Abbazia Santa Maria di Pulsano,Letture patristiche DOMENICA «DELLE TENTAZIONI DEL SIGNORE»

Letture patristiche
DOMENICA «DELLE TENTAZIONI DEL SIGNORE»
I di Quaresima C
Luca 4,1-13; Deuteronomio 26,4-10; Salmo 90; Romani 10,8-13
DISCORSO 206
QUARESIMA
di sant’Agostino, vescovo
Quaresima tempo d'umiltà.
1. Dopo un anno è ritornato il tempo della Quaresima e io mi sento in dovere di farvi delle
esortazioni. Anche voi infatti siete debitori verso Dio di azioni adeguate al tempo che state vivendo, azioni che possano giovare a voi, non a Dio. Il cristiano anche negli altri tempi dell'anno deve essere fervoroso nelle preghiere, nei digiuni e nelle elemosine. Tuttavia questo tempo solenne deve stimolare anche coloro che negli altri giorni sono pigri in queste cose. Ma anche quelli che negli altri giorni sono solleciti nel fare queste opere buone, ora le debbono compiere con più fervore. La vita che trascorriamo in questo mondo è il tempo della nostra umiltà ed è simboleggiata da questi giorni nei quali il Cristo Signore, il quale ha sofferto morendo per noi una volta per sempre, sembra che ritorni ogni anno a soffrire. Infatti ciò che è stato fatto una sola volta per sempre, perché la nostra vita si rinnovasse, lo si celebra tutti gli anni per richiamarlo alla memoria. Se pertanto dobbiamo essere umili di cuore con tutta la forza di una pietà assolutamente verace per tutto il tempo di questo nostro pellegrinaggio, durante il quale viviamo in mezzo a tentazioni: quanto più dobbiamo esserlo in questi giorni nei quali non solo, vivendo, stiamo trascorrendo questo tempo della nostra umiltà, ma lo simboleggiamo anche con un'apposita celebrazione? L'umiltà di Cristo ci ha insegnato ad essere umili: nella morte infatti si sottomise ai peccatori; la glorificazione di Cristo glorifica anche noi: con la risurrezione infatti ha preceduto i suoi fedeli. Se noi siamo morti con lui - dice l'Apostolo - vivremo pure con lui; se perseveriamo, regneremo anche insieme con lui 1. La prima parte di questa espressione dell'Apostolo celebriamola ora con la dovuta devozione, avvicinandosi la sua passione; la seconda parte la celebreremo dopo Pasqua, a risurrezione avvenuta. Dopo Pasqua infatti, passati questi giorni in cui manifestiamo la nostra umiltà, sarà il tempo anche della nostra glorificazione, benché non possa essere pienamente realizzato perché non c'è ancora la visione - tuttavia già reca gioia soltanto il pensarci sopra -. Ora dunque gemiamo con preghiere più insistenti: poi saremo più abbondantemente ricolmi di gioia nella lode.
Due specie di elemosine: dare e perdonare.
2. Alle nostre preghiere, perché volando possano raggiungere più facilmente Dio, aggiungiamo, con le elemosine e i digiuni, le ali della pietà. Di qui il cristiano ben comprende quanto debba guardarsi dall'appropriarsi indebitamente di una cosa altrui: quando sente dire che è quasi un furto il non dare all'indigente le cose che gli sono superflue. Il Signore dice: Date e vi sarà dato; perdonate e vi sarà perdonato 2. Con mitezza e con fervore facciamo dunque queste due specie di elemosine: il dare e il perdonare, noi che preghiamo il Signore perché ci dia cose buone e ci perdoni quelle cattive. Date - dice il Signore - e vi sarà dato. Che cosa c'è di più vero e più giusto che chi ricusa di dare inganna se stesso e non si ritrova niente in mano? Se giudichiamo sconsiderato l'agricoltore che presume di trovare la messe nel campo ove sa bene di non aver precedentemente seminato, quanto più sconsiderato è chi pensa di trovare un Dio ricco che dà con larghezza, quando egli non ha voluto ascoltare il povero che gli chiedeva qualcosa? Colui che non ha bisogno di nulla infatti volle essere nutrito nella persona dei poveri. Non disprezziamo dunque nel povero il nostro Dio che si mostra bisognoso per poter, anche noi bisognosi, essere appagati in lui, ricco. Abbiamo dei poveri, ma anche noi siamo nella povertà: diamo dunque, affinché anche noi possiamo ricevere. E in fondo che cos'è ciò che diamo? E in compenso di quello che diamo, che è cosa esigua, visibile, temporale e terrena, che cosa desideriamo ricevere? Ciò che occhio non vide né orecchio udì né entrò in cuore d'uomo 3. Se non