Juan J. BARTOLOME sdb LECTIO DIVINA Il racconto dei tre assalti,
14 gennaio 2016 |1a Domenica di Quaresima - Anno C | Lectio Divina su: Lc 4,1-13
Se non fosse perché ci è ben nota, la storia delle tentazioni di Gesù dovrebbe risultare per noi
sorprendente e scioccante allo stesso tempo. Certamente sorprende che Gesù, condotto dallo Spirito, si rechi in un deserto, per essere lì tentato per quaranta giorni. E soprattutto meraviglia vedere Gesù soggetto alla tentazione, come ognuno di noi; un Gesù, sottomesso alla prova, ci risulta umano, come noi, anche simpatico, ma non c'è qualcosa di inquietante per il fatto stesso che Gesù si senta tentato dal male? Se, da un lato, possiamo identificarci con questo Gesù che ha anche conosciuto la tentazione, appena arriviamo a capire, d'altra parte, che Gesù abbia provato gli stessi dubbi, le stesse ribellioni, gli stessi desideri di libertà da Dio che noi sentiamo e alle quali, purtroppo, spesso acconsentiamo. Il fatto che Gesù si sentisse tentato, ce lo rende più vicino, ma non lo rende meno divino?
In quel tempo 1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e, per quaranta giorni, lo Spirito lo condusse attraverso il deserto, 2ed era tentato dal diavolo. Per tutto quel tempo rimase senza mangiare, ed alla fine ebbe fame.
3 Gli disse il diavolo: "Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane".
4 Gesù gli rispose: "Sta scritto: 'Non di solo pane vive l'uomo'.
5 Dopo di ciò, il diavolo lo portò in cima al monte, gli mostrò in un istante tutti i regni del mondo 6e gli disse:
"Ti darò la potenza e la gloria di tutto questo, perché a me è stata data, ed io la do a chi voglio. 7 Se ti inginocchi davanti a me, tutto sarà tuo ".
8 Gesus gli risposeo "Sta scritto: 'Adorerai Il Signore, tuo Dio, e Lui solo servirai' ".
9 Poi lo portò a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse:
"Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui, 10Sta scritto infatti: 'gli angeli incaricati si prenderanno cura di te,'
11 ed anche: Ti sosterranno tra le mani in modo che il tuo piede non urti contro le pietre' .
12 Gli rispose Gesù: "Sta scritto: 'Non tentare il Signore Dio tuo' ".
13 Completate tentazioni, il diavolo, si allontanò fino ad un'altra occasione
I. LEGGERE: capire cosa dice il testo e come lo dice
La tradizione evangelica (Marco 1,12-13, Mt 4:1-11, Gv 6,14-15, 7,1 a 9, 12,27-28), e non solo questa (Eb 2,14-18; 4.15), ci trasmette lo sconcertante fatto che Gesù fu tentato. Luca colloca in posizione strategica il suo racconto delle tre tentazioni (Lc 4,1-13): subito dopo aver affermato la piena umanità di Gesù con la pubblicazione della sua genealogia (Lc 3:23-38), e proprio immediatamente prima di raccontare l'inizio del suo ministero pubblico a Nazareth (Lc 4,14-30). Lui proclamato da Dio figlio prediletto (Lc 3,22), è figlio del suo popolo e dell'umanità (Lc 3,23-37). Prima di essere rifiutato dai suoi concittadini (Lc 4,24-30), dovrà scegliere di essere come Dio lo vuole, suo figlio prediletto. La filiazione divina è per Gesù grazia che deve essere difesa; la tentazione che, triplicata, soffrirà, è un'esperienza che affronta guidato dallo Spirito. E 'vero che nasce quando si sente più debole, dopo un lungo digiuno. Ma non è la debolezza umana, quanto piuttosto il nemico del suo Dio la forza che lo tenta.
