p. Fabrizio Cristarella Orestano"UN ESODO CHE RIGUARDA TUTTI"
UN ESODO CHE RIGUARDA TUTTI
Gen 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9, 28b-36
MONASTERO DI RUVIANO
E’ la domenica della Trasfigurazione (anche se nel testo dell'Evangelo che oggi leggiamo, Luca non
usa il termine greco metamorphosis, che giudica ambiguo per i destinatari di origine pagana del suo scritto, i quali conoscevano la metamorfosi di dei e ninfe), e la liturgia della Quaresima ci dona oggi uno squarcio di luce gloriosa, una gloria però che è a caro prezzo (1Cor 6, 20).
Al capitolo 9 di Luca, in cui è anche il racconto della Trasfigurazione, l’Evangelo del Regno comincia a correre per le strade degli uomini; il capitolo infatti si apre con Gesù che invia i discepoli a predicare l’Evangelo nei villaggi della Galilea. Questa predicazione suscita un’eco. La prima risonanza Luca ce la consegna per bocca della gente che esprime le più svariate ipotesi sull’identità di Gesù (Lc 9, 7-8); l’eco pio rimbalza sulle labbra vili e stupite di Erode Tetrarca che si chiede: «Chi è dunque costui?» (Lc 9, 9). Segue poi, in un clima di profonda pace, nella preghiera (Luca è il solo che ambienta questo episodio in un clima di preghiera) la domanda di Gesù ai suoi discepoli: «La gente chi dice che io sia?» e poi la domanda più compromettente: «E voi chi dite che io sia?». E Pietro risponde: «Il Cristo di Dio!» (Lc 9, 18-22).
Dunque la gente, Erode, i discepoli, Pietro…risposte possibili all’uomo circa l’identità di Gesù. Nel passo evangelico odierno è però il Padre a dare finalmente la risposta definitiva: «Questi è il Figlio mio, l’Eletto. Ascoltatelo!».
Iniziando la Quaresima domenica scorsa, abbiamo capito che c’è una lotta da compiere, ed oggi la voce stessa del Padre risuona per indicarcene la via: l’ascolto. L’antico, fondante precetto di Israele, Shemà, ora ha un indirizzo preciso: l’ascolto va teso verso di Lui, verso Gesù, verso il Figlio, l’Eletto.
Pietro, Giovanni e Giacomo sono per Gesù compagni d’una ascesa faticosa al monte della preghiera, e lì vedono il volto di Gesù diventare altro e le sue vesti sfolgorare; ci sono Mosè ed Elia, e Luca è il solo evangelista a precisare di cosa discorrono con Gesù: del suo esodo, quello che avrebbe compiuto a Gerusalemme…è l’esodo doloroso che Gesù affronterà passando per le acque di morte, per l’abisso della sofferenza. Poco prima (Lc 9, 21-24) Gesù aveva detto ai suoi discepoli una parola scandalosa sulla necessitas passionis, una parola accompagnata da uno sconcertante invito a stare con lui in quell’atto di amore e di offerta di sé: è necessario dimenticarsi per seguirlo, e chi saprà perdere la vita la troverà e chi la vorrà preservare la perderà (cfr Lc 9, 24); ora sul Tabor il Padre chiede che si ascoltino proprio quelle sue parole scandalose, chiede ai discepoli di accettare quel Figlio Eletto che passa per lo scandalo della croce. Solo lui è il suo Figlio; solo lui è da ascoltare; non si ingannino ascoltando altri con parole magari più allettanti.
La strada è così tracciata anche per questa nostra Quaresima: la lotta è possibile perché Cristo ha vinto, ma ha vinto a caro prezzo (1Cor 6, 20); non si può ingaggiare quella lotta se non passando per quell’esodo doloroso. Altre vie non sono possibili.
Pietro, affascinato dalla luce del Tabor, commette un errore gravissimo, un errore che si porterà dietro sino alla fine dell’Evangelo quando quello stesso errore lo precipiterà fino al rinnegamento del Cristo sofferente. L’errore di Pietro è di voler dimorare nella luce della Pasqua senza passare per la passione; è un gran rischio volere la gioia e la pace sfuggendo la ruvidezza della croce.
