Movimento Apostolico"Padrone, lascialo ancora quest'anno"

Padrone, lascialo ancora quest'anno
Movimento Apostolico - rito romano  
III Domenica di Quaresima (Anno C) (28/02/2016)
Vangelo: Lc 13,1-9 
Albero di Dio, piantato nella sua vigna, nella sua Chiesa, è ogni cristiano. Dio non pianta inutilmente,
perché Cristo Gesù non è morto inutilmente. Lui è morto e dal suo corpo trafitto ha prodotto lo Spirito Santo, con il quale dovrà essere rinnovata la faccia della terra dal cuore rinnovato dell'uomo. Ora se il cristiano non rinnova la faccia della terra, producendo come Cristo Gesù, lo Spirito Santo, lui è albero sterile, privo del frutto che il Padre celeste si attende da Lui. Fruttificare è esigenza di vita.
Se l'albero fruttifica, è vivo. Se non fruttifica è sterile. È albero inutile nella vigna del Signore. Lo si deve sradicare, tagliare, gettare nel fuoco, e lasciare il suo spazio ad altri alberi che a suo tempo fruttificheranno lo Spirito Santo. Il Padrone della vigna ha deciso. L'albero va tagliato. È sterile. A Lui non servono alberi senza frutto. È uno sciupio di tempo e anche di terra fertile. Tra la decisione e l'azione del tagliare e sradicare si inserisce il contadino. Questi chiede un altro anno al Padrone. Lui in questo tempo zapperà attorno all'albero, vi metterà il concime, si adopererà in ogni modo perché l'albero possa produrre il suo frutto. Se dopo questo ulteriore impegno non vi sarà alcun frutto, allora è giusto che l'albero venga tagliato.
Dalla parabola di Gesù emergono due verità che devono essere essenza della nostra fede. Ogni albero deve dare al Signore il suo frutto di Spirito Santo. Cristo Gesù, albero del Padre, ha dato il suo frutto. Ha prodotto lo Spirito Santo per tutto il genere umano. Lo Spirito Santo, prodotto da Cristo, viene dato al cristiano perché lo produca anche lui come frutto di salvezza, redenzione, conversione, giustificazione per i suoi fratelli. Se il cristiano non produce, è obbligo di chi è il suo pastore, del suo presbitero, mettere ogni attenzione, ogni cura, ogni dono di grazia perché lui produca. È questa la sua grande misericordia: far sì che ogni albero affidato alle sue cure possa produrre il frutto dello Spirito Santo che il Padre si attende, esige, richiede, vuole. Se il pastore, o il presbitero, non dona un supplemento di attenzione, di verità, di grazia, di lavoro, l'albero va tagliato, ma lui non ha vissuto verso di esso tutta la sua misericordia.
Non si è giusti, convertiti, a posto con la propria coscienza, perché su di noi non è crollata la casa, la torre e neanche perché la nostra vita è stata risparmiata, mentre quella di altri è stata presa in modo violento dagli uomini. Siamo giusti se produciamo il frutto che dona vita al mondo intero e che è lo Spirito Santo. Siamo misericordiosi e perfetti come il Padre celeste, se mettiamo ogni nostro impegno perché ogni albero affidato alle nostre cure, ma che non produce lo Spirito Santo, attraverso la nostra opera solerte, impegnativa, ininterrotta, mettiamo tutta la grazia di Dio che è nel nostro cuore a servizio degli alberi infruttuosi perché inizino a produrre il loro frutto di vita.
Ormai il discepolo di Gesù ha un concetto minimalista della giustizia e del suo obbligo verso Dio. È sufficiente che lui non ammazzi fisicamente nessuno e la sua coscienza è a posto. Non sente nessun rimorso per la sua accidia spirituale, per la sua indifferenza, per la non fruttificazione dello Spirito Santo. Anche chi è pastore non si occupa più della fruttificazione dello Spirito. Sono sufficienti opere esterne e tutto è a posto.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni stoltezza.

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