Luca ha cambiato l'ordine narrativo di Matteo; così fa della tentazione nel tempio di Gerusalemme l'apice dell'attacco diabolico, che è iniziato e finisce mettendo in discussione la filiazione divina di Gesù (LC4, 3.9), quanto Dio gli aveva assicurato nel suo battesimo (Lc 3,22). Tentato, Gesù soffre la lotta tra due volontà, tra due poteri, quello del Padre che lo vuole figlio, e quello del diavolo, che mette in discussione la volontà di Dio. Anche se era Gesù, la sua coscienza personale, il luogo della battaglia, sono Dio e il suo antagonista i protagonisti.
Il racconto dei tre assalti, un'unica tentazione, è schematico: il primo e l'ultimo (Lc 4,3.9) determinano ciò che Gesù sa di essere, il figlio di Dio, dinanzi alla soddisfazione dei suoi bisogni più urgenti, il necessario cibo e la cura desiderata. Nella seconda tentazione il demonio cambia la tattica e inizia a promettere: se Gesù lo adora, sarà onnipotente. E' significativo che questa promessa non sarà avallata dalla parola di Dio, come le due precedenti. E ancor più significativo è che Gesù resiste ai tre attacchi, e li vinca, appoggiandosi sine glossa sulla parola del Padre. I figli si salvano quando lasciano che sia il Padre, la sua Parola, a difenderli. Aderire a quanto Dio ha detto è rimanere nell'amore del Padre.
II. MEDITARE: applicare quello che dice il testo alla vita
Condotto dallo Spirito, Gesù è tentato nel deserto. La storia, apparentemente lineare e ingenua, è piena di significato e di simbolismo: Gesù ripete l'esperienza di Israele ed esce, fino ad un' "altra" occasione, trionfatore sul maligno. Il possesso dello Spirito di Dio e la sua padronanza della Parola lo porterà ad una triplice vittoria: la vittoria sul suo bisogno vitale, vittoria sulla sua sete di potere e vittoria sulla propria consapevolezza di essere figlio di Dio. In tutti e tre i casi, Gesù lascia che Dio sia Dio e questo determina la sua vittoria contro il tentatore: affamato, preferisce la volontà di Dio come cibo; bisognoso di potere, si pone a disposizione di Dio; sapendosi figlio, sceglie di non tentarlo. Se il figlio ha provato la tentazione e ha dimostrato la sua filiazione, difficilmente potrebbe aspirare ad essere considerato figlio chi rifiuta la prova o tema di soccombere in essa. Chi ha lo Spirito di Gesù e poggia la sua obbedienza sulla Parola, sarà vittorioso in qualsiasi prova, perché saprà contare su Dio anche quando la tentazione prova la sua fedeltà.
Per inspiegabile che ci possa sembrare, oggi dovrebbe essere una buona notizia per noi sapere che Gesù fu tentato. C'è qualcosa di buono e pieno di speranza in questo. Non per nulla abbiamo appena proclamato come parola di Dio la narrazione delle tentazioni alle quali è stato sottoposto Gesù nel deserto. E la prima cosa che dovremmo imparare dal Vangelo di oggi è che non c'è niente di deplorevole, niente è indegno, nell'essere sottoposto alla tentazione: se il Figlio di Dio l'ha conosciuta, non dovrebbe umiliarci dover riconoscere che viviamo esposti ad essa. Chi non conosce il dubbio, non potrà mai essere sicuro. Se non abbiamo sentito la tentazione di liberarci di Dio, non sentiremo la gioia di restare alla sua presenza; chi non ha potuto abbandonare Dio, non avrà nemmeno ragioni per rimanere con Lui. Chi non ha sentito il desiderio di programmare autonomamente la propria vita, e con le proprie risorse, non accoglierà del tutto il piano che Dio gli propone. Chi non ha cercato di vivere alla sua propria luce e con le sue forze, non saprà cosa significa vivere alla luce di Dio e con la sua forza.
