CHARLES DE FOUCAULD"Digiuno e tentazione di Nostro Signore nel deserto."

CHARLES DE FOUCAULD: COMMENTI AL VANGELO DI LUCA   I DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C
MEDITAZIONE NUM. 270
Come sei buono, mio Dio, ad aver sofferto per noi tante sofferenze1
e tanti abbassamenti…
Durante la Santa Quarantena, hai sofferto per noi la fame, la sete, il freddo, la fatica, la
debolezza, hai sofferto nella Tua anima al pensiero della Santa Vergine privata della Tua
presenza, che soffre di non vederTi e di pensare che soffri, hai sofferto tutti i dolori, tutte le
colpe, tutti i mali degli uomini presenti e futuri, poiché li ami tutti… Ti sei abbassato fino a
permettere al demonio di tentarTi, forse di toccarTi!... Tutto questo per noi, o mio Dio, per
Dio in primo luogo, senza dubbio: per glorificare Dio con la Tua obbedienza; ma in seguito
per noi, poiché è per amore nostro che Dio Te lo chiede, è per il nostro bene che Te lo
chiede.
È un mare immenso, o mio Dio, la Tua Quarantena… I suoi insegnamenti sono infiniti.
Poiché è un tipo di vita che ci presenti in essa. È uno dei tre tipi di vita perfetti, divini,
ugualmente santi, che pratichi, che ci proponi con il Tuo esempio: la vita di Nazareth, la
vita del deserto, la vita pubblica… Ci insegni ciò che deve essere la vita del deserto: Una
vita di solitudine, di contemplazione, di penitenza, di povertà… Ci insegni, conducendo per
un certo tempo questa vita, che è un genere di vita santo, perfetto, divino, che le anime che
Tu chiami a esso conducono per tutta la loro vita… E conducendola solo per un certo tempo,
ci mostri che, se certe anime, in seguito ad una vocazione speciale, devono condurla sempre,
le altre, devono, come Te, condurla in una certa misura e per un certo tempo, facendo in
certi momenti importanti della vita, prima di atti seri, dei ritiri nei quali per un certo tempo
si raccolgono nella contemplazione, nella solitudine, nella penitenza…
Ci insegni poi che si va nel deserto per essere tentati, che non bisogna quindi, né stupirsi,
né spaventarsi, né scoraggiarsi, se, quando si lascia tutto per seguirTi, se, quando ci si ritira
nella solitudine, si è più tentati di prima: è la regola, e non è sorprendente che il demonio si
attacchi tanto più ad un’anima quanto la vede più decisa a servire Dio… D’altra parte, sia
queste tentazioni sia la vista delle nostre imperfezioni ci appaiono molto più chiaramente
nella chiarezza della solitudine, della meditazione, della contemplazione, di quanto non
facessero quando i nostri occhi erano oscurati da mille pensieri terreni.
Ci dai dei mezzi, dei metodi per vincere le tentazioni: la fede nella parola divina, la povertà
di spirito che considera come del fango la terra intera e tutti i suoi beni, l’umiltà che non
vuole tentare Dio e che resta all’ultimo posto, che non vuole fare grandi cose nemmeno
quando ciò le sarebbe facile e produrrebbe la conversione dell’intero genere umano, se Dio
non glielo ordina manifestandole chiaramente la Sua volontà al riguardo… Quest’ultima
lezione è particolarmente importante; senza dubbio bisogna fare, come Gesù fa rà più tardi,
delle opere esteriori, ma soltanto quando vi si è chiamati da Dio, quando «l’ora è giunta»…
Fintantoché non se ne è ricevuta chiaramente missione da Dio, il modo di glorificarlo non è
tentare di fare da se stessi le opere che ci sembrano utili alla Sua gloria, ma restare, come
Gesù, a Nazareth, come Gesù, nel deserto, all’ultimo posto, finché la mano stessa di Dio
non ce ne tira fuori, se questo Gli piace, e ci dà chiaramente missione per fare tale o
tal’altra opera…
Abbiamo sempre presente agli occhi questo esempio, questo insegnamento di Gesù, questo
esempio della Sua oscurità di Nazareth, e del deserto, duplice periodo coronato e riassunto
da questa parola: «Non è permesso tentare Dio»… Ora, è tentarlo intraprendere un’opera il
cui compimento chiede delle grazie soprannaturali, senza aver ricevuto missione da Colui

1 Le parole in corsivo, negli scritti originali di Charles de Foucauld, sono sottolineati una volta, le parole in
grassetto sono sottolineate da lui più volte.
2
che solo distribuisce queste grazie… Imitiamo San Giovanni, che ha atteso trent’anni nel
deserto la missione dall’alto; imitiamo San Paolo che ha atteso prima in Arabia, poi a Tars o,
per degli anni, l’ora di ricevere dagli uomini, rappresentanti di Dio quaggiù, questa missione
di convertire i gentili, che gli era stata così chiaramente annunciata da Dio; sono stati
perfetti tutti e due, perché, come lo Spirito Santo dice di San Paolo, sono stati dei «fedeli
imitatori di Gesù»… Imitiamo quindi soprattutto Gesù, che attese, Lui, Dio, per più di
trent’anni, la missione di predicare il Vangelo… Chiunque siamo, qualsiasi desiderio
abbiamo, a qualsiasi cosa ci crediamo chiamati, restiamo dove siamo, limitandoci a far
conoscere pienamente lo stato della nostra anima a un saggio direttore, e viviamo così,
facendo ogni giorno il più perfettamente possibile ciò che dobbiamo fare, non
preoccupandoci, non occupandoci minimamente dell’avvenire, né di fare altra cosa se non
il dovere del nostro stato nel momento presente; e per tutto il resto abbandoniamoci a Dio;
se non vuole nient’altro da noi, ci lascerà sempre così e resteremo tutta la nostra vita in
questo stato per Sua volontà; se vuole qualcos’altro da noi, ce lo farà conoscere, ci
chiamerà autenticamente, ci darà chiaramente missione quando il momento sarà giunto…
«Non tentiamo Dio»… «Come predicheranno, se non sono inviati?»… Guardiamoci bene
dall’agire senza missione… Seguiamo sempre questa linea di condotta della quale Gesù ci
dà qui il precetto e per più di trent’anni, l’esempio 2
.
3 M/270, su Lc 3,23-4,13, in C. DE FOUCAULD, La Bonté de Dieu. Méditations sur les saints Evangiles (1),
Nouvelle Cité, Montrouge 1996, 227-230.

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