FIGLIE DELLA CHIESA, LECTIO DIVINA "Gesù come Elia ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei"

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Antifona d'ingresso
Salvaci, Signore Dio nostro,
e raccoglici da tutti i popoli,
perché proclamiamo il tuo santo nome
e ci gloriamo della tua lode. (Sal 106,47)

Colletta
Dio grande e misericordioso,
concedi a noi tuoi fedeli
di adorarti con tutta l’anima
e di amare i nostri fratelli
nella carità del Cristo.

Oppure:
O Dio,
che nel profeta accolto dai pagani
e rifiutato in patria
manifesti il dramma dell’umanità
che accetta o respinge la tua salvezza,
fa’ che nella tua Chiesa

non venga meno il coraggio
dell’annunzio missionario del Vangelo.

PRIMA LETTURA (Ger 1,4-5.17-19)
Ti ho stabilito profeta delle nazioni.
Dal libro del profeta Geremìa

Nei giorni del re Giosìa, mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni.
Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi,
àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti di fronte a loro,
altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro.
Ed ecco, oggi io faccio di te
come una città fortificata,
una colonna di ferro
e un muro di bronzo
contro tutto il paese,
contro i re di Giuda e i suoi capi,
contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese.
Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 70)
Rit: La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami. Rit:

Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio. Rit:

Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno. Rit:

La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie. Rit:

SECONDA LETTURA (1Cor 12,31-13,13) 
Rimangono la fede, la speranza, la carità; ma la più grande di tutte è la carità.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!

Canto al Vangelo (Lc 4,18) 
Alleluia, alleluia.
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.
Alleluia.

VANGELO (Lc 4,21-30) 
Gesù come Elia ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Preghiera sulle offerte
Accogli con bontà, o Signore, questi doni
che noi, tuo popolo santo, deponiamo sull’altare,
e trasformali in sacramento di salvezza.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona di comunione
Fa’ risplendere sul tuo servo
la luce del tuo volto,
e salvami per la tua misericordia.
Che io non resti confuso,
Signore, perché ti ho invocato. (Sal 31,17-18)

Oppure:
“Oggi si è adempiuta la Scrittura
che voi avete udita con i vostri orecchi”. (Lc 4,21)

Preghiera dopo la comunione
O Dio, che ci hai nutriti alla tua mensa,
fa’ che per la forza di questo sacramento,
sorgente inesauribile di salvezza,
la vera fede si estenda sino ai confini della terra.

Lectio
La missione di Gesù comincia a Nazareth, il paese dove era cresciuto. Nella sinagoga, durante il culto del sabato, una persona istruita o un visitatore conosciuto poteva fare la lettura e la spiegazione. Gesù fu invitato e il testo scelto fu quello di Isaia. Gesù fa propria questa lettura come programma della sua evangelizzazione.
Ci sono due reazioni alla parola di Gesù, che si presenta come il compimento di quanto annunciato dal profeta: «Oggi questo si è compiuto»; una reazione di meraviglia e un´altra di rifiuto. Nella prima si manifesta l´inquietudine della gente; nella seconda il rifiuto contro Gesù arriva fino al tentativo di assassinio. Ma l´evangelizzazione continua il suo cammino.


v. 21: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Viene da chiederci: Come mai “oggi”? L’avverbio “oggi” è importante in tutta l’opera lucana. L’oggi vuole dire solo questo: che c’è Gesù e dove Gesù è presente, parla e agisce, tutte le promesse sono realizzate “oggi”; tutte le speranze sono anticipate “oggi”. Dove c’è la Parola di Gesù, “oggi” diventa il tempo, il luogo, il momento e la possibilità della salvezza. Gesù non dice semplicemente delle cose, ma è Dio stesso che apre il suo orecchio ad ascoltare il grido dell’uomo e nel compimento della Scrittura indica se stesso come il Salvatore, colui che libera i prigionieri, guarisce i malati e solleva i poveri dalla loro triste condizione