Il credente tentato non è un fedele più debole, ma chi ha più possibilità di dimostrare la sua forza. Solo chi è stato provato, ha dimostrato la sua fedeltà. Una fedeltà non provata è, tuttavia, una fedeltà da provare. Dovremmo ricordare più spesso che la tentazione, le nostre tentazioni quotidiane, non sono l'ostacolo per incontrarci con Dio, ma la possibilità per restare con Lui. Non si sente tentato di lasciare Dio se non chi vive con Lui. E' gratificante, dà speranza, è davvero una buona notizia sapere che la tentazione ce l'hanno i figli di Dio, non i suoi nemici, gli estranei. L'odio non è la tentazione per il nemico, ma solo per l'amico e il familiare. Sentirsi provocato a rinunciare al padre è la prova che caratterizza i suoi figli, è stata anche la tentazione di Gesù, il Figlio di Dio. Saperlo ci deve portare a sfruttare le nostre tentazioni, queste piccole prove, le più frequenti, e quelle più importanti, le meno comuni, per provare la nostra fedeltà a Dio e permettergli che ci promuova a suoi figli.
La prima tentazione che ha conosciuto Gesù si riferisce al suo bisogno di cibo. Dopo quaranta giorni di digiuno, sentì la fame e la tentazione di soddisfarla con il suo potere divino; era sufficiente, infatti, gridare alle pietre perché queste diventassero cibo. Ma ha resistito alla sua fame e si rifiutò di soddisfarla miracolosamente; sapeva che a Dio, suo Padre, doveva la vita ed era a Lui che competeva la sua cura. Ha preferito affidarsi a Dio che confidare nelle sue forze; era per lui più forte il bisogno di Dio che il bisogno del pane.
Il figlio sa che ciò che conta non è vivere ansioso di soddisfare i propri desideri e le proprie esigenze, per importanti che essi siano, ma vivere per soddisfare i desideri e le esigenze del Padre. Non definisce il figlio ciò di cui questo ha bisogno, ma quanto ne ha bisogno suo padre. Perdere tempo e vitalità nel procurarsi un alimento che lo soddisfi, rende inutile il padre che vive per dare vita ai suoi figli e per mantenerla. Non c'è da stupirsi che Gesù avesse fame, nemmeno che sentisse il bisogno di procurarsi il cibo; ma si deve invidiare la sua capacità di ritardare la sua soddisfazione per dare a Dio, suo Padre, la soddisfazione di togliergliela. Dovremmo imparare da Gesù, il figlio di Dio, se vogliamo avere Dio come nostro Padre, a mettere nelle sue mani i nostri bisogni e aspettarci da Lui la soddisfazione; per i figli di Dio nulla, né l'urgenza più irresistibile, è preferibile alla volontà del Padre.
La seconda tentazione che ha sentito Gesù è ancora più attuale, ed anche più pericolosa.
Gli è stato offerto ogni potere del mondo, se avesse rinnegato suo Padre e Dio. Il rifiuto di Gesù è netto: solo Dio può aspirare a richiedere un servizio esclusivo. Solo al Padre si deve obbedienza filiale. Niente è preferibile a Dio, nemmeno un potere così grande che ci faccia simili a Lui: contare su Dio come Padre è avere il potere di Dio.
Chi, come Gesù, si libera dalla tentazione di esercitare il potere sugli altri, non si fa più debole. Permette che Dio sia più facilmente il suo Dio e diventa più sicuramente suo figlio. Sapersi servo di Dio ci libera da tutti gli altri dei. Lo sappiamo: nessuno è più libero di chi ha un solo signore da servire. Avere Dio come solo Dio ci rende figli di un unico Padre. Con quanta più libertà vivremmo, se vivessimo servendo Dio solo! Invece, ci struggiamo coltivando le nostre paure di esseri insignificanti, aumentando la nostra ansia per quanto poco valiamo o possiamo fare, confrontandoci continuamente con quanto gli altri hanno raggiunto, non riusciamo a vivere tranquilli di avere un Dio come Padre e unico Signore. Non scegliendo di servire solo Lui, perdiamo l'occasione di mettere a nostra disposizione la sua onnipotenza; alimentando altre filiazioni, gli neghiamo la possibilità che Lui sia il nostro solo Padre.
