Don Attilio GIOVANNINI sdb"Entrare nella gloria."
21 febbraio 2016 | 2a Domenica di Quaresima - Anno C | Appunti per Lectio
Entrare nella gloria.
*Salì sul monte a pregare.
Cosa c'è di meglio che salire su un monte per staccarsi dalle pesanti e futili questioni della vita quotidiana e sentirsi vicini a Dio?
Del resto tutti i grandi incontri con Dio sono avvenuti sul monte. Come quello di Mosè quando ricevette le tavole della Legge e stipulò l'alleanza. È Esodo 24 che racconta come Mosè prese Aronne, Nadab e Abiu, salì sul monte, entrò nella nube divina dove ascoltò JHWH, e quando discese il suo volto era luminoso.
Ora Gesù prende con sé Pietro Giacomo e Giovanni, sale sul monte al cospetto del Padre che scende nella nube, ed è illuminato dalla rivelazione. Che è rappresentata da
Mosè ed Elia. Essi infatti compaiono perché hanno qualcosa da dire a Gesù. Secondo Luca essi sono qui per parlare...
*...del suo esodo, che stava per compiersi in Gerusalemme.
A Gerusalemme, sappiamo, si compirà la sua morte. Ebbene, essa non sarà una fine, ma un "esodo": un passaggio alla libertà e alla terra promessa (risurrezione).
Cosa c'entrano Elia e Mosè?
Se guardiamo alla loro vita, la risposta non è difficile. Mosè aveva ricevuto le tavole della Legge, con cui Dio si compiaceva di indicare agli israeliti la via della giustizia e della santità, perché fossero il suo popolo santo. Ma ecco che Mosè non è ancora arrivato giù dal monte che il popolo si è già dato all'idolatria, costruendo il vitello d'oro. Egli deve punirli, poi risalire sul monte per ottenere da Dio una seconda alleanza. E non sarà l'ultima volta che deve rimediare ai loro tradimenti. In verità la lotta di Mosè con questo popolo infedele non finirà mai.
Anche Elia dovette lottare senza sosta contro l'idolatria che si infiltrava nel popolo, e anche Elia sperimentò il peso spossante di condurre questa gente a osservare l'alleanza.
Per questo essi sono qui: per dire a Gesù - che oramai è deluso dall'abbandono della gente e amareggiato dal rifiuto delle autorità - che non deve mollare. Egli, nonostante tutto, porterà il suo popolo fuori dal deserto dell'infedeltà, al di là della morte e della perdizione, nella terra promessa del Regno, poiché il suo esodo (passaggio da questo mondo al Padre) sarà anche del popolo. Ciò che essi, Mosè ed Elia, non arrivarono a concludere, lui lo realizzerà.
Questo discorso è reso chiaro ed esplicito da ciò che subito si verifica. I tre apostoli intravedono questo esodo nella trasfigurazione di Gesù accompagnato dai due profeti. Di Elia infatti la Scrittura narra che fu rapito in cielo su un carro di fuoco. Di Mosè dice che il suo sepolcro non esiste, e dunque anche lui non doveva essere proprio morto. Perciò si pensava che essi, che sono vivi, sarebbero ritornati nel mondo alla fine dei tempi, all'inizio al Regno di Dio.
Allora Pietro pensa che sono arrivati davvero i tempi finali, in cui i giusti abitano nelle tende loro riservate. Del resto così erano preparati a pensare dalla celebrazione della festa annuale delle capanne, celebrata in ricordo della vita nel deserto, ma in prefigurazione delle tende dei giusti nel Regno definitivo.
L'intuizione di Pietro e compagni è esatta, ma non sufficiente. C'è un'ulteriore rivelazione da ricevere. Per questo scende su di loro la nube, quella che riempiva la tenda del convegno, dove Mosè si incontrava con Dio faccia a faccia e ne riceveva le rivelazioni. Per gli apostoli la rivelazione è:
*Questo è il mio figlio, l'eletto. Ascoltatelo!
Ascoltate lui! Perché è il vero eletto, il mio figlio. Se finora avete ascoltato Mosè, ora è Gesù la voce che vi parla nel mio nome.
E lo dovete ascoltare anche quando vi indica la via della croce (cosa che Pietro ha appena detto di non voler fare). Il mistero infatti è questo: la croce non contraddice la gloria, ma è la via sicura ed unica alla gloria. La croce è la vera potenza e sapienza di Dio, come sarà rivelato chiaramente all'apostolo Paolo.
Gesù questo l'ha già capito, ora gli è solo confermato. A noi invece va detto, ridetto e ricordato continuamente. Per questo abbiamo bisogno di salire continuamente sul monte della preghiera, per ascoltare anche noi Dio ed essere trasfigurati dalla sua parola, finché diventiamo luminosi come Gesù.
La quaresima è fatta per questo.
