abbiamo trovato anche fuori di noi. E' normale: hai una grande gioia, come puoi tenerla per te? Hai scoperto un tesoro meraviglioso: come fai a lasciarlo nascosto? Hai scoperto ciò che ti fa vivere: vuoi che tutti vivano, s'appassionino e si riempiano di questa "meraviglia"!
Il vangelo è come la scuola: si studia medicina non per studiare sempre. Lo scopo è diventare medici! Si va a scuola di Gesù per diventare degli altri Gesù, non per rimanere sempre dei bambini dipendenti o dei piccoli che hanno sempre bisogno di ricevere.
Perché dodici? Non potevano essere quindici oppure otto? Dodici è un numero simbolico. Gli ebrei conoscevano bene questo numero: dodici erano le tribù di Israele. Dodici ricordava l'antica alleanza di Dio con le dodici tribù di Israele. Cosa vuol fare Gesù fissandone allora dodici? (In realtà non sappiamo se davvero erano numericamente dodici; forse di più o di meno, gli stessi vangeli non concordano sul nome di tutti i Dodici; ciò che conta è il senso, l'aspetto simbolico).
Gesù ricostruisce il nuovo Israele: dodici apostoli perché dodici erano le tribù, nate dai dodici figli di Giacobbe. Se quello era il popolo di Dio dell'A.T., questo è il "popolo" nuovo di Gesù e del N.T.
Il sogno degli ebrei era da sempre quello di riunire Israele (=le dodici tribù) come ai tempi di Davide (1000 a.C). Gesù costituendo un nuovo gruppo di Dodici chiude l'aspettativa: il nuovo popolo non ha lo scopo di una riunificazione etnica o politica ma di essere una presenza liberatrice e guaritrice. Gesù non vuole più riunire le dodici tribù di Israele ma vuole riunire tutti i popoli.
Il vangelo di oggi ci riporta la chiamata dei primi quattro di questo gruppo: i due fratelli Pietro e Andrea, pescatori, e i due fratelli Giacomo e Giovanni, anch'essi pescatori ma di un livello sociale più elevato (avevano, diciamo, un'impresa di pesca).
Il vangelo in realtà si focalizza e si centra sulla figura di Pietro. Mentre Mc e Mt raccontano semplicemente che Gesù passando lungo il lago li chiamò, Lc riporta questo brano di chiamata. Gv ha un brano molto simile (Gv 21,1-23) dove anche lì si racconta di una pesca miracolosa ma dopo la morte e resurrezione di Gesù.
Cosa fa Lc in questo brano? Mette insieme varie vicende.
1. Pietro era stato chiamato durante la vita terrena di Gesù e lo aveva seguito. Ne era stato affascinato, aveva mollato le sue barche e per lui aveva lasciato anche moglie e famiglia. Aveva veramente osato molto e fatto grandi proclami di fedeltà: ma aveva anche spesso frainteso il messaggio di Gesù (fedeltà e infedeltà di Pietro durante la vita di Gesù).
2. Pietro lo aveva rinnegato tre volte durante la passione (22,61). Nonostante tutti i proclami di fedeltà, nonostante che avesse giurato e giurato che lui mai l'avrebbe fatto, Pietro rinnega e abbandona Gesù. E la colpa di ciò che fece lo tormentò per molto tempo.
3. Pietro ha una visione, apparizione, dopo la morte di Gesù (1 Cor 15,1-3; Lc 24,34), esperienza decisiva perché da quel giorno seguì definitivamente il Signore e per Lui rischiò tutto. Da quel giorno tutto gli fu chiaro e divenne lui stesso "nuovo Gesù" (non per niente fu il primo Papa).
4. E' un tipico racconto di vocazione: Dio si presenta ad un uomo (5,1). L'uomo ha paura e Dio lo rassicura (5,10). L'uomo dubita (5,4) e Dio dà una prova della chiamata (qui è la pesca miracolosa (5,6)). L'uomo lo segue (5,11).
In questo brano, allora, Lc mette insieme tutte queste tradizioni che sa di Pietro, lo schema tipico di chiamata di quel tempo e ne esce questo episodio.
Lc inizia dicendo che siamo presso il lago di Genesaret. E' una semplice indicazione di luogo? No. Lago=scombussolamento (Mc 4,35-41; 6,45-52), rovesciamento, tempesta: un "rabbalton"! Come a dire: "Attento che succede qualcosa di forte".
Ma il lago indica anche la loro condizione di vita. La superficie del lago è liscia, immobile, tranquilla. La vita di questi pescatori è così: sono sempre le solite cose che ogni giorno si fa. E' una vita sulla superficie del lago, è simbolo di una vita di superficie. Non sono cattivi, non è gente di malaffare, tant'è vero che concedono a Gesù di usare la sua barca. Pensano che la vita sia tutta qui. Pensano che questo sia vivere. Neppure sanno come si può vivere!