Luca ironicamente commenta che Pietro non sapeva quel che diceva: sì, Pietro è un incosciente, come spesso accade anche a noi; vorrebbe delle scorciatoie, e in Matteo e Marco osa suggerirle anche a Gesù che lo apostrofa con il terribile nome di Satana. Scorciatoie a portata di mano: l’illusione che la vita sia la conquista dello star bene e basta…ad ogni costo; anche a prezzo dell’oblio di quanti sono nel dolore e nella morte: meglio dimenticarli, ci sporcano le illusioni…
Il rischio è quello che dice Paolo nel passo di della sua Lettera ai Cristiani di Filippi che oggi si proclama: comportarsi da nemici della Croce di Cristo!
L’Evangelo invece ci indica la via di Gesù, una via che è tutt’altro: è la via della compromissione senza mezze misure per un esodo che riguarda tutti gli uomini.
Gesù ci rivela il volto altro di un Dio che davvero si compromette, che all’uomo si offre tutto e senza riserve: Abramo, protagonista del racconto di Genesi che è la prima lettura di questa domenica, sperimenta un Dio che si impegna personalmente al sacrificio, che passa lui solo tra gli animali squartati impegnandosi appunto a versare il sangue. I due contraenti, in questo tipo antichissimo di alleanza, passavano assieme tra le bestie squartate per proclamare che ogni infedeltà al patto li avrebbe condotti a quella stessa fine cruenta; ad Abramo, però, non viene chiesto di passare tra quel sangue; solo il Signore lo farà, facendosi così carico di tutte le infedeltà all’alleanza.
L’ombra della Croce si allunga da quella notte di Abramo fino alla luce del Tabor; ormai è l’ora di seguire il Signore in un “esodo” che egli è pronto ad inaugurare con il suo sangue, e che bisogna accogliere con il coraggio di perdere la propria vita per conquistarla davvero.
La via sicura? Ascoltarlo, rifiutando le squallide scorciatoie che il tremendo buon senso del mondo sempre ci suggerisce.
p. Fabrizio Cristarella Orestano
Gen 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9, 28b-36
MONASTERO DI RUVIANO
E’ la domenica della Trasfigurazione (anche se nel testo dell'Evangelo che oggi leggiamo, Luca non
usa il termine greco metamorphosis, che giudica ambiguo per i destinatari di origine pagana del suo scritto, i quali conoscevano la metamorfosi di dei e ninfe), e la liturgia della Quaresima ci dona oggi uno squarcio di luce gloriosa, una gloria però che è a caro prezzo (1Cor 6, 20).
Al capitolo 9 di Luca, in cui è anche il racconto della Trasfigurazione, l’Evangelo del Regno comincia a correre per le strade degli uomini; il capitolo infatti si apre con Gesù che invia i discepoli a predicare l’Evangelo nei villaggi della Galilea. Questa predicazione suscita un’eco. La prima risonanza Luca ce la consegna per bocca della gente che esprime le più svariate ipotesi sull’identità di Gesù (Lc 9, 7-8); l’eco pio rimbalza sulle labbra vili e stupite di Erode Tetrarca che si chiede: «Chi è dunque costui?» (Lc 9, 9). Segue poi, in un clima di profonda pace, nella preghiera (Luca è il solo che ambienta questo episodio in un clima di preghiera) la domanda di Gesù ai suoi discepoli: «La gente chi dice che io sia?» e poi la domanda più compromettente: «E voi chi dite che io sia?». E Pietro risponde: «Il Cristo di Dio!» (Lc 9, 18-22).
Dunque la gente, Erode, i discepoli, Pietro…risposte possibili all’uomo circa l’identità di Gesù. Nel passo evangelico odierno è però il Padre a dare finalmente la risposta definitiva: «Questi è il Figlio mio, l’Eletto. Ascoltatelo!».
Iniziando la Quaresima domenica scorsa, abbiamo capito che c’è una lotta da compiere, ed oggi la voce stessa del Padre risuona per indicarcene la via: l’ascolto. L’antico, fondante precetto di Israele, Shemà, ora ha un indirizzo preciso: l’ascolto va teso verso di Lui, verso Gesù, verso il Figlio, l’Eletto.