vv. 22-24: “Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati...”. Non c’è dubbio, dove questa salvezza è donata, nascono la gioia, lo stupore e la meraviglia.
Una meraviglia da “vigilare” però, perché in realtà quello stupore è per gli abitanti di Nàzaret l’attesa del miracolo che diventa pretesa quando invece di attaccarci a Dio, ci attacchiamo ai doni di Dio. I segni ci sono certamente dati ma solo come segni, quello che ci viene chiesto è un’adesione libera del nostro cuore.
La salvezza non qualcosa di precostituito, è il dono di poter vivere liberi, è la forza di potere rischiare l’atto dell’amore. Non vuol dire: siccome siamo salvati, allora l’atto dell’amore per il prossimo non è più rischioso, non ci costa più fatica, non è più impegnativo. No, rimane impegnativo e rischioso. Solo ci viene dato il coraggio di rischiare.

vv. 25-27: Con la citazione dei due episodi biblici di Elia e di Eliseo, Gesù compie un altro passaggio nel suo discorso e il rifiuto dei compaesani ha due aspetti. Da un lato, gli abitanti di Nazaret, respingendo Gesù, non fanno altro che ripetere l’atteggiamento di Israele di chiusura nei confronti della parola dei profeti; D’altro canto, però, i casi della vedova di Sarepta e di Naaman il Siro stanno a testimoniare che la misericordia di Dio si estende oltre i confini di Israele, verso i poveri e i malati di tutte le genti. Gesù, dunque, conferma il programma di lieto annuncio ai poveri, a tutti i poveri, e corre in soccorso di quanti si trovano nel bisogno semplicemente a motivo della loro condizione. L’iniziativa salvifica di Dio ha una portata universale.

v. 28: “...tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno”. Lo stupore iniziale lascia il posto a un rifiuto violento. Quali delle cose dette da Gesù possono aver provocato tale cambiamento? I giudei non possono ascoltare senza infuriarsi il giudizio di condanna su di loro e la contemporanea apertura dell’elezione di Dio a tutte le genti. La medesima sorte toccherà ai discepoli di Gesù, portavoce messianici di liberazione nel mondo. Il destino della missione di Gesù resta impresso su quello della missione dei suoi discepoli.

v. 29: “Si alzarono e lo cacciarono fuori della città...”. La prima scena di predicazione pubblica di Gesù si conclude con la prima manifestazione della volontà di ucciderlo. È la sorte, che, spesso, tocca al profeta, l'uomo chiamato dal Signore, e che parla agli altri uomini con le parole e l'autorità che vengono da Dio, e non dalle limitate risorse umane.
Anticipando così ciò che si compirà nei giorni di Pasqua, l’evangelista completa la sintesi della vita di Gesù, nell’episodio inaugurale. A orientare il brano in questo senso sta anche la frase “fuori della città”, che predice l’uscita fuori da Gerusalemme verso il luogo del Cranio, e la menzione del “monte su cui la città era situata”, che, analogamente, può alludere al monte Sion.

v. 30: “Passando in mezzo a loro, se ne andava”. Il verbo, originariamente all’imperfetto, ci offre una duplice considerazione: Gesù “abbandona” quel popolo. E’ un finale duro. Perché è vero che il Signore si dona a tutti senza preferenze e non guarda la faccia dell’uomo ma il suo cuore, ma deve essere un cuore aperto alla disponibilità di sceglierlo. “Se ne andava”. Il verbo all’ imperfetto indica la continuità del cammino di Gesù. Egli non si ferma per l’opposizione dei suoi paesani. Continua il suo cammino, fino alla pasqua. E dopo la pasqua, mediante i suoi discepoli, la sua parola e l’offerta di salvezza incomincerà a percorrere le strade del mondo. Fino a noi e oltre a noi.

“Se ti fissi su qualcosa tralasci di slanciarti verso il tutto. Se vuoi giungere per davvero al tutto, devi rinnegarti totalmente in tutto. E qualora giungessi ad avere il tutto, devi possederlo senza volere nulla. Se vuoi possedere qualcosa nel tutto, non hai il tuo unico tesoro in Dio” (Giovanni della Croce)
Niente pensieri, niente emozioni, niente progetti … facciamo silenzio e accogliamo Dio e il prossimo nell’attimo presente.