La terza tentazione che superò Gesù è stata la più sottile e grave. Siccome era sicuro di essere il figlio di Dio, sentì che poteva contare sicuramente sulla protezione del Padre suo. A che serve un Padre se non può salvare suo figlio? Poco servirebbe un Dio che non aiutasse i suoi. La fiducia di Gesù poté portarlo alla temerarietà: la vita del figlio non può rischiarsi solo perché si è sicuri sotto la cura del padre. Per autentificarsi come figlio non bisogna mettere a prova il proprio Padre.
Gesù, il figlio vero non tentò il Padre mettendolo alla prova solo perché si sapeva figlio. Chi si aspetta troppo da Dio, chi esige più di quanto Lui è disposto a concedere in un determinato momento, chi si defrauda di un Dio che non accudisce quando si ha bisogno di lui, mette Dio alla prova, sminuisce le sue decisioni e disprezza la sua volontà. Un Dio che si vanta, non è a disposizione di chiunque ha bisogno di lui o solo quando si ha bisogno di lui. Il Padre di Gesù vuole essere sempre nostro Signore, nel bisogno e nell'abbondanza, nel dolore e nella gioia, nella ristrettezza e nella larghezza.
Gesù, il Figlio di Dio, ci ricorda oggi che soffrire la tentazione non è vergognoso, che non c'è figlio che si rispetti, che non abbia sentito qualche volta il desiderio di lasciare suo padre. Se questo è confortante, non è meno esigente. Solo coloro che scelgono di rimanere a casa con il loro Padre, facendo la sua volontà, costi quel che costi, è figlio per il suo Dio. Se la tentazione è il modo di stare più coscientemente con Dio come Padre, benvenuta sia.
Juan J. BARTOLOME sdb
Se non fosse perché ci è ben nota, la storia delle tentazioni di Gesù dovrebbe risultare per noi
sorprendente e scioccante allo stesso tempo. Certamente sorprende che Gesù, condotto dallo Spirito, si rechi in un deserto, per essere lì tentato per quaranta giorni. E soprattutto meraviglia vedere Gesù soggetto alla tentazione, come ognuno di noi; un Gesù, sottomesso alla prova, ci risulta umano, come noi, anche simpatico, ma non c'è qualcosa di inquietante per il fatto stesso che Gesù si senta tentato dal male? Se, da un lato, possiamo identificarci con questo Gesù che ha anche conosciuto la tentazione, appena arriviamo a capire, d'altra parte, che Gesù abbia provato gli stessi dubbi, le stesse ribellioni, gli stessi desideri di libertà da Dio che noi sentiamo e alle quali, purtroppo, spesso acconsentiamo. Il fatto che Gesù si sentisse tentato, ce lo rende più vicino, ma non lo rende meno divino?
In quel tempo 1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e, per quaranta giorni, lo Spirito lo condusse attraverso il deserto, 2ed era tentato dal diavolo. Per tutto quel tempo rimase senza mangiare, ed alla fine ebbe fame.
3 Gli disse il diavolo: "Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane".
4 Gesù gli rispose: "Sta scritto: 'Non di solo pane vive l'uomo'.
5 Dopo di ciò, il diavolo lo portò in cima al monte, gli mostrò in un istante tutti i regni del mondo 6e gli disse:
"Ti darò la potenza e la gloria di tutto questo, perché a me è stata data, ed io la do a chi voglio. 7 Se ti inginocchi davanti a me, tutto sarà tuo ".