"Avere la salute, padre, perché quando si ha quella si ha tutto": e perché tanti di quelli che hanno la salute sono tristi, depressi, insoddisfatti e arrabbiati? E' vero che basta la salute? O forse:, è una condizione ma non basta affatto. "Avere un buon lavoro... stare in pace con tutti": molta gente mira al massimo a questo. "La vita è fatta di gioie e di dolori": in genere vuol dire che la vita è solo una sofferenza. "La quotidianità del vivere": in genere vuol dire che si fan sempre le stesse cose senza entusiasmo. "Non si può avere tutto dalla vita": in genere vuol dire che non si ha niente. "La vita è questa; siamo tutti nella stessa barca": in genere vuol dire che siamo tutti abbastanza insoddisfatti, abbastanza delusi e che "tiriamo avanti".
Ma la vera domanda, quella dura, quella a cui non si può scappare è: "Ma io sono davvero felice?". C'è fuoco, c'è passione nel tuo agire? C'è luce nei tuoi occhi? C'è sole nel tuo viso? C'è profondità nelle tue parole? "Maestro abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso nulla" (5,5). Come a dire: "Faccio tante cose, corro tanto e sempre, ma dentro non "si pesca", non mi riempie niente".
La realtà è che se tu vivi nella superficie non puoi essere felice: lì, a quel livello, no.
Gli apostoli lavano le reti ma mentre le lavano (5,2-3) lo ascoltano. Sentono la vibrazione che li tocca dentro; sentono che quelle parole ridestano emozioni "morte", che fanno vivere; sentono che Gesù mostra loro "la vita vera", che li spinge ad osare. E che si fa?
Perché viene un momento in cui bisogna decidersi: la nave è pronta, l'equipaggio c'è e l'occorrente pure. Adesso bisogna tagliare la corda e inoltrarsi nel mare. O si va o si sta. Non ci sono vie di mezzo. O ci si fida di lui e si va o si rimane lì per sempre. Ad un certo punto bisogna rischiare, bisogna osare, bisogna andare. Si chiama semplicemente fede: mi fido e vado. Non so dove ma mi fido di te. "Che ne sarà? Cambieranno gli affetti? Perderò qualcuno? Soffrirò? E se poi mi sbaglio?": domande legittime, certo. Ma se ascolti la paura non prenderai mai il volo.
Gesù non fa mai tanti discorsi. Perché seguire Gesù non è questione di essere convinti ma di amore e di fiducia. Non lo segui perché ti ha convinto ma perché ti sei innamorato di ciò che puoi essere e vivere.
Le proposte di Gesù sono sempre grandi, larghe, profonde, di ampie visioni: ti costringe a metterti in gioco. Gesù ti fa andare là dove mai avresti pensato di poter andare e vivere ciò che neppure pensavi esistesse. Per questo quelli che lo incontravano gli dicevano: "Tu sei la Vita", perché Lui sì che faceva vivere!
Due inviti, semplici, decisi e chiari. Il primo: "Prendi il largo" (5,4).
Prendi il largo non ha bisogno di molte spiegazioni. Vuol dire: inoltrati nell'ignoto, esci fuori dai tuoi soliti schemi, dai tuoi soliti modi di pensare, di fare e inoltrati nella vita.
"Ma io ho paura?". "Capisco, ma quando s'ha da fare, quando bisogna andare, bisogna andare". "Ma è rischioso!?". Lo so. "E poi?": non lo so. "E se poi non riesco, non funziona?". Possibile. Devi decidere se vuoi vivere così, e allora non lamentarti, o se vuoi provare davvero a vivere e a prendere il largo.
Il treno passa nella vita, ma tocca a te prenderlo: questo nessuno può farlo per te. O tu o nessun'altro.
Un uomo fa centocinquanta chilometri ogni settimana per partecipare ad un incontro di formazione. Gli ho chiesto: "Ma chi te lo fa fare?". E lui: "Il cuore". Non gli ho più chiesto nulla... tutto chiaro!
Una donna ha sempre fatto la ragioniera. Ma lei non voleva vivere così tutta la vita. Cos'ha fatto un giorno? Una pazzia. Ha lasciato un lavoro sicuro, è andata a fare la cameriera alla sera per mantenersi e si è iscritta ad un corso di rolfing (tecnica fisioterapica di massaggio). Ma è andata a Monaco di Baviera per farla! Pazza? Per molti sì! Per i suoi familiari "fuori di testa". Per il fidanzato "un affronto": "Non pensi a me?". Per i nonni: "E' sempre stata un po' strana". Per il suo parroco: "Quel gruppo lì, le ha bevuto la testa". Per Gesù ha solo preso il largo. E adesso? Adesso fa massaggi rolfing: fa ciò che voleva fare e dice: "E' stata dura... ma come ne valeva la pena! Adesso io sono io". Osa, abbi il coraggio di raggiungere ciò che sogni; pensa a te come a qualcosa di grande (perché lo sei), non ridurre la tua visione solo per la tua paura (o per quella di chi ti è vicino, il che è peggio ancora).