ce l'avesse promesso lui stesso, sarebbe stata spudoratezza dare beni terreni e aspettarci in cambio quanto detto sopra; figuriamoci se non si volesse dare neanche qualche bene terreno!. Ma noi non li avremmo neanche questi beni se non ce li desse colui che ci esorta ad elargirli. Con che coraggio speriamo che Dio ci conceda i beni temporali e quelli eterni, se non obbediamo a lui che ci comanda cose di poco peso? Perdonate e vi sarà perdonato 4, ossia non tenete conto (del male altrui) e neanche del vostro si terrà conto. Il servo si riconcilii con il conservo perché non venga giustamente punito dal padrone 5. Per quanto riguarda questa specie di elemosina nessuno è talmente povero che non possa farla. Per acquistare la vita eterna può farla anche chi in questa vita terrena non ha di che vivere. Questa elemosina la si dà gratuitamente e dando si accumulano tesori che non vengono meno se non quando non si elargisce. Coloro che fino a questi giorni avevano delle discordie non diano loro tregua fino a che non sono scomparse. Vengano eliminate affinché esse non eliminino chi ce l'ha, non vengano trattenute nel cuore affinché non lo rendano schiavo, vengano distrutte dal Redentore affinché non distruggano chi le conserva.
I digiuni graditi a Dio.
3. I vostri digiuni non siano come quelli che il profeta condanna dicendo: Non è questo il digiuno che io voglio, dice il Signore 6. Biasima i digiuni di chi è in lite, vuole digiuni di uomini pii. Biasima gli oppressori, vuole chi dia conforto. Biasima coloro che creano inimicizie, vuole coloro che se ne liberano. In questi giorni pertanto moderate i desideri delle cose lecite per astenervi del tutto da quelle illecite. Mai deve sguazzare nel vino o nell'adulterio colui che in questi giorni si modera nei rapporti coniugali. In tal modo la nostra preghiera, fatta in umiltà e carità, nel digiuno e nell'elemosina, nella temperanza e nel perdono, dando cose buone e non restituendo quelle cattive, allontanandosi dal male e facendo il bene, cerca la pace e la consegue 7. Con le ali di queste virtù la nostra preghiera vola sicura e più facilmente viene portata fino al cielo, dove Cristo nostra pace 8 ci ha preceduto.

Note

1 - 2 Tm 2, 11-12.
2 - Lc 6, 37-38.
3 - 1 Cor 2, 9.
4 - Lc 6, 38.
5 - Cf. Mt 18, 23-35.
6 - Is 58, 5.
7 - Cf. Sal 33, 15.
8 - Cf. Ef 2, 14.
DISCORSO 211
QUARESIMA
di sant’Agostino, vescovo

La trave dell'odio.
1. Questi giorni sacri, che trascorriamo nell'osservanza quaresimale, ci invitano a parlarvi della concordia fraterna: chiunque abbia di che lagnarsi contro qualcuno, se la finisca, se non vuol finir male lui stesso. Non prendete alla leggera queste cose, fratelli miei. Infatti questa vita mortale e fragile è esposta a pericoli fra tante tentazioni terrene: e anche se prega per non essere sommersa, tuttavia in nessun giusto può essere libera da qualunque peccato. Uno solo è il rimedio grazie al quale possiamo vivere: Dio, nostro maestro, ci ha insegnato a dire nella preghiera: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 1. Abbiamo stipulato con Dio un patto, abbiamo accettato la ricetta, abbiamo sottoscritto la condizione di essere liberati dal nostro debito dietro cauzione. Possiamo chiedere con piena fiducia: Rimetti a noi a condizione che anche noi rimettiamo. Altrimenti non illudiamoci che vengano rimessi i nostri peccati. Non inganniamoci da soli, l'uomo cerchi di non ingannarsi; e Dio da parte sua non inganna nessuno. È umano adirarsi - magari potessimo non farlo! -, è umano adirarsi: ma la tua ira, che all'inizio è come un piccolo fuscello, non deve essere alimentata da sospetti fino ad arrivare alla trave dell'odio 2. Una cosa infatti è l'ira, altra è l'odio. Spesso anche il padre si adira contro il figlio senza per questo odiare il figlio; si adira contro di lui per correggerlo. E se si adira per correggerlo, si adira per amore. Perciò è stato detto: Vedi il fuscello nell'occhio di tuo fratello e non vedi la trave che è nel tuo occhio 3. Biasimi nell'altro l'ira e tu covi odio dentro te stesso! Rispetto all'odio l'ira è come una pagliuzza. Ma la pagliuzza, se viene alimentata, diventa trave; se invece la togli da te e la getti via, si disperde.
