Clarisse di Via Vitellia"Illuminati dalla Promessa"


II Domenica di Quaresima (Anno C) (21/02/2016)
Vangelo: Lc 9,28-36 
COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura delle Clarisse di Via Vitellia
"Illuminati dalla Promessa"
Dobbiamo ammettere che il grido del salmista è il nostro grido: "Io grido: abbi pietà di me,
rispondimi! / Il mio cuore ripete il tuo invito: / «Cercate il mio volto!». / Il tuo volto, Signore, io cerco. / Non nascondermi il tuo volto...". Da poco siamo entrati nello spazio sacro della Quaresima, e l'abbiamo fatto attraverso il deserto, attraverso il buio della tentazione: uno spazio che tutto sommato ci è congeniale, perché tutti - chi più chi meno, ma tutti... - abbiamo un luogo interiore in cui sentiamo la distanza da Dio, il suo silenzio, e in questo silenzio altre voci che risuonano e ci turbano, ci distraggono, ci portano lontano. La liturgia, che sempre ci aiuta a leggere la nostra vita, ci viene ad incontrare in questo luogo proprio all'inizio della Quaresima, quasi a dirci: "Si parte da qui, dalla presa di coscienza del nostro buio, della nostra distanza da Dio". Ma da qui si leva il grido del cuore che cerca il volto del suo Dio, la sua luce, la sua salvezza..
E qui Lui ci viene incontro, rispondendoci con la sua Parola, che - come ci fa pregare la colletta - nutre la nostra fede e purifica gli occhi del nostro spirito. Oggi la Parola ci consegna una promessa, perché forti di questa promessa ci addentriamo nel cammino quaresimale.
Promessa è quella di una discendenza numerosa come le stelle del cielo che Dio fa ad Abramo, insieme al possesso della terra, non a caso detta "promessa"; promessa è quella della gloria futura che Gesù fa brillare davanti agli occhi dei discepoli, insieme al possesso della "cittadinanza nei cieli", della terra benedetta del Paradiso, della beatitudine eterna.
"Questo mi consola nella mia miseria: la tua promessa mi fa vivere", preghiamo con il Salmo 119,50. Nelle difficoltà della vita spesso altro non c'è su cui appoggiarsi che una promessa. Così è per l'addentrarsi nel cammino quaresimale, cammino in cui la nostra stessa miseria e fragilità chiede di essere riconosciuta e assunta, per arrivare a celebrare la Pasqua realmente con azzimi di sincerità e verità. Cammino che potrà essere talvolta vuoto di parole, di conferme, di rassicurazioni: unica certezza sarà la promessa di Dio, e la sua fedeltà alle promesse.
Promessa di Dio è quella Parola che ad un dato momento della vita è brillata come luce nel cuore, esperienza a volte anche solo di pochi attimi, ma capace di sostenere una vita intera, per la sua chiarezza e la sua forza: "limpida e pura è la tua promessa", preghiamo ancora nel salmo 119,140. Esperienza a volte fragile, da cogliere nella fede e da custodire: Abramo deve proteggere gli animali preparati per il sacrificio dagli uccelli rapaci che tentano di divorarli; deve proteggere anche se stesso dal terrore e dalla grande oscurità che lo assalgono al calar del sole; deve saper attendere anche quando il buio si fa fitto, perché è nel buio fitto che si potrà mostrare con più evidenza la fiaccola ardente che sigillerà il patto di alleanza tra lui e Dio. D'ora in poi Abramo si muoverà su questa promessa, vivrà di questa promessa, prendendo forza nel passato per illuminare il proprio futuro. Papa Francesco, in Lumen Fidei 9, ha una bellissima espressione per descrivere questa dinamica, quella di memoria futuri: "In quanto risposta a una Parola che precede, la fede di Abramo sarà sempre un atto di memoria. Tuttavia questa memoria non fissa nel passato ma, essendo memoria di una promessa, diventa capace di aprire al futuro, di illuminare i passi lungo la via".
Se poi ci spostiamo sul Monte della trasfigurazione, vediamo i tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, prima assopiti dal sonno, poi estasiati dalla dolcezza, infine intimoriti dalla nube. Mentre il Figlio di Dio, Lui che opera sempre come il Padre (cf. Gv 5,17), sta pregando, i discepoli cedono alla stanchezza e si addormentano. Li risveglia lo sfolgorare della gloria di Dio, più forte di ogni stanchezza: lo splendore di tanta luce e tanta bellezza li rapisce in un'estasi da cui non vorrebbero più riprendersi: "Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne...". Ma nella proposta di Pietro c'è tanta ingenuità: non si può reggere a lungo lo svelarsi di Dio, che viene meno per restare però impresso nella mente come promessa, meglio come memoria futuri.
Quale il futuro verso cui vengono chiamati a camminare i discepoli, dunque ognuno di noi? Una nube li avvolge, anch'essa manifestazione e rivelazione della presenza di Dio, ma misteriosa, al punto che i discepoli prima estasiati ora hanno paura. La voce nella nube conferma la promessa e dà un'indicazione per il cammino: "Questi è mio figlio, l'eletto, ascoltatelo!". Quasi a dire: "Ascoltate Lui, la sua Parola basta: non dovete attendere altro!", perché in Lui "tutte le promesse di Dio sono divenute sì" (2Cor 1,20a).
Gesù Cristo, Figlio di Dio, "irradiazione della gloria del padre e impronta della sua sostanza" (Eb 1,3), Colui che è disceso dal cielo per noi e per la nostra salvezza e per noi ha affrontato la morte, che per noi ha riportato la vittoria e per noi siede ora glorioso nel cielo: con Lui e solo con Lui possiamo affrontare il deserto quaresimale, nella certezza della sua vittoria, a dispetto della nostra povertà... di più, attraverso la nostra povertà. Ma, attenzione: questa è una promessa, a cui bisogna credere con fiducia. La luce chiara che avrà brillato ad un dato attimo della vita sarà ormai avvolta dalla nube: resta la Sua parola, che ri-corda, cioè riporta al cuore, la promessa. Basta continuare a credere, sostenuti dalla sua promessa, e la nostra speranza non sarà delusa (cf. Sl 119,116; Rm 5,5).

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