8 Gesus gli risposeo "Sta scritto: 'Adorerai Il Signore, tuo Dio, e Lui solo servirai' ".
9 Poi lo portò a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse:
"Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui, 10Sta scritto infatti: 'gli angeli incaricati si prenderanno cura di te,'
11 ed anche: Ti sosterranno tra le mani in modo che il tuo piede non urti contro le pietre' .
12 Gli rispose Gesù: "Sta scritto: 'Non tentare il Signore Dio tuo' ".
13 Completate tentazioni, il diavolo, si allontanò fino ad un'altra occasione
I. LEGGERE: capire cosa dice il testo e come lo dice
La tradizione evangelica (Marco 1,12-13, Mt 4:1-11, Gv 6,14-15, 7,1 a 9, 12,27-28), e non solo questa (Eb 2,14-18; 4.15), ci trasmette lo sconcertante fatto che Gesù fu tentato. Luca colloca in posizione strategica il suo racconto delle tre tentazioni (Lc 4,1-13): subito dopo aver affermato la piena umanità di Gesù con la pubblicazione della sua genealogia (Lc 3:23-38), e proprio immediatamente prima di raccontare l'inizio del suo ministero pubblico a Nazareth (Lc 4,14-30). Lui proclamato da Dio figlio prediletto (Lc 3,22), è figlio del suo popolo e dell'umanità (Lc 3,23-37). Prima di essere rifiutato dai suoi concittadini (Lc 4,24-30), dovrà scegliere di essere come Dio lo vuole, suo figlio prediletto. La filiazione divina è per Gesù grazia che deve essere difesa; la tentazione che, triplicata, soffrirà, è un'esperienza che affronta guidato dallo Spirito. E 'vero che nasce quando si sente più debole, dopo un lungo digiuno. Ma non è la debolezza umana, quanto piuttosto il nemico del suo Dio la forza che lo tenta.
Luca ha cambiato l'ordine narrativo di Matteo; così fa della tentazione nel tempio di Gerusalemme l'apice dell'attacco diabolico, che è iniziato e finisce mettendo in discussione la filiazione divina di Gesù (LC4, 3.9), quanto Dio gli aveva assicurato nel suo battesimo (Lc 3,22). Tentato, Gesù soffre la lotta tra due volontà, tra due poteri, quello del Padre che lo vuole figlio, e quello del diavolo, che mette in discussione la volontà di Dio. Anche se era Gesù, la sua coscienza personale, il luogo della battaglia, sono Dio e il suo antagonista i protagonisti.
Il racconto dei tre assalti, un'unica tentazione, è schematico: il primo e l'ultimo (Lc 4,3.9) determinano ciò che Gesù sa di essere, il figlio di Dio, dinanzi alla soddisfazione dei suoi bisogni più urgenti, il necessario cibo e la cura desiderata. Nella seconda tentazione il demonio cambia la tattica e inizia a promettere: se Gesù lo adora, sarà onnipotente. E' significativo che questa promessa non sarà avallata dalla parola di Dio, come le due precedenti. E ancor più significativo è che Gesù resiste ai tre attacchi, e li vinca, appoggiandosi sine glossa sulla parola del Padre. I figli si salvano quando lasciano che sia il Padre, la sua Parola, a difenderli. Aderire a quanto Dio ha detto è rimanere nell'amore del Padre.
II. MEDITARE: applicare quello che dice il testo alla vita
Condotto dallo Spirito, Gesù è tentato nel deserto. La storia, apparentemente lineare e ingenua, è piena di significato e di simbolismo: Gesù ripete l'esperienza di Israele ed esce, fino ad un' "altra" occasione, trionfatore sul maligno. Il possesso dello Spirito di Dio e la sua padronanza della Parola lo porterà ad una triplice vittoria: la vittoria sul suo bisogno vitale, vittoria sulla sua sete di potere e vittoria sulla propria consapevolezza di essere figlio di Dio. In tutti e tre i casi, Gesù lascia che Dio sia Dio e questo determina la sua vittoria contro il tentatore: affamato, preferisce la volontà di Dio come cibo; bisognoso di potere, si pone a disposizione di Dio; sapendosi figlio, sceglie di non tentarlo. Se il figlio ha provato la tentazione e ha dimostrato la sua filiazione, difficilmente potrebbe aspirare ad essere considerato figlio chi rifiuta la prova o tema di soccombere in essa. Chi ha lo Spirito di Gesù e poggia la sua obbedienza sulla Parola, sarà vittorioso in qualsiasi prova, perché saprà contare su Dio anche quando la tentazione prova la sua fedeltà.
