mons. Roberto Brunelli"Un bell'incentivo a guardare al futuro"
Un bell'incentivo a guardare al futuro
mons. Roberto Brunelli
II Domenica di Quaresima (Anno C) (21/02/2016)
Vangelo: Lc 9,28-36
Con il racconto delle tentazioni cui persino Gesù fu sottoposto, il vangelo di domenica scorsa ha
attestato che egli era uomo nel pieno senso della parola. Il brano odierno (Luca 9,28-36) attesta che l'umanità non esaurisce il mistero della sua persona perché, quasi a complemento, lascia intravedere - non più di tanto, ma quanto basta - che egli era anche Dio. E' il noto episodio detto della sua trasfigurazione: "Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria...".
Il monte è stato individuato dalla tradizione nel Tabor, che emerge isolato tra le alture della Galilea; ma quel che è successo lassù, mancando noi di possibili adeguati confronti, resta misterioso. Possiamo soltanto recepire quel che ne hanno compreso i tre fortunati apostoli: per un momento essi hanno visto lo splendore della divinità. Avranno così intuito perché il loro Maestro era capace di sanare all'istante i malati, moltiplicare pani e pesci, placare con una parola il lago in tempesta, risuscitare i morti... Soltanto Dio può fare questo.
A proposito di risurrezione, la visione sul monte avrebbe dovuto prepararli alla visione di lui, quando dopo essere morto in croce si è presentato loro tangibilmente vivo. Anche perché, riferisce l'evangelista, Mosè ed Elia hanno parlato con Gesù "del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme". Hanno parlato dunque della Pasqua, cioè della morte e risurrezione dell'Uomo-Dio, considerata come un altro esodo. Il primo è quello degli Israeliti che dall'Egitto dove erano schiavi Dio ha guidato, tramite Mosè, sino alla terra promessa. Il nuovo esodo è quello di Gesù, che stava per lasciare questo mondo ed entrare in pienezza nella gloria divina. Ma non da solo! "Vado a prepararvi un posto", ha detto prima di ascendere al cielo: egli è morto risorto e tornato al Padre, proprio per permettere a ciascun uomo di compiere il proprio esodo personale, la propria Pasqua, passando da questo mondo, segnato dalla schiavitù del male, alla vera terra promessa, il mondo perfetto, là dove è lui. Non a caso questa pagina del vangelo si legge in quaresima: l'episodio vale come preparazione alla nostra Pasqua, quella che celebreremo tra un mese, a sua volta preludio di quella definitiva.
Ma l'episodio offre anche altre valenze: la presenza di Mosè ed Elia accanto al Cristo glorioso concorre a farci comprendere chi egli sia, e perché sia venuto. Nel popolo d'Israele Elia era stato il più noto e popolare dei profeti, quegli uomini mandati da Dio a parlare in suo nome, per farlo conoscere: ebbene, Gesù è venuto a far conoscere Dio in modo pieno e definitivo; ha rivelato che Dio è il Padre suo, ma anche nostro. Mosè è stato non soltanto l'inviato a guidare il popolo alla terra promessa: è stato anche il tramite dell'alleanza stipulata tra Dio e il suo popolo: l'antica alleanza, preludio di quella nuova, tra Dio e l'umanità intera, che proprio Gesù è venuto a realizzare. La sua trasfigurazione sul monte, con accanto quei due emblematici personaggi, dice dunque che egli è il nuovo e più grande Elia, il nuovo e più grande Mosè.