Chi odia il proprio fratello è omicida.
2. Se avete posto attenzione... che cosa avete capito? Quando vi è stata letta la lettera di S. Giovanni, una sua espressione dovrebbe avervi incusso timore. Ha detto: Si dissipano le tenebre e splende già la luce vera; aggiungendo poi: chi dice d'essere nella luce e odia il proprio fratello è ancora nelle tenebre 4. Forse qualcuno penserà che le tenebre di cui si parla qui siano come quelle che debbono subire quelli che sono chiusi nelle carceri. Magari fossero come quelle! E pur tuttavia nessuno vorrebbe vivere neanche in quelle. Nelle tenebre delle carceri possono essere rinchiusi anche degli innocenti; in tali tenebre sono stati rinchiusi infatti anche i martiri. Le tenebre li avvolgevano da ogni parte ma la luce rifulgeva nei loro cuori. Nelle tenebre del loro carcere non vedevano niente con gli occhi ma potevano vedere Dio grazie all'amore fraterno. Volete sapere quali siano quelle tenebre di cui è scritto: Chi odia il proprio fratello è ancora nelle tenebre? In un altro passo lo stesso Giovanni dice: Chi odia il proprio fratello è omicida 5. Chi odia il proprio fratello può camminare, uscire, entrare, andare avanti, non è appesantito da alcuna catena, non è chiuso in nessun carcere: tuttavia rimane legato dalla colpa. Non pensare che non si trovi in carcere: il suo carcere è il suo cuore. Quando senti che chi odia il proprio fratello è ancora nelle tenebre, perché tu non minimizzi sul significato di tali tenebre, aggiunge: chi odia il proprio fratello è omicida. Porti odio al tuo fratello e cammini con tanta sicurezza? E non vuoi metterti d'accordo finché Dio te ne dà il tempo 6? Ecco: sei omicida e continui a vivere. Se avessi a che fare con un Dio irascibile in un batter d'occhio saresti strappato via da questa vita con l'odio per il tuo fratello nel cuore. Il Signore ti risparmia, risparmiati anche tu, mettiti d'accordo con il tuo fratello. O forse tu vorresti ma non vuole lui? Ti basti questo. Hai motivo di compiangerlo, ma tu hai saldato il tuo debito. E se tu vuoi metterti d'accordo ma non lo vuole lui, dì pure tranquillo: Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 7.
Perdona l'offesa del fratello.
3. Supponiamo che tu l'abbia offeso, vuoi ritornare in pace con lui, vuoi dirgli: "Fratello, perdonami, ti ho offeso". Ma lui non vuol perdonare, non vuol rimettere il debito, non vuol rimetterti quanto tu hai nei suoi confronti. Ebbene, sia lui a stare attento quando va a pregare. Quando verrà a pregare colui che non vuol perdonare il peccato che, mettiamo, hai commesso contro di lui, che cosa farà? Dica: Padre nostro che sei nei cieli. Aggiunga: sia santificato il tuo nome. Dì ancora: venga il tuo regno. Continua: sia fatta la tua volontà come in cielo cosi in terra. Va' avanti: dacci oggi il nostro pane quotidiano 8. Hai detto fin qui. Vedi di non saltare la frase che segue per continuare poi con le altre parole. Non hai la possibilità di passare oltre, sei bloccato da quelle parole. Su, dille; oppure, se non hai motivo per dire: Rimetti a noi i nostri debiti, non dire niente. Ma allora dove va a finire quanto dice l'apostolo Giovanni: Se dicessimo che non abbiamo alcun peccato inganneremmo noi stessi e la verità non sarebbe in noi 9? Se invece ti rimorde la coscienza delle tue fragilità, se in questo mondo ovunque si trova abbondanza di male, dì pure: rimetti a noi i nostri debiti. Ma sta' attento a quanto segue. Non hai voluto perdonare il torto del tuo fratello e dirai: come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 10? Oppure non lo dirai? Se non lo dirai, non riceverai niente; e se lo dirai, dirai il falso. Dillo dunque ma dì la verità. E come potrai dire la verità se non hai voluto perdonare il peccato al tuo fratello?.
