Paolo Curtaz"In cammino "


Quarta Settimana del Tempo Ordinario
Ger 1, 4-5. 17-19; Sal 70; 1 Cor 12,31 - 13,13; Lc 4, 21-30
Lc 4, 21-30
Dal Vangelo secondo Luca
In cammino 
Oggi si realizza la profezia di Isaia, oggi siamo chiamati, particolarmente in questo Giubileo, a sperimentare l’anno di grazia e di misericordia del Signore.
Per tornare all’essenziale, per sperimentare l’essenziale, per
raccontarlo a quanti incontriamo sulla nostra strada.
Gente spaventata, o inacidita, rancorosa e scoraggiata. Anche fra i credenti. Anche fra di noi.
Travolti dalla follia omicida e suicida del mondo, allibiti davanti al narcisismo gaudente che ci porta verso il baratro, addolorati dai troppi scandali che coinvolgono uomini di Chiesa.
A noi, proprio a noi, il Signore, indicandoci la Parola, quella proclamata dal Esdra al popolo, domenica scorsa, chiede di aprirci all’oggi, smettendola di guardare al passato.
Gesù ha concluso la lettura del brano nella sinagoga della piccola Nazareth.
E, chiudendo il rotolo, non ha commentato il brano citando qualche dotto rabbino, ma ha chiesto a tutti di vedere l’oggi.
Bellissimo. Grandioso.
Peccato, però, che le cose si mettano male.
Stupori
La descrizione di Luca è volutamente ambigua: i concittadini del rabbì sono meravigliati, colmi di stupore. Ma non è lo stupore di chi riceve una notizia davvero inattesa, finalmente positiva, ma lo stupore negativo di chi non si capacita dell’arroganza del figlio del falegname, illetterato e modesto, che pretende di far iniziare la redenzione, la salvezza del popolo.
Cosa che avverrà, certo, ma non come se l’aspettavano. E nemmeno come ce l’aspettiamo noi.
Gesù è troppo semplice, la sua storia conosciuta, le sue vicende famigliari note a tutti e fonte di qualche pettegolezzo. Più volte, nei vangeli, Gesù sarà accusato di essere poco religioso, poco rispondente alle nostre attese messianiche.
Non è buffo il fatto che Dio non risponda alle nostre attese?
Vedono un falegname, non il profeta.
Vedono male. Perché non guardano col cuore.
Sguardi
È lo sguardo che di una donna, di un uomo, la donna, l’uomo. Quello che senti di poter amare per tutta la vita e oltre.
È lo sguardo interiore che disegna la bellezza di un panorama, di una situazione, di un oggetto, non necessariamente i canonici estetici o le mode.
È lo sguardo più autentico sulla storia, la nostra, quella grande, dei popoli, a interpretare gli eventi, a coglierne un senso o, almeno, un orizzonte.
E lo sguardo, come abbiamo letto nella grandiosa riflessione di san Paolo ai Corinti, è determinato dall’amore. Uno sguardo benevolo, colmo di grazia, colmo di attesa, colmo di benevolenza.
Quello sguardo che troppo spesso manca alle nostre quotidianità, immusonite e ingrigite dal dolore o, semplicemente, dalla noia di vivere.
Che bello sarebbe impegnarci, in questo anno giubilare, a guardare noi stessi e coloro che ci stanno attorno con lo sguardo con cui Dio vede noi e la Storia!
Poiché abbiamo incontrato (o possiamo incontrare, o incontreremo) lo sguardo benevolo del Padre su di noi, siamo in grado di vedere tutto in un’altra prospettiva.
Questo avverrà in pienezza più avanti, quando vedremo Dio faccia a faccia.
E qui, almeno un po’, nelle succursali del Regno che sono (che potrebbero essere) le nostre comunità cristiane.
Ma qui e ora, è certo, ci vuole pelo sullo stomaco per credere alle parole di Gesù. A rintracciare nell’oggi caotico e deprimente il sorriso di Dio
Questo è un tempo per cristiani forti e motivati, non scherziamo.
Muro di bronzo
Come quando Geremia si è trovato a custodire la fede in un momento di enorme sbandamento, di perdita della fede e dell’identità. Intendiamoci: allora, come forse accade oggi, l’apparenza era salva. Stuoli di profeti di corte applaudivano al re di Israele che giocava a fare la grande potenza e Geremia, solo, irriso, dileggiato, perseguitato, era l’unico a parlare con verità.
Non amava fare il profeta, Geremia.
Né lo aveva chiesto.
Ma ci si era trovato, seguendo la bellezza di Dio, lasciandosi sedurre.
E Dio non gli aveva promesso una vita semplificata, anzi.
Ma di farlo diventare un muro di bronzo. Per non cedere.
Senza diventare dei fanatici, senza ergere barriere, siamo chiamati a conservare la purezza della fede così come ce l’hanno trasmessa gli apostoli.
Migliaia di fratelli e sorelle, oggi, non durante le persecuzioni di Nerone, stanno pagano con la vita la propria fede.
Si mise in cammino
La conclusione del brano del vangelo è straordinaria.
Gesù, condotto sul ciglio del paese per essere lanciato nel vuoto, si gira, passa in mezzo ai suoi incarogniti concittadini, e tira diritto per la sua strada. Scrive Luca: si mise in cammino.
Un cammino, nel suo vangelo, che durerà per venti capitoli, fino a Gerusalemme, fino al Golgota.
Se vogliamo essere discepoli del Maestro, prepariamoci a qualche incomprensione, a qualche scontro, a qualche scelta dolorosa.
Davanti all’incomprensione Gesù non si chiude in se stesso ma si mette in cammino.
Imparassimo!
Paolo Curtaz

Fonte:"Ti racconto la Parola"

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