don Alberto Brignoli "Luci e ombre"
Luci e ombre
don Alberto Brignoli
II Domenica di Quaresima (Anno C) (21/02/2016)
Vangelo: Lc 9,28-36
Non è vero che la vita di fede è una vita di sofferenza e di infelicità. Certamente, la vita ci fa
sperimentare parecchie situazioni spiacevoli e dolorose, di fronte alla quali ci chiediamo perché Dio non si fa sentire. Così com'è altrettanto vero che ci sono esperienze di fede in cui si sperimenta la presenza di Dio proprio in mezzo alle prove e alle sofferenze, ritenute parte del progetto di Dio su di noi. A me, tuttavia, piace pensare la vita di fede come una vita di gioia e di entusiasmo, fatta senza dubbio di fatiche e di difficoltà, ma sempre affrontate con la serena certezza che credere in Gesù è fonte di gioia, e soprattutto che la vita di fede non è un peso, un carico difficile da portare, ma uno zainetto leggero, un giogo "soave", così come Gesù stesso ce lo descrive nel Vangelo. E allora, salire sul monte a pregare - come fa oggi Gesù con tre dei suoi discepoli - può anche rappresentare una fatica, perché trovare luoghi e tempi per la preghiera, in un mondo come il nostro, è sempre difficile; ma nel momento in cui accettiamo questa sfida, nel momento in cui anche noi lo accompagniamo in questo viaggio, riusciamo pure a sperimentare la bellezza di stare con lui.
Chi di noi non ha mai fatto l'esperienza, nella propria vita, di trovarsi in un'oasi dello spirito, in uno di quei luoghi, cioè, dove si sperimenta un'energia particolare, una presenza forte dello Spirito, un misticismo intenso dovuto anche alla storia, alla presenza di grandi santi e sante della contemplazione? Gli esempi si sprecano, soprattutto in una terra come la nostra italiana, dove il passato ci ha riservato particolari effusioni dello Spirito. Sono luoghi che t'immergono in una dimensione talmente pacifica e piacevole dalla quale non vorresti andartene più... ti verrebbe voglia di piantare una tenda e fermarti lì, a contemplare, il più possibile. Molti sanno bene di cosa sto parlando: di certo, lo sapeva bene Pietro, che quel giorno accompagnò il Maestro con i suoi compagni su un monte. Pensavano si trattasse di un momento come tanti altri, uno spazio di preghiera come quelli che il Maestro era solito ritagliarsi: né lui né gli altri due erano certo preparati a un'esperienza mistica, tant'è che il loro misticismo non parte proprio con il piede giusto, anzi, preferiscono farsi una dormita... ma il fulgore e lo splendore dell'esperienza di fede che stanno per vivere prende il sopravvento anche sul loro sonno, e riescono così a vedere il Maestro in tutta la sua gloria. Proprio come dicevamo all'inizio: la vita di fede ti riserva anche questi momenti di gioia e di entusiasmo, momenti che scaldano il cuore, momenti in cui tutto ti appare chiarissimo ed evidentissimo, per cui ascolti e segui volentieri il Maestro anche se lui parla molto chiaramente del suo "esodo che stava per compiersi a Gerusalemme", ovvero di morte... non importa, è tutto bellissimo e tutto chiaro! Anche se costa, abbiamo voglia, gioia, entusiasmo di seguire Gesù! Che per di più, ci rende chiaro tutto, anche la Bibbia, anche l'Antico Testamento; vediamo e capiamo con chiarezza anche Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti, solitamente così ostici da comprendere.... è bello per noi stare qui! Facciamo delle tende, ma non per noi, per il Maestro, così non se ne va più dalla nostra vita! E chi ha voglia di tornare a casa? Là è tutto così piatto, così amorfo, così statico, così oscuro...
Anche noi, quando abbiamo questi momenti, ragioniamo, o meglio "sragioniamo" come Pietro, il quale (puntualizza Luca) "non sapeva quello che diceva". Eh, già, perché non dobbiamo dimenticare che dove c'è una luce, poi, subito intorno, c'è ombra; dove c'è sole sfolgorante, poi, soprattutto in montagna, arrivano presto le nubi dense... Ci sono volte in cui ci entusiasmiamo talmente delle cose di Dio che dimentichiamo, con sano realismo, che credere è tutta un'altra cosa, e che la fatica di essere credenti, osservanti, praticanti, giusti, onesti, riconciliati con Dio e con i fratelli, è una lotta quotidiana che logora e nasconde quella luce che hai sperimentato. Una luce che, tra l'altro, nel frattempo è scomparsa per lasciare posto a una nube; una nube che ti avvolge con la sua ombra, entrando nella quale provi subito paura... Vedi? Non fai in tempo a provare una gioia e una consolazione che subito arriva il buio, l'angoscia, la paura, la disperazione, lo smarrimento. Forse è il segno che dobbiamo restare sempre con i piedi ben per terra; forse è il modo che Dio ha per farci comprendere che lui va seguito e amato sempre, non solo nei momenti di entusiasmo. Anzi, chissà perché, quando nella tua vita tutto splende e risplende, la sua voce non la senti mai... forse perché ti basta la sua visione. Mentre invece, appena entri nello smarrimento e nella disperazione della nube, senti la sua voce forte, rassicurante: "Questi è il Figlio mio, l'eletto: ascoltatelo". Ascoltarlo nella nube? In mezzo alla disperazione e al buio della vita dobbiamo ascoltare il suo Figlio? Non era meglio prima, in mezzo alla luce, davanti al sole, dove tutto era chiaro?