Molta gente dice: "Non è per me; sarebbe bello ma bisogna essere realisti; non ne sono capace" e si convince di questo. In realtà dovrebbe dire: "Ho paura".
Stai nelle solite compagnie e nel solito giro di amici che non ti dà più niente: "Prendi il largo!". Frequenti i tuoi colleghi dove si parla solo di sesso, sport, soldi e lavoro: "Ma prendi il largo!". Frequenti un ambiente e ti senti oppresso dai giudizi, dagli sguardi, dalle invidie: "Prendi il largo!". Hai una sete terribile di verità, di ricerca, di scoprire, di capire; non ti accontenti delle risposte preconfezionate, classiche, vuoi andare al centro della vita: "Prendi il largo!".
Una rana sguazzava in una pozza di venti centimetri di diametro: "Com'è bello il mare!". Un giorno passò un cavallo selvaggio, che correva spesso libero in riva alla spiaggia che dava sul grande mare, e la sentì dire: "Com'è bello il mare!". Le disse: "Tu non hai neppure idea di cosa sia veramente il mare".
Un orso tenuto per tanto tempo in cattività, in uno spazio dieci metri per dieci, fu riportato nei boschi. Lasciato libero, continuò a muoversi sempre in quello spazio di dieci metri per dieci. Non c'erano più le sbarre della prigione della cattività ma erano rimaste nel suo cuore. "Prendi il largo!".
L'altro invito è: "cala le reti". Cioè: "Vai dentro; vai a fondo; vai nel mistero della Vita". La Vita non si può insegnare, ci si può solo immergere. E non dev'essere per niente un caso che battesimo (baptizein) voglia dire proprio "immergersi".
Gesù era Figlio di Dio? Sì, certo! Ma quando ti ho dato questa risposta, ho saziato il tuo cervello ma non il tuo cuore. Scoprilo tu, cosa vuol dire che fosse Figlio di Dio! Entra dentro e senti in che modo era Figlio di Dio.
Tu sei figlio di Dio? Oh, certo che sì! Ma cosa vuol dire? Questa "rispostina" non risolve nessuno dei tuoi problemi e non ti cambia la vita. "Entra dentro, immergerti" e senti su di te tutta la forza, la potenza, la dignità di essere figli suoi.
Tu hai una missione da compiere? Ma certo! Ma lo devi scoprire tu questo! Devi entrare in te. E come devo fare? Devi entrare dentro di te: non c'è altra strada.
Tutto ciò che è grande e vero avviene dentro.
La nascita... tutto inizia dentro ad una pancia; il dolore, la rabbia... per stare bene dobbiamo guarire il male dentro di noi; i sentimenti... avvengono dentro il nostro corpo e poi nel nostro corpo si manifestano; il sangue... scorre dentro il corpo e dentro le vene; la linfa... è dentro l'albero; l'amore... è il sentimento interno di essere accettati e accolti per quello che si è; la fede... è una percezione interiore (interior, "più dentro" comparativo di intra, dentro); Dio... è un mistero da penetrare, da conoscere, da entrarci dentro; lo Spirito... è Dio dentro di te; il corpo di Cristo... lo mangi e va e finire dentro di te; per ascoltarsi... bisogna entrare dentro di sé; la vera intimità... è l'incontro delle anime, interno, di due persone (intimus, "destrissimo", superlativo di intra); l'amore... si fa penetrandosi e andando dentro l'altro; quando ci si ama... ci si mangerebbe, gli si andrebbe dentro. La Vita scorre dentro! La vita fuori è solo il riflesso della vita che c'è dentro.
Delle farfalle ruotavano e danzavano intorno al fuoco. Ognuno faceva le sue supposizioni su cosa fosse il fuoco. Una diceva: "E' il sole che esce di notte!". "Ma no, è un pezzo di giorno che illumina la notte!". "Ma no diceva un'altra: è il nemico della legna". Erano ore e ore che discutevano su che cosa fosse il fuoco, anche se nessuna ne aveva la minima idea. Poi, ad un certo punto una ci si buttò dentro e per qualche istante divenne una stella luminosa. Allora le altre commentarono: "Adesso lei sa cos'è il fuoco!".
Quando Pietro si rende conto di come può vivere (la rete è piena, stracolma di pesci! 5,6), prende paura: "Allontanati da me, peccatore". Cosa vuol dire questa espressione?