Don Attilio GIOVANNINI sdb
Fonte: www.donbosco-torino.it
Entrare nella gloria.
*Salì sul monte a pregare.
Cosa c'è di meglio che salire su un monte per staccarsi dalle pesanti e futili questioni della vita quotidiana e sentirsi vicini a Dio?
Del resto tutti i grandi incontri con Dio sono avvenuti sul monte. Come quello di Mosè quando ricevette le tavole della Legge e stipulò l'alleanza. È Esodo 24 che racconta come Mosè prese Aronne, Nadab e Abiu, salì sul monte, entrò nella nube divina dove ascoltò JHWH, e quando discese il suo volto era luminoso.
Ora Gesù prende con sé Pietro Giacomo e Giovanni, sale sul monte al cospetto del Padre che scende nella nube, ed è illuminato dalla rivelazione. Che è rappresentata da
Mosè ed Elia. Essi infatti compaiono perché hanno qualcosa da dire a Gesù. Secondo Luca essi sono qui per parlare...
*...del suo esodo, che stava per compiersi in Gerusalemme.
A Gerusalemme, sappiamo, si compirà la sua morte. Ebbene, essa non sarà una fine, ma un "esodo": un passaggio alla libertà e alla terra promessa (risurrezione).
Cosa c'entrano Elia e Mosè?
Se guardiamo alla loro vita, la risposta non è difficile. Mosè aveva ricevuto le tavole della Legge, con cui Dio si compiaceva di indicare agli israeliti la via della giustizia e della santità, perché fossero il suo popolo santo. Ma ecco che Mosè non è ancora arrivato giù dal monte che il popolo si è già dato all'idolatria, costruendo il vitello d'oro. Egli deve punirli, poi risalire sul monte per ottenere da Dio una seconda alleanza. E non sarà l'ultima volta che deve rimediare ai loro tradimenti. In verità la lotta di Mosè con questo popolo infedele non finirà mai.
Anche Elia dovette lottare senza sosta contro l'idolatria che si infiltrava nel popolo, e anche Elia sperimentò il peso spossante di condurre questa gente a osservare l'alleanza.
Per questo essi sono qui: per dire a Gesù - che oramai è deluso dall'abbandono della gente e amareggiato dal rifiuto delle autorità - che non deve mollare. Egli, nonostante tutto, porterà il suo popolo fuori dal deserto dell'infedeltà, al di là della morte e della perdizione, nella terra promessa del Regno, poiché il suo esodo (passaggio da questo mondo al Padre) sarà anche del popolo. Ciò che essi, Mosè ed Elia, non arrivarono a concludere, lui lo realizzerà.
Questo discorso è reso chiaro ed esplicito da ciò che subito si verifica. I tre apostoli intravedono questo esodo nella trasfigurazione di Gesù accompagnato dai due profeti. Di Elia infatti la Scrittura narra che fu rapito in cielo su un carro di fuoco. Di Mosè dice che il suo sepolcro non esiste, e dunque anche lui non doveva essere proprio morto. Perciò si pensava che essi, che sono vivi, sarebbero ritornati nel mondo alla fine dei tempi, all'inizio al Regno di Dio.
Allora Pietro pensa che sono arrivati davvero i tempi finali, in cui i giusti abitano nelle tende loro riservate. Del resto così erano preparati a pensare dalla celebrazione della festa annuale delle capanne, celebrata in ricordo della vita nel deserto, ma in prefigurazione delle tende dei giusti nel Regno definitivo.
L'intuizione di Pietro e compagni è esatta, ma non sufficiente. C'è un'ulteriore rivelazione da ricevere. Per questo scende su di loro la nube, quella che riempiva la tenda del convegno, dove Mosè si incontrava con Dio faccia a faccia e ne riceveva le rivelazioni. Per gli apostoli la rivelazione è:
*Questo è il mio figlio, l'eletto. Ascoltatelo!
Ascoltate lui! Perché è il vero eletto, il mio figlio. Se finora avete ascoltato Mosè, ora è Gesù la voce che vi parla nel mio nome.
E lo dovete ascoltare anche quando vi indica la via della croce (cosa che Pietro ha appena detto di non voler fare). Il mistero infatti è questo: la croce non contraddice la gloria, ma è la via sicura ed unica alla gloria. La croce è la vera potenza e sapienza di Dio, come sarà rivelato chiaramente all'apostolo Paolo.
Gesù questo l'ha già capito, ora gli è solo confermato. A noi invece va detto, ridetto e ricordato continuamente. Per questo abbiamo bisogno di salire continuamente sul monte della preghiera, per ascoltare anche noi Dio ed essere trasfigurati dalla sua parola, finché diventiamo luminosi come Gesù.
La quaresima è fatta per questo.
Don Attilio GIOVANNINI sdb
Fonte: www.donbosco-torino.it
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