L'episodio prosegue, riferendo l'impressione che la visione del loro Maestro trasfigurato deve avere prodotto sui tre discepoli. Pietro non sa trattenersi, e con lo slancio proprio del suo temperamento lo dichiara: "Maestro, è bello per noi stare qui!", aggiungendo una proposta mirante a rendere definitiva quella visione: "Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". L'evangelista di suo aggiunge: "Egli non sapeva quello che diceva". Sarà pur vero, ma per quella espressione Pietro è da ringraziare, perché ha donato a tutti i credenti un bell'incentivo a tendere al futuro, quello che li aspetta dopo l'esodo da questo mondo.
mons. Roberto Brunelli
II Domenica di Quaresima (Anno C) (21/02/2016)
Vangelo: Lc 9,28-36
Con il racconto delle tentazioni cui persino Gesù fu sottoposto, il vangelo di domenica scorsa ha
attestato che egli era uomo nel pieno senso della parola. Il brano odierno (Luca 9,28-36) attesta che l'umanità non esaurisce il mistero della sua persona perché, quasi a complemento, lascia intravedere - non più di tanto, ma quanto basta - che egli era anche Dio. E' il noto episodio detto della sua trasfigurazione: "Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria...".
Il monte è stato individuato dalla tradizione nel Tabor, che emerge isolato tra le alture della Galilea; ma quel che è successo lassù, mancando noi di possibili adeguati confronti, resta misterioso. Possiamo soltanto recepire quel che ne hanno compreso i tre fortunati apostoli: per un momento essi hanno visto lo splendore della divinità. Avranno così intuito perché il loro Maestro era capace di sanare all'istante i malati, moltiplicare pani e pesci, placare con una parola il lago in tempesta, risuscitare i morti... Soltanto Dio può fare questo.
A proposito di risurrezione, la visione sul monte avrebbe dovuto prepararli alla visione di lui, quando dopo essere morto in croce si è presentato loro tangibilmente vivo. Anche perché, riferisce l'evangelista, Mosè ed Elia hanno parlato con Gesù "del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme". Hanno parlato dunque della Pasqua, cioè della morte e risurrezione dell'Uomo-Dio, considerata come un altro esodo. Il primo è quello degli Israeliti che dall'Egitto dove erano schiavi Dio ha guidato, tramite Mosè, sino alla terra promessa. Il nuovo esodo è quello di Gesù, che stava per lasciare questo mondo ed entrare in pienezza nella gloria divina. Ma non da solo! "Vado a prepararvi un posto", ha detto prima di ascendere al cielo: egli è morto risorto e tornato al Padre, proprio per permettere a ciascun uomo di compiere il proprio esodo personale, la propria Pasqua, passando da questo mondo, segnato dalla schiavitù del male, alla vera terra promessa, il mondo perfetto, là dove è lui. Non a caso questa pagina del vangelo si legge in quaresima: l'episodio vale come preparazione alla nostra Pasqua, quella che celebreremo tra un mese, a sua volta preludio di quella definitiva.
Ma l'episodio offre anche altre valenze: la presenza di Mosè ed Elia accanto al Cristo glorioso concorre a farci comprendere chi egli sia, e perché sia venuto. Nel popolo d'Israele Elia era stato il più noto e popolare dei profeti, quegli uomini mandati da Dio a parlare in suo nome, per farlo conoscere: ebbene, Gesù è venuto a far conoscere Dio in modo pieno e definitivo; ha rivelato che Dio è il Padre suo, ma anche nostro. Mosè è stato non soltanto l'inviato a guidare il popolo alla terra promessa: è stato anche il tramite dell'alleanza stipulata tra Dio e il suo popolo: l'antica alleanza, preludio di quella nuova, tra Dio e l'umanità intera, che proprio Gesù è venuto a realizzare. La sua trasfigurazione sul monte, con accanto quei due emblematici personaggi, dice dunque che egli è il nuovo e più grande Elia, il nuovo e più grande Mosè.
L'episodio prosegue, riferendo l'impressione che la visione del loro Maestro trasfigurato deve avere prodotto sui tre discepoli. Pietro non sa trattenersi, e con lo slancio proprio del suo temperamento lo dichiara: "Maestro, è bello per noi stare qui!", aggiungendo una proposta mirante a rendere definitiva quella visione: "Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". L'evangelista di suo aggiunge: "Egli non sapeva quello che diceva". Sarà pur vero, ma per quella espressione Pietro è da ringraziare, perché ha donato a tutti i credenti un bell'incentivo a tendere al futuro, quello che li aspetta dopo l'esodo da questo mondo.
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