Chiedi perdono al fratello che hai offeso.
4. Egli è stato ammonito. Ora voglio fare animo a te, chiunque tu sia - se ce n'è qualcuno tra di voi - che hai detto al tuo fratello: Perdonami il peccato che ho commesso contro di te. Se questo l'hai detto di tutto cuore, se l'hai detto con vera umiltà e non con falsa carità - così come Dio vede nel tuo cuore donde hai espresso il tuo sentimento - non stare in angustia qualora il tuo fratello non abbia voluto perdonarti. Siete ambedue servi, ambedue avete uno stesso Signore. Tu sei debitore del tuo conservo e lui non ha voluto perdonarti: appellati al Signore di ambedue. Esiga pure quel servo, se può, quanto il Signore ti ha già condonato 11. Un'altra cosa ancora. Ho avvertito colui che non vuol perdonare al proprio fratello che gli chiede perdono: faccia quel che non aveva voglia di fare se, quando prega, vuol ricevere quanto desidera. Ho avvertito anche colui che ha chiesto perdono del suo peccato al proprio fratello e non l'ha ottenuto: ciò che non è riuscito ad ottenere dal suo fratello stia sicuro che l'otterrà dal suo Signore. Debbo dare un terzo ammonimento. Che cosa fare se un tuo fratello ha peccato contro di te e non vuol dirti: Perdonami il torto che ti ho fatto? Quest'erba cattiva è purtroppo abbondante; voglia il Signore sradicarla dal suo campo 12, cioè dai vostri cuori! Quanti sono infatti coloro che sanno bene di aver peccato contro i loro fratelli e non vogliono dire: Perdonami! Non arrossirono nel fare il male e arrossiscono nel chiedere perdono; non si vergognarono dell'iniquità e si vergognano dell'umiltà. Ammonisco particolarmente costoro. Voi che siete in lite con i vostri fratelli, che rientrate in voi stessi, che riflettete su di voi, che riuscite a dare un giusto giudizio su di voi, nell'intimo dei vostri cuori; che riconoscete che non avreste dovuto fare quanto avete fatto, che non avreste dovuto dire quanto avete detto, chiedete perdono da fratelli ai vostri fratelli, fate come dice l'Apostolo: perdonandovi a vicenda come anche Dio in Cristo ha perdonato a voi 13. Fate così, non vergognatevi di chiedere perdono. Lo dico a tutti nello stesso modo: uomini e donne, piccoli e grandi, laici e chierici; lo dico anche a me stesso. Tutti dobbiamo ascoltare, tutti dobbiamo aver timore se abbiamo peccato contro i nostri fratelli. Abbiamo ricevuto ancora una dilazione nella vita, non è ora di morire. Se pertanto ancora siamo in vita, non ancora siamo stati condannati; finché viviamo compiamo la volontà del Padre che sarà anche giudice e chiediamo perdono ai nostri fratelli che forse, facendo loro torto, abbiamo qualche volta offeso, qualche volta oltraggiato. Ci sono persone di umile condizione - secondo la stima di questo mondo - che montano in superbia se domandi loro perdono. Mi spiego. A volte un padrone compie un'ingiustizia nei confronti del proprio servo. Anche se l'uno è padrone e l'altro è servo, ambedue tuttavia sono servi di un altro, perché ambedue sono stati redenti dal sangue di Cristo. Sembra tuttavia troppo severo che s'imponga, che si comandi che, se per caso il padrone commette un'ingiustizia nei confronti del proprio servo riprendendolo ingiustamente o percuotendolo ingiustamente, gli debba dire: Perdonami, concedimi il perdono. Non perché non lo debba fare, ma perché l'altro non cominci a diventare superbo. Che cosa dire? Si penta davanti a Dio, castighi il suo cuore alla presenza di Dio; e se non può dire al servo, perché non lo ritiene opportuno: Perdonami, gli parli con parole dolci. Rivolgersi infatti ad uno con parole dolci è come chiedergli perdono.
Costituire pacieri per comporre discordie.