Per inspiegabile che ci possa sembrare, oggi dovrebbe essere una buona notizia per noi sapere che Gesù fu tentato. C'è qualcosa di buono e pieno di speranza in questo. Non per nulla abbiamo appena proclamato come parola di Dio la narrazione delle tentazioni alle quali è stato sottoposto Gesù nel deserto. E la prima cosa che dovremmo imparare dal Vangelo di oggi è che non c'è niente di deplorevole, niente è indegno, nell'essere sottoposto alla tentazione: se il Figlio di Dio l'ha conosciuta, non dovrebbe umiliarci dover riconoscere che viviamo esposti ad essa. Chi non conosce il dubbio, non potrà mai essere sicuro. Se non abbiamo sentito la tentazione di liberarci di Dio, non sentiremo la gioia di restare alla sua presenza; chi non ha potuto abbandonare Dio, non avrà nemmeno ragioni per rimanere con Lui. Chi non ha sentito il desiderio di programmare autonomamente la propria vita, e con le proprie risorse, non accoglierà del tutto il piano che Dio gli propone. Chi non ha cercato di vivere alla sua propria luce e con le sue forze, non saprà cosa significa vivere alla luce di Dio e con la sua forza.
Il credente tentato non è un fedele più debole, ma chi ha più possibilità di dimostrare la sua forza. Solo chi è stato provato, ha dimostrato la sua fedeltà. Una fedeltà non provata è, tuttavia, una fedeltà da provare. Dovremmo ricordare più spesso che la tentazione, le nostre tentazioni quotidiane, non sono l'ostacolo per incontrarci con Dio, ma la possibilità per restare con Lui. Non si sente tentato di lasciare Dio se non chi vive con Lui. E' gratificante, dà speranza, è davvero una buona notizia sapere che la tentazione ce l'hanno i figli di Dio, non i suoi nemici, gli estranei. L'odio non è la tentazione per il nemico, ma solo per l'amico e il familiare. Sentirsi provocato a rinunciare al padre è la prova che caratterizza i suoi figli, è stata anche la tentazione di Gesù, il Figlio di Dio. Saperlo ci deve portare a sfruttare le nostre tentazioni, queste piccole prove, le più frequenti, e quelle più importanti, le meno comuni, per provare la nostra fedeltà a Dio e permettergli che ci promuova a suoi figli.
La prima tentazione che ha conosciuto Gesù si riferisce al suo bisogno di cibo. Dopo quaranta giorni di digiuno, sentì la fame e la tentazione di soddisfarla con il suo potere divino; era sufficiente, infatti, gridare alle pietre perché queste diventassero cibo. Ma ha resistito alla sua fame e si rifiutò di soddisfarla miracolosamente; sapeva che a Dio, suo Padre, doveva la vita ed era a Lui che competeva la sua cura. Ha preferito affidarsi a Dio che confidare nelle sue forze; era per lui più forte il bisogno di Dio che il bisogno del pane.