Appendice
L`invidia nemica della misericordia
"In verità vi dico che nessun profeta è accetto in patria sua" (Lc 4,24). L`invidia non si manifesta mai per metà: dimentica dell`amore tra concittadini, fa diventare motivi di odio anche le naturali ragioni di affetto. Ma con questo esempio, e con queste parole, si vuol indicare che invano tu potresti attendere la grazia della misericordia celeste, se nutri invidia per la virtù degli altri; Dio, infatti, disprezza gli invidiosi e allontana le meraviglie del suo potere da coloro che disprezzano, negli altri, i doni suoi. Le azioni del Signore nella sua carne, sono espressione della sua divinità, e le sue cose invisibili ci vengono mostrate attraverso quelle visibili.
Non a caso il Signore si scusa di non aver operato in patria i miracoli propri della sua potenza, allo scopo che nessuno di noi pensi che l`amor di patria debba essere considerato cosa di poco conto. Non poteva infatti non amare i suoi concittadini, egli che amava tutti gli uomini: sono stati essi che, con il loro odio, hanno rinunziato a quest`amore per la loro patria. Infatti l`amore "non è invidioso, non si gonfia d`orgoglio" (1Cor 13,4). E, tuttavia, questa patria non è priva dei benefici di Dio: quale miracolo più grande infatti avvenne in essa della nascita di Cristo? Vedi dunque quali danni procura l`odio: a causa di esso vien giudicata indegna la patria, nella quale egli poteva operare come cittadino, dopo che era stata trovata degna di vederlo nascere nel suo seno come Figlio di Dio...
"C`erano molti lebbrosi al tempo del profeta Eliseo, e nessuno di essi fu mondato, ma solo il siro Naaman" (Lc 4,27).
E` chiaro che questa parola del Signore e Salvatore ci spinge e ci esorta allo zelo di venerare Dio, poiché egli mostra che nessuno è guarito ed è stato liberato dalla malattia che macchia la sua carne, se non ha cercato la salute con desiderio religioso; infatti i doni di Dio non vengono dati a coloro che dormono, ma a coloro che vegliano...
Perché il Profeta non curava i suoi fratelli e concittadini, non guariva i suoi, mentre guariva gli stranieri, coloro che non praticavano la legge e non avevano comunanza di religione, se non perché la guarigione dipende dalla volontà, non dalla nazione cui uno appartiene, e perché il beneficio divino si concede a chi lo desidera e l`invoca, e non per diritto di nascita? Impara quindi a pregare per ciò che desideri ottenere: il beneficio dei doni celesti non tocca in sorte agli indifferenti. (Ambrogio, In Luc., 4, 46 s.)

Gesù Cristo è venuto, come Elia per la vedova
"In verità vi dico: C`erano molte vedove al tempo di Elia in Israele, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi, quando venne una gran fame su tutta la terra; e a nessuna di loro fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone" (Lc 4,25). Non sono stato mandato a voi, dice; non son venuto per guarire voi, perché non a tutte le vedove fu mandato Elia. Questo significava la sua condotta; lui era un segno, io sono la realtà. Io son venuto a curare, a saziare di cibo spirituale, a strappare dalla fame e dall`indigenza quella vedova di cui è scritto: "Benedirò la sua vedova, sazierò di pane i suoi poveri" (Sal 131,15). Questa vedova è la santa Chiesa ma può essere anche qualunque anima dei fedeli. Il Signore, infatti, venne per chiamare tutti e a liberare tutti dalla fame. Se non fosse venuto e non avesse parlato, non avrebbero commesso peccato; ma ora non hanno una giustificazione per i loro peccati. (Bruno di Segni, In Luc., 1, 5)