In realtà, è tutto chiaro anche ora, solo che non lo vediamo, perché il cammino non è ancora terminato; tutto è chiaro e sereno anche quando entriamo nella nube, perché anche se non vediamo più nulla, comunque sentiamo la sua voce. Anzi, la nube è la prova evidente che la vita, fatta di facili entusiasmi, esige che manteniamo gli occhi ben aperti, per evitare di andare a sbattere contro qualcosa. Noi che abitiamo nelle anticamere della Pianura Padana sappiamo bene cosa significhi orientarsi con la nebbia, soprattutto quando scende improvvisa, in banchi, e stai guidando senza punti di riferimento; ma altrettanto bene sappiamo che la nebbia è una nube "a misura d'uomo", una nube del suolo, terrena. Se scende la nebbia è perché il cielo, sopra, è sereno, senza nuvole: quando piove o fa tempesta, la nebbia non c'è... La nebbia c'è quando c'è il sole, quando c'è sereno e limpido, così come le nostre angosce e le nostre fatiche nella vita di fede ci sono perché sono il cono d'ombra di una luce che continua ad esserci, più forte che mai, anche se fatichiamo a vederla.
Che bello, se tutta la nostra fede fosse un mattino di Pasqua, splendido e sereno, limpido come la Trasfigurazione, che ne è l'anticipo: può anche essere così, ma non dimentichiamoci che la tomba lasciata vuota dal Risorto, è solo a pochi passi dal Calvario, da quel venerdì santo che non ci abbandona mai. Abbiamo perlomeno una certezza: che la nebbia ci avvolge perché sopra di noi c'è il sole, e che la croce piantata sul Calvario ad aspettarci è solamente una tappa, un momento del viaggio. Saliamo fino in cima, fino alla croce, e scendendo dall'altro lato, troveremo una tomba lasciata definitivamente vuota.
don Alberto Brignoli
II Domenica di Quaresima (Anno C) (21/02/2016)
Vangelo: Lc 9,28-36
Non è vero che la vita di fede è una vita di sofferenza e di infelicità. Certamente, la vita ci fa
sperimentare parecchie situazioni spiacevoli e dolorose, di fronte alla quali ci chiediamo perché Dio non si fa sentire. Così com'è altrettanto vero che ci sono esperienze di fede in cui si sperimenta la presenza di Dio proprio in mezzo alle prove e alle sofferenze, ritenute parte del progetto di Dio su di noi. A me, tuttavia, piace pensare la vita di fede come una vita di gioia e di entusiasmo, fatta senza dubbio di fatiche e di difficoltà, ma sempre affrontate con la serena certezza che credere in Gesù è fonte di gioia, e soprattutto che la vita di fede non è un peso, un carico difficile da portare, ma uno zainetto leggero, un giogo "soave", così come Gesù stesso ce lo descrive nel Vangelo. E allora, salire sul monte a pregare - come fa oggi Gesù con tre dei suoi discepoli - può anche rappresentare una fatica, perché trovare luoghi e tempi per la preghiera, in un mondo come il nostro, è sempre difficile; ma nel momento in cui accettiamo questa sfida, nel momento in cui anche noi lo accompagniamo in questo viaggio, riusciamo pure a sperimentare la bellezza di stare con lui.