Il figlio sa che ciò che conta non è vivere ansioso di soddisfare i propri desideri e le proprie esigenze, per importanti che essi siano, ma vivere per soddisfare i desideri e le esigenze del Padre. Non definisce il figlio ciò di cui questo ha bisogno, ma quanto ne ha bisogno suo padre. Perdere tempo e vitalità nel procurarsi un alimento che lo soddisfi, rende inutile il padre che vive per dare vita ai suoi figli e per mantenerla. Non c'è da stupirsi che Gesù avesse fame, nemmeno che sentisse il bisogno di procurarsi il cibo; ma si deve invidiare la sua capacità di ritardare la sua soddisfazione per dare a Dio, suo Padre, la soddisfazione di togliergliela. Dovremmo imparare da Gesù, il figlio di Dio, se vogliamo avere Dio come nostro Padre, a mettere nelle sue mani i nostri bisogni e aspettarci da Lui la soddisfazione; per i figli di Dio nulla, né l'urgenza più irresistibile, è preferibile alla volontà del Padre.
La seconda tentazione che ha sentito Gesù è ancora più attuale, ed anche più pericolosa.
Gli è stato offerto ogni potere del mondo, se avesse rinnegato suo Padre e Dio. Il rifiuto di Gesù è netto: solo Dio può aspirare a richiedere un servizio esclusivo. Solo al Padre si deve obbedienza filiale. Niente è preferibile a Dio, nemmeno un potere così grande che ci faccia simili a Lui: contare su Dio come Padre è avere il potere di Dio.
Chi, come Gesù, si libera dalla tentazione di esercitare il potere sugli altri, non si fa più debole. Permette che Dio sia più facilmente il suo Dio e diventa più sicuramente suo figlio. Sapersi servo di Dio ci libera da tutti gli altri dei. Lo sappiamo: nessuno è più libero di chi ha un solo signore da servire. Avere Dio come solo Dio ci rende figli di un unico Padre. Con quanta più libertà vivremmo, se vivessimo servendo Dio solo! Invece, ci struggiamo coltivando le nostre paure di esseri insignificanti, aumentando la nostra ansia per quanto poco valiamo o possiamo fare, confrontandoci continuamente con quanto gli altri hanno raggiunto, non riusciamo a vivere tranquilli di avere un Dio come Padre e unico Signore. Non scegliendo di servire solo Lui, perdiamo l'occasione di mettere a nostra disposizione la sua onnipotenza; alimentando altre filiazioni, gli neghiamo la possibilità che Lui sia il nostro solo Padre.
La terza tentazione che superò Gesù è stata la più sottile e grave. Siccome era sicuro di essere il figlio di Dio, sentì che poteva contare sicuramente sulla protezione del Padre suo. A che serve un Padre se non può salvare suo figlio? Poco servirebbe un Dio che non aiutasse i suoi. La fiducia di Gesù poté portarlo alla temerarietà: la vita del figlio non può rischiarsi solo perché si è sicuri sotto la cura del padre. Per autentificarsi come figlio non bisogna mettere a prova il proprio Padre.
Gesù, il figlio vero non tentò il Padre mettendolo alla prova solo perché si sapeva figlio. Chi si aspetta troppo da Dio, chi esige più di quanto Lui è disposto a concedere in un determinato momento, chi si defrauda di un Dio che non accudisce quando si ha bisogno di lui, mette Dio alla prova, sminuisce le sue decisioni e disprezza la sua volontà. Un Dio che si vanta, non è a disposizione di chiunque ha bisogno di lui o solo quando si ha bisogno di lui. Il Padre di Gesù vuole essere sempre nostro Signore, nel bisogno e nell'abbondanza, nel dolore e nella gioia, nella ristrettezza e nella larghezza.
Gesù, il Figlio di Dio, ci ricorda oggi che soffrire la tentazione non è vergognoso, che non c'è figlio che si rispetti, che non abbia sentito qualche volta il desiderio di lasciare suo padre. Se questo è confortante, non è meno esigente. Solo coloro che scelgono di rimanere a casa con il loro Padre, facendo la sua volontà, costi quel che costi, è figlio per il suo Dio. Se la tentazione è il modo di stare più coscientemente con Dio come Padre, benvenuta sia.
Juan J. BARTOLOME sdb
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