Pietro, Giovanni e Giacomo sono per Gesù compagni d’una ascesa faticosa al monte della preghiera, e lì vedono il volto di Gesù diventare altro e le sue vesti sfolgorare; ci sono Mosè ed Elia, e Luca è il solo evangelista a precisare di cosa discorrono con Gesù: del suo esodo, quello che avrebbe compiuto a Gerusalemme…è l’esodo doloroso che Gesù affronterà passando per le acque di morte, per l’abisso della sofferenza. Poco prima (Lc 9, 21-24) Gesù aveva detto ai suoi discepoli una parola scandalosa sulla necessitas passionis, una parola accompagnata da uno sconcertante invito a stare con lui in quell’atto di amore e di offerta di sé: è necessario dimenticarsi per seguirlo, e chi saprà perdere la vita la troverà e chi la vorrà preservare la perderà (cfr Lc 9, 24); ora sul Tabor il Padre chiede che si ascoltino proprio quelle sue parole scandalose, chiede ai discepoli di accettare quel Figlio Eletto che passa per lo scandalo della croce. Solo lui è il suo Figlio; solo lui è da ascoltare; non si ingannino ascoltando altri con parole magari più allettanti.
La strada è così tracciata anche per questa nostra Quaresima: la lotta è possibile perché Cristo ha vinto, ma ha vinto a caro prezzo (1Cor 6, 20); non si può ingaggiare quella lotta se non passando per quell’esodo doloroso. Altre vie non sono possibili.
Pietro, affascinato dalla luce del Tabor, commette un errore gravissimo, un errore che si porterà dietro sino alla fine dell’Evangelo quando quello stesso errore lo precipiterà fino al rinnegamento del Cristo sofferente. L’errore di Pietro è di voler dimorare nella luce della Pasqua senza passare per la passione; è un gran rischio volere la gioia e la pace sfuggendo la ruvidezza della croce.
Luca ironicamente commenta che Pietro non sapeva quel che diceva: sì, Pietro è un incosciente, come spesso accade anche a noi; vorrebbe delle scorciatoie, e in Matteo e Marco osa suggerirle anche a Gesù che lo apostrofa con il terribile nome di Satana. Scorciatoie a portata di mano: l’illusione che la vita sia la conquista dello star bene e basta…ad ogni costo; anche a prezzo dell’oblio di quanti sono nel dolore e nella morte: meglio dimenticarli, ci sporcano le illusioni…
Il rischio è quello che dice Paolo nel passo di della sua Lettera ai Cristiani di Filippi che oggi si proclama: comportarsi da nemici della Croce di Cristo!
L’Evangelo invece ci indica la via di Gesù, una via che è tutt’altro: è la via della compromissione senza mezze misure per un esodo che riguarda tutti gli uomini.
Gesù ci rivela il volto altro di un Dio che davvero si compromette, che all’uomo si offre tutto e senza riserve: Abramo, protagonista del racconto di Genesi che è la prima lettura di questa domenica, sperimenta un Dio che si impegna personalmente al sacrificio, che passa lui solo tra gli animali squartati impegnandosi appunto a versare il sangue. I due contraenti, in questo tipo antichissimo di alleanza, passavano assieme tra le bestie squartate per proclamare che ogni infedeltà al patto li avrebbe condotti a quella stessa fine cruenta; ad Abramo, però, non viene chiesto di passare tra quel sangue; solo il Signore lo farà, facendosi così carico di tutte le infedeltà all’alleanza.
L’ombra della Croce si allunga da quella notte di Abramo fino alla luce del Tabor; ormai è l’ora di seguire il Signore in un “esodo” che egli è pronto ad inaugurare con il suo sangue, e che bisogna accogliere con il coraggio di perdere la propria vita per conquistarla davvero.
La via sicura? Ascoltarlo, rifiutando le squallide scorciatoie che il tremendo buon senso del mondo sempre ci suggerisce.
p. Fabrizio Cristarella Orestano
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