1. In primo luogo Pietro non si sente degno: "Ma io posso vivere così?". Non crede di poter vivere così. "Io ne sono degno?". Sì. "Come sarebbe bello! Quanto mi piacerebbe! Magari fosse vero! Non ce la faccio! Non ne sono capace! Non è possibile!". La gente ha paura di essere felice.
Un giorno, un uomo arido nel cuore come un deserto, quando ha scoperto una sorgente d'acqua dentro di sé ha detto: "Ma è tutto per me, questo?". "Sì è tutto tuo; vivilo, gustalo, gioisci, abbeverati, immergiti".
2. In secondo luogo Pietro si sente in colpa per aver sprecato tutto questo tempo. Una delle sensazioni più amare della vita è il giorno in cui a quarant'anni (o cinquanta o quello che è!) ci si sveglia, ci si rende conto di quanto sia inebriante e meraviglioso vivere e si dice: "Dio, quanta vita ho perso!". E ci si rende conto di non aver mai vissuto finora; la chiamavo "vita" ma era "vegetare" quella cosa lì. Fa male scoprire quanto tempo si è sprecato.
3. In terzo luogo Pietro si rende conto del suo "peccato". Pietro ha chiamato "vita" ciò che era superficie, vegetare, "tirare avanti", vivacchiare.
Peccato in ebraico è una freccia che non centra il bersaglio: tu vivi e credi che questa sia la vita. Poi ti rendi conto che la vita è un'altra cosa: non hai fatto centro, non era quella, ecco il vero peccato.
Gettandosi in ginocchio (5,8) Pietro riconosce di aver chiamato "vita" ciò che era "morte". Bisogna accettare di essersi sbagliati per trovare la strada giusta. Perché se tu ti intestardisci a percorrere una strada sbagliata, non potrai mai arrivare là dove devi arrivare.
Siate umili. Quando una cosa è errata, non vi dà ciò che vi dovrebbe dare, dite semplicemente: "Ho sbagliato, non vale la pena di proseguire. Lasciate andare la vecchia e percorretene una di nuova".
Da pescato a pescatore: Pietro qui ha toccato, sentito, sperimentato cosa vuol dire incontrare il Signore. La mia vita era vuota, come una rete senza pesci: tu l'hai riempita da traboccare. Prima dicevo "vita" ed era vegetare, sopravvivere: tu mi hai aperto gli occhi. Prima ero pieno di paura, ma tu mi hai insegnato quanto sia bello prendere il largo e non rimanere al porto. Prima mi accontentavo, ma tu mi hai insegnato a raggiungere ciò che posso vivere. Per questo, Signore, vale la pena di lasciare tutto, di rischiare, di osare.
Capite perché Pietro lo ha fatto? Capite perché Andrea, Giacomo e Giovanni lo hanno seguito? E cosa volevate che facessero? Cos'altro avrebbero potuto fare? Erano morti; erano stati pescati e riportati in vita, cosa volevate che facessero se non che i pescatori di vita?
La predicazione è sostanzialmente qualcosa di abbastanza semplice quando hai incontrato il Signore: non c'è tanto da dire se non ciò che tu hai sperimentato. E poiché tu lo vivi, risulta semplice ed efficace. Si dà quello che si ha: quello che si conosce e quello che si ha vissuto in prima persona.
La predicazione è sostanzialmente impossibile se tu cerchi di trasmettere qualcosa che non conosci, che non hai vissuto, toccato o incontrato. Non sei efficace e non trasmetti perché il cuore non è infiammato.
Nessuno ti può insegnare a pescare se non lo sa fare lui. Nessuno ti può insegnare vela se non ci sa andare lui. Si dà solo ciò che si ha (che si vive). Passa ciò che sei. Se Lo conosci, Lo farai conoscere.
Pensiero della Settimana
"Non abbiamo paura di non essere all'altezza,
la vera paura che abbiamo è di essere troppo potenti...
Non sono le zone d'ombra a terrificarci di più,
ma la luce che è in noi.
Perché, chi siamo noi per essere così brillanti, formidabili,
pieni di talento e di risorse?
Effettivamente, chi vi credete di essere, voi,
per non poter essere tutto ciò?
Siete figlie e figli di Dio.
Fare i piccoletti, non aiuta il mondo.
Disprezzare se stessi per riconfortare gli altri intorno a sé,
non ha nulla di eccezionale.
Siamo stati creati tutti (e non solo qualcuno di noi)
per diffondere la gloria di Dio che è in noi.
Quando la lasciamo risplendere,
incitiamo gli altri a fare lo stesso.
Quando abbandoniamo le nostre paure,
la nostra presenza aiuta gli altri a liberarsi delle loro".
Nelson Mandela
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