Un tentativo di uccidere Gesù
Così lo cacciarono fuori dalla loro città, pronunciando con questa azione la loro condanna. Confermarono così quello che Salvatore aveva detto e furono loro ad essere banditi dalla città che in alto, per non aver ricevuto Cristo. Per poterli dimostrare consapevoli di empietà non solo verbale, permise alla loro mancanza di rispetto nei suoi confronti di giungere ai fatti. La loro violenza era irrazionale e la loro invidia assoluta. Conducendolo sul ciglio della collina cercarono di gettarlo giù dal precipizio ma egli passa in mezzo a loro senza accorgersi, per così dire, del loro tentativo e non rifiuto la sofferenza - era venuto proprio per questo - ma aspettò il tempo opportuno: ora, all'inizio della sua predicazione, sarebbe stato il momento sbagliato per la passione, prima di aver proclamato la parola di verità. (Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, omelia 12)

Cari fratelli e sorelle!
Il Vangelo di oggi – tratto dal capitolo quarto di san Luca – è la prosecuzione di quello di domenica scorsa. Ci troviamo ancora nella sinagoga di Nazaret, il paese dove Gesù è cresciuto e dove tutti conoscono lui e la sua famiglia. Ora, dopo un periodo di assenza, Egli è ritornato in un modo nuovo: durante la liturgia del sabato legge una profezia di Isaia sul Messia e ne annuncia il compimento, lasciando intendere che quella parola si riferisce a Lui, che Isaia ha parlato di Lui. Questo fatto suscita lo sconcerto dei nazaretani: da una parte, «tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» (Lc 4,22); san Marco riferisce che molti dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data?» (6,2). D’altra parte, però, i suoi compaesani lo conoscono troppo bene: E’ uno come noi – dicono –. La sua pretesa non può essere che una presunzione » (cfr L’infanzia di Gesù, 11). «Non è costui il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22), come dire: un carpentiere di Nazaret, quali aspirazioni può avere?
Proprio conoscendo questa chiusura, che conferma il proverbio «nessun profeta è bene accetto nella sua patria», Gesù rivolge alla gente, nella sinagoga, parole che suonano come una provocazione. Cita due miracoli compiuti dai grandi profeti Elia ed Eliseo in favore di persone non israelite, per dimostrare che a volte c’è più fede al di fuori d’Israele. A quel punto la reazione è unanime: tutti si alzano e lo cacciano fuori, e cercano persino di buttarlo giù da un precipizio, ma Egli, con calma sovrana, passa in mezzo alla gente inferocita e se ne va. A questo punto viene spontaneo chiedersi: come mai Gesù ha voluto provocare questa rottura? All’inizio la gente era ammirata di lui, e forse avrebbe potuto ottenere un certo consenso… Ma proprio questo è il punto: Gesù non è venuto per cercare il consenso degli uomini, ma – come dirà alla fine a Pilato – per «dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Il vero profeta non obbedisce ad altri che a Dio e si mette al servizio della verità, pronto a pagare di persona. E’ vero che Gesù è il profeta dell’amore, ma l’amore ha la sua verità. Anzi, amore e verità sono due nomi della stessa realtà, due nomi di Dio. Nella liturgia odierna risuonano anche queste parole di san Paolo: «La carità …non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità» (1 Cor 13,4-6). Credere in Dio significa rinunciare ai propri pregiudizi e accogliere il volto concreto in cui Lui si è rivelato: l’uomo Gesù di Nazaret. E questa via conduce anche a riconoscerlo e a servirlo negli altri.
In questo è illuminante l’atteggiamento di Maria. Chi più di lei ebbe familiarità con l’umanità di Gesù? Ma non ne fu mai scandalizzata come i compaesani di Nazaret. Ella custodiva nel suo cuore il mistero e seppe accoglierlo sempre di più e sempre di nuovo, nel cammino della fede, fino alla notte della Croce e alla piena luce della Risurrezione. Maria aiuti anche noi a percorrere con fedeltà e con gioia questo cammino. (Papa Benedetto XVI, Angelus del 3 febbraio 2013)

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