5. Mi rimane di parlare a coloro che sono stati offesi da altri, nel caso che costoro - che hanno offeso i primi - non vogliano chiedere perdono. Ho già parlato a coloro che non vogliono concedere il perdono ai fratelli che lo chiedono. Ora dunque, mentre mi rivolgo a tutti voi perché, trovandoci in questi giorni sacri, non rimangano in piedi le vostre discordie, credo che vi sarete dati pensiero nei vostri cuori voi che siete consapevoli di avere alcune questioni in sospeso con i vostri fratelli ma trovate che non voi avete mancato nei loro confronti bensì essi nei vostri confronti. Anche se ora non mi interpellate con la voce - perché in questo luogo è compito mio parlare, compito vostro invece è tacere e ascoltare - tuttavia forse state parlando nella vostra mente e vi state dicendo: Vorrei mettermi d'accordo, ma è lui che mi ha offeso, è lui che ha mancato nei miei confronti, e tuttavia non vuol chiedermi perdono. Che cosa dirò a costui? Dirò: Va' da lui e chiedigli perdono tu? Assolutamente no. Non voglio che tu mentisca, non voglio che tu dica: Perdonami, quando sai bene di non aver mancato contro tuo fratello. A che cosa ti serve accusare te stesso? Come puoi aspettarti che ti perdoni colui che non hai offeso e nei cui confronti non hai mancato? Non ti serve a nulla, non voglio che lo faccia. Conosci i fatti, hai ben ponderato le cose, sei certo che lui ha mancato nei tuoi confronti e non tu nei suoi confronti? Lo so, dice. Fatto assicurato, sentenza emanata! Non andare dal tuo fratello che ha mancato contro di te e tanto meno per chiedergli perdono. Bisogna stabilire tra di voi alcuni pacieri che lo convincano anzitutto a chiedere perdono a te. Tu devi semplicemente essere pronto a perdonargli, proprio pronto a perdonargli con tutto il cuore. Se sei disposto a perdonare, hai già perdonato. Ma hai ancora una cosa che puoi fare: pregare; prega per lui, perché ti chieda perdono; poiché sai che va a suo danno se non lo chiede, prega per lui affinché lo chieda. Dì al Signore nella tua preghiera: Signore, sai che non ho fatto niente contro quel mio fratello, che lui ha mancato contro di me e che il suo peccato nei miei confronti danneggerebbe lui se non mi chiede perdono. Quanto a me ti chiedo di cuore di perdonargli.
A Pasqua almeno cessino le liti.
6. Ecco, vi ho detto che... - soprattutto in questi giorni nei quali praticate i digiuni, gli esercizi di pietà, la continenza - ciò che dovete fare per essere in pace con i vostri fratelli. Possa gioire della vostra pace ritrovata anch'io che mi rammarico per le vostre liti: affinché, perdonandovi a vicenda se qualcuno ha delle liti contro qualcun altro 14, tutti possiamo far Pasqua con coscienza tranquilla, possiamo celebrare serenamente la passione di colui che, pur non dovendo niente a nessuno, ha saldato il debito al posto dei debitori; parlo del Signore Gesù Cristo il quale non ha fatto torto a nessuno eppure, per così dire, il mondo intero si è scagliato contro di lui. E invece di esigere gravi punizioni ha promesso dei premi. Di conseguenza abbiamo lui come testimone nei nostri cuori: se abbiamo mancato contro qualcuno, chiediamogli perdono con cuore sincero; se un altro ha mancato nei nostri confronti, siamo pronti a concedere perdono e preghiamo per i nostri nemici 15. Allontaniamo da noi il desiderio della vendetta, fratelli. Che cosa è vendicarsi se non nutrirsi del male altrui? So che ogni giorno vengono qui delle persone, s'inginocchiano, chinano la fronte fino a terra, a volte rigano il volto di lacrime; e in tanta umiltà e turbamento d'animo dicono: Signore, vendicami, uccidi il mio nemico. Sì, prega il Signore che uccida in lui il tuo nemico e salvi in lui il tuo fratello: uccida la sua inimicizia e salvi la sua persona. Prega così nel chiedere a Dio che ti vendichi: perisca in lui colui che ti perseguitava ma rimanga e ti sia restituito colui che è tuo fratello.

Note

1 - Mt 6, 12.
2 - Cf. Mt 7, 3-5.
3 - Mt 7, 3.
4 - 1 Gv 2, 8-9.
5 - 1 Gv 3, 15.
6 - Cf. Mt 5, 25.
7 - Mt 6, 12.
8 - Mt 6, 9-11.
9 - 1 Gv 1, 8.
10 - Mt 6, 12.
11 - Cf. Mt 18, 23 ss.
12 - Cf. 1 Cor 3, 9.
13 - Ef 4, 32.
14 - Col 3, 13.
15 - Cf. Mt 5, 44.

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