Chi di noi non ha mai fatto l'esperienza, nella propria vita, di trovarsi in un'oasi dello spirito, in uno di quei luoghi, cioè, dove si sperimenta un'energia particolare, una presenza forte dello Spirito, un misticismo intenso dovuto anche alla storia, alla presenza di grandi santi e sante della contemplazione? Gli esempi si sprecano, soprattutto in una terra come la nostra italiana, dove il passato ci ha riservato particolari effusioni dello Spirito. Sono luoghi che t'immergono in una dimensione talmente pacifica e piacevole dalla quale non vorresti andartene più... ti verrebbe voglia di piantare una tenda e fermarti lì, a contemplare, il più possibile. Molti sanno bene di cosa sto parlando: di certo, lo sapeva bene Pietro, che quel giorno accompagnò il Maestro con i suoi compagni su un monte. Pensavano si trattasse di un momento come tanti altri, uno spazio di preghiera come quelli che il Maestro era solito ritagliarsi: né lui né gli altri due erano certo preparati a un'esperienza mistica, tant'è che il loro misticismo non parte proprio con il piede giusto, anzi, preferiscono farsi una dormita... ma il fulgore e lo splendore dell'esperienza di fede che stanno per vivere prende il sopravvento anche sul loro sonno, e riescono così a vedere il Maestro in tutta la sua gloria. Proprio come dicevamo all'inizio: la vita di fede ti riserva anche questi momenti di gioia e di entusiasmo, momenti che scaldano il cuore, momenti in cui tutto ti appare chiarissimo ed evidentissimo, per cui ascolti e segui volentieri il Maestro anche se lui parla molto chiaramente del suo "esodo che stava per compiersi a Gerusalemme", ovvero di morte... non importa, è tutto bellissimo e tutto chiaro! Anche se costa, abbiamo voglia, gioia, entusiasmo di seguire Gesù! Che per di più, ci rende chiaro tutto, anche la Bibbia, anche l'Antico Testamento; vediamo e capiamo con chiarezza anche Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti, solitamente così ostici da comprendere.... è bello per noi stare qui! Facciamo delle tende, ma non per noi, per il Maestro, così non se ne va più dalla nostra vita! E chi ha voglia di tornare a casa? Là è tutto così piatto, così amorfo, così statico, così oscuro...
Anche noi, quando abbiamo questi momenti, ragioniamo, o meglio "sragioniamo" come Pietro, il quale (puntualizza Luca) "non sapeva quello che diceva". Eh, già, perché non dobbiamo dimenticare che dove c'è una luce, poi, subito intorno, c'è ombra; dove c'è sole sfolgorante, poi, soprattutto in montagna, arrivano presto le nubi dense... Ci sono volte in cui ci entusiasmiamo talmente delle cose di Dio che dimentichiamo, con sano realismo, che credere è tutta un'altra cosa, e che la fatica di essere credenti, osservanti, praticanti, giusti, onesti, riconciliati con Dio e con i fratelli, è una lotta quotidiana che logora e nasconde quella luce che hai sperimentato. Una luce che, tra l'altro, nel frattempo è scomparsa per lasciare posto a una nube; una nube che ti avvolge con la sua ombra, entrando nella quale provi subito paura... Vedi? Non fai in tempo a provare una gioia e una consolazione che subito arriva il buio, l'angoscia, la paura, la disperazione, lo smarrimento. Forse è il segno che dobbiamo restare sempre con i piedi ben per terra; forse è il modo che Dio ha per farci comprendere che lui va seguito e amato sempre, non solo nei momenti di entusiasmo. Anzi, chissà perché, quando nella tua vita tutto splende e risplende, la sua voce non la senti mai... forse perché ti basta la sua visione. Mentre invece, appena entri nello smarrimento e nella disperazione della nube, senti la sua voce forte, rassicurante: "Questi è il Figlio mio, l'eletto: ascoltatelo". Ascoltarlo nella nube? In mezzo alla disperazione e al buio della vita dobbiamo ascoltare il suo Figlio? Non era meglio prima, in mezzo alla luce, davanti al sole, dove tutto era chiaro?
In realtà, è tutto chiaro anche ora, solo che non lo vediamo, perché il cammino non è ancora terminato; tutto è chiaro e sereno anche quando entriamo nella nube, perché anche se non vediamo più nulla, comunque sentiamo la sua voce. Anzi, la nube è la prova evidente che la vita, fatta di facili entusiasmi, esige che manteniamo gli occhi ben aperti, per evitare di andare a sbattere contro qualcosa. Noi che abitiamo nelle anticamere della Pianura Padana sappiamo bene cosa significhi orientarsi con la nebbia, soprattutto quando scende improvvisa, in banchi, e stai guidando senza punti di riferimento; ma altrettanto bene sappiamo che la nebbia è una nube "a misura d'uomo", una nube del suolo, terrena. Se scende la nebbia è perché il cielo, sopra, è sereno, senza nuvole: quando piove o fa tempesta, la nebbia non c'è... La nebbia c'è quando c'è il sole, quando c'è sereno e limpido, così come le nostre angosce e le nostre fatiche nella vita di fede ci sono perché sono il cono d'ombra di una luce che continua ad esserci, più forte che mai, anche se fatichiamo a vederla.
Che bello, se tutta la nostra fede fosse un mattino di Pasqua, splendido e sereno, limpido come la Trasfigurazione, che ne è l'anticipo: può anche essere così, ma non dimentichiamoci che la tomba lasciata vuota dal Risorto, è solo a pochi passi dal Calvario, da quel venerdì santo che non ci abbandona mai. Abbiamo perlomeno una certezza: che la nebbia ci avvolge perché sopra di noi c'è il sole, e che la croce piantata sul Calvario ad aspettarci è solamente una tappa, un momento del viaggio. Saliamo fino in cima, fino alla croce, e scendendo dall'altro lato, troveremo una tomba lasciata definitivamente vuota.
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