don Roberto Seregni,"Con l'abito del figlio"

Con l'abito del figlio
don Roberto Seregni  
IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C)
  Visualizza Lc 15,1-3.11-32
Dalle mie parti l'inverno è ancora il padrone di casa. La temperatura fatica a salire, la terra è ancora
dura come granito, ma gli abili potatori alleggeriscono vigne e meleti, li preparano alla nuova desiderata primavera. Per portare frutto bisogna tagliare e alleggerire, bisogna farlo con arte e senza rimandare. Guardo la precisione del taglio, i rami potati a terra, la pianta preparata alla nuova stagione.
Per me, per la mia comunità, per voi amici lettori, chiedo questo dono allo Spirito. Una potatura feconda, un alleggerimento necessario per fare in noi l'esperienza strabordante della Pasqua, primavera dello Spirito.
Il deserto e il Tabor ci hanno preparato all'invito della conversione della scorsa settimana e ora la liturgia ci fa gustare il notissimo brano del padre e dei due figli.
Questa famosa parabola di Luca è la storia di un "ritorno". Ritorno del figlio minore che nel fango dei porci lascia annegare il suo delirio di onnipotenza. Ritorno accompagnato dallo sguardo premuroso del padre che sorveglia la strada deserta, che continua a sperare contro ogni speranza. Ritorno nell'abbraccio del padre, quasi un tuffo nella presa sicura di chi non rinfaccia, non accusa, non umilia, non chiede spiegazioni, ma spegne l'incendio delle giustificazioni preparate in anticipo con l'acqua fresca della dignità filiale ridonata.
Evvai con la festa!
Ma qualcuno ancora manca: l'altro figlio. Il fratello maggiore, spesso dimenticato nelle nostre omelie (sarà che ci assomiglia troppo?), è l'emblema di una religione da prestazione che rinsecchisce la gioia di abitare nella casa del Padre. Sì, si può stare con Lui ma senza gioirne, senza gustarne la bellezza e lo stupore.
Ma perché?
Guardatelo: è nei campi a lavorare, fa il suo dovere ed è talmente intontito dalla sua giustizia formale da diventare un giudice permaloso e impietoso del fratello e del padre. Suo fratello ritorna e lui non mostra nemmeno un po' di gioia.
Possibile?
Possibile, certo, perché lui non vive come un figlio, ma come un servo che rinfaccia la sua opera servizievole. Le conseguenze sono evidenti: per lui il fratello non è più fratello, il padre non è più un padre e non c'è spazio per condividere la gioia e la festa di un ritorno a casa. Il fratello maggiore vive nella solitudine e ragiona come un servo. Geloso e permaloso non si presenta alla festa.
E ora guardate il padre: che meraviglia! Non si stufa', non perde la pazienza con questi suoi figli che non capiscono, che si ostinano e si stizziscono. Esce ancora sulle tracce del figlio che ha preso le distanze dalla festa ingiusta. Con calma spiega, svuota il suo cuore di padre e lo invita alla festa.
Ma dobbiamo fermarci qui. Come la scorsa settimana - il fico è lasciato o tagliato? - niente finale per questa parabola. "Vissero felici e contenti" è solo per le favole. Il finale è tutto nostro. Tutto da scrivere.
Nel mio cuore ci sono entrambi questi figli. Le loro povertà e le loro distanze mi fotografano e mi mettono a nudo. Ma la certezza di un Padre che si è già messo sulle mie tracce, che scruta la strada, che spera di vedermi sui passi del ritorno mi riempie il cuore di speranza. Non conta se porto l'abito del porcaro o la veste del figlio presuntuoso. Non importa quante ferite mi porto sulla pelle, quante delusioni ho accumulato o quante lacrime si sono seccate tra gli occhi. Non importa. Non conta. Ora ritorno. Ora voglio quell'abbraccio. Da lì saprò ripartire. Nuovo. Rivestito con l'abito del figlio. Per grazia. Per amore.

PREGARE LA PAROLA - Quarta domenica di Quaresima
Ti preghiamo, Signore Gesù,
rivesti le nostre nudità
con la veste del Figlio,
la Tua,
quella di cui ti sei spogliato per salire sulla Croce.
Rivesti le nostre fragilità
con la forza del tuo amore,
le nostre delusioni
con la speranza che viene solo da Te,
i nostri scoraggiamenti
con il soffio potente dello Spirito.
Maria, madre Tua e madre nostra,
aggiunga ciò che manca alla nostra preghiera.
Amen